Sport popolari
Tutti gli sport
Mostra tutto
Opinion
Calcio

Un gol al Parkinson per l'Angri, la favola sportiva di Francesco D'Antuono

Stefano Dolci

Aggiornato 16/03/2018 alle 00:54 GMT+1

Nell'ultima giornata del girone D di Promozione campana, Francesco D'Antuono, 47enne addetto stampa dell'Angri che da 12 anni convive con il morbo di Parkinson, ha coronato il proprio sogno di debuttare con la maglia della sua squadra del cuore bagnando questo esordio con un gol che non potrà mai dimenticare: "Quando gioco a calcio il tremore svanisce, grazie a tutti per la fiducia".

2017, Francesco D'Antuono, Angri, Credit Foto www.paestuminrete.net

Credit Foto Other Agency

Il gol più bello di questo 2017 del calcio italiano non è stato immortalato da nessuna televisione e non ha nemmeno fatto il giro dei telegiornali. Per la mera cronaca, non è nemmeno bastato a regalare la vittoria alla squadra che lo ha realizzato - l’Angri, formazione campana che milita nel campionato di Promozione – ma ha comunque emozionato e toccato il cuore di chiunque era allo stadio e ha potuto applaudire una prodezza che trascende il calcio ed è pura vita. La rete più bella dell'anno l’ha realizzata Francesco D’Antuono, 47enne psicologo, addetto stampa dell’Angri e da 12 anni affetto dal morbo di Parkinson. Aveva sempre sognato di vestire la maglia della formazione salernitana, sin da bambino l’unica squadra del cuore, e grazie a un allenatore sensibile e a un gruppo di amici, prima che dirigenti, è riuscito a coronare il suo desiderio. Scendere in campo, anche solo per un quarto d’ora, in una partita ufficiale, difendere i colori grigio rossi sul prato verde e dimostrare a tutti che nessuna malattia degenerativa può sopraffare la volontà di un uomo determinato a non farsi piegare da quel dannato morbo.

Una battaglia iniziata a 35 anni e la forza di non arrendersi

Psicologo, dipendente comunale ed addetto stampa dell’Angri: Francesco D’Antuono ha anche un passato da scrittore, 9 anni fa ha pubblicato un libro per spiegare cosa si prova a vivere con il morbo di Parkinson e come affrontare questa malattia che non si può curare ma si può rallentare…
Ho scoperto la malattia nel 2005, all’età di 35 anni. Una mattina d'agosto ho preso in mano lo spazzolino da denti e mi sono accorto che non riuscivo a muovere ritmicamente la mano. Mi preoccupai e prenotai una visita neurologica. Fu il professor Pietro Biagio Carrieri, il primo a dirmi che ero affetto dal morbo di Parkinson. Ho iniziato a prendere i primi farmaci per attenuare il tremore corporeo ma esso aumentava con l’ansia e ogni qualvolta uscivo di casa per fare la spesa il mio tremore aumentava vistosamente perché sentivo lo sguardo delle persone su di me, sulle mie mani. In quel periodo vivevo male, non uscivo più di casa, litigavo con tutti i familiari. Ho superato questa fase durissima facendo outing. Nel 2005 ho inviato una lettera alla redazione di un quotidiano locale di Ladispoli. Ho raccontato la mia vita di malato nella speranza di essere compreso e 'accettato' dagli abitanti della mia città. La lettera venne letta da un giornalista, Giovanni Piazza, il quale mi propose di scrivere un libro a quattro mani. Si intitola ‘L’Inquilino dentro’. Per descrivere al meglio il rapporto tra il malato e la malattia ho utilizzato una metafora: immaginando un condominio, ho scritto che un tale, il signor P., ha occupato abusivamente l’attico più bello. Proprio sotto di lui abito io. Il signor P. non è un inquilino tranquillo, fa continuamente dispetti, e tiene acceso lo stereo a tutto volume 24 ore su 24. Il Parkinson è come una radiolina sparata a tutto volume nelle orecchie, ogni ora del giorno e della notte, è un disturbo che non puoi cancellare spegnendo definitivamente la radio, ma puoi abbassare il volume, puoi 'governare' la malattia e smettere di sentirti completamente in sua balìa (Francesco D'Antuono, www.nannimagazine.it)

Un calcio alla malattia per sentirsi vivo

Fra le regole che Francesco individua per riuscire a convivere con il signor P. ci sono l’ironia, il sorriso, la pazienza e la tolleranza. Il calcio non è menzionato ma nella vita di D’Antuono ha sempre avuto un ruolo importante. Tifosissimo dell’Angri sin da quando lo zio lo portava sulla gradinata dello stadio ‘Novi’, Francesco ha sempre sognato di scendere in campo con quella maglia e grazie a mister Pasquale Vitter, 48enne tecnico molto stimato nel panorama del calcio dilettantistico, questa aspirazione è divenuta realtà
Tutto iniziò quasi per scherzo, a ottobre, quando da Torre Annunziata giunsi ad Angri per allenare in Promozione. Francesco mi vide e, nonostante il Parkinson contro cui combatteva da dodici anni, disse: mister, io voglio giocare a pallone… (Pasquale Vitter, Il Mattino)
Vitter davanti a questa richiesta non si gira dall’altra parte ma decide di prendersi l’impegno di fare il possibile per esaudire il desiderio dell’amico addetto stampa. D’Antuono all’inizio del 2017 inizia ad allenarsi, a marzo viene tesserato, a inizio aprile riceve l’idoneità sportiva e domenica 30 aprile, nell’ultimo match del campionato di Promozione sul campo del Poseidon, vive la sua domenica da sogno…
Posso dire che è stata l’unica volta che tremavo per l’emozione e non per la malattia. Quando gioco a calcio non avverto i sintomi del Parkinson, per questo avevo chiesto a mister Vitter di poter giocare nell’ultima gara di campionato, visto che era un match ininfluente per la classifica. È stata un’esperienza meravigliosa. I ragazzi mi hanno sempre sostenuto. Nella settimana che ha portato alla gara mi hanno anche spronato, dicendomi che non bastava l’esordio ma che dovevo anche segnare. Grazie al loro aiuto ci sono riuscito 5’ dopo il mio ingresso in campo, entrare negli annali di questa squadra che tifo da quando ero piccolo è qualcosa che non ha prezzo. Devo ringraziare veramente tutti, compresi il presidente e i dirigenti che sono venuti in trasferta per vedere la partita (Francesco D’Antuono, Metropolisweb.it)
D’Antuono a fine stagione lascerà dopo due anni l’incarico di addetto stampa ma rimarrà sempre fedele tifoso della formazione grigio rossa alla quale ha lasciato in eredità un’importante lezione che mister Vitter, al Mattino, sintetizza in questo modo.
Al triplice fischio non la smetteva più di ringraziarmi ma sono io che lo devo ringraziare perché dopo 20 anni di allenatore mi ha fatto vivere un’emozione diversa da quelle sportive, mi ha fornito una lezione di vita. Ci sono tante persone che soffrono per motivi molto seri e magari noi ci arrabbiamo per un gol sbagliato dai nostri attaccanti
Più di 3 milioni di utenti stanno già utilizzando l'app
Resta sempre aggiornato con le ultime notizie, risultati ed eventi live
Scaricala
Contenuti correlati
Condividi questo articolo
Pubblicità
Pubblicità