Come dobbiamo interpretare la vittoria di Pogacar: spettacolo supremo o noia mortale?

STRADE BIANCHE - Pogacar ha umiliato la concorrenza, ma chi c’era nella concorrenza? Al secondo posto ha chiuso Tom Skujins, che alla soglia dei 33 anni sta vivendo forse la migliore stagione della carriera, ma volete sapere qual era miglior risultato di Skujins in una Monumento (visto che ormai parliamo anche di quello): 27° alla Liegi 2021.

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Quello che è successo lo sapete tutti, quindi lo riassumerò in poche frasi. Monte Sante Marie, 81km dal traguardo, Pogacar attacca, nessuno risponde. Sulla carta sembra una follia partire così lunghi, invece è una delle azioni più concrete di sempre. Il vantaggio, nel giro di quattro pedalate, da esiguo si trasforma in voragine: un minuto, due minuti, tre minuti, quattro minuti. A 35km dall’arrivo, sostanzialmente, gli avversari alzano bandiera bianca, tanto che il funambolo di Komenda arriva a Fontebranda sorridendo, come se avesse appena finito la recon del giovedì. Taglia il traguardo da solo, con oltre 2’30” sugli avversari, che scendono dalla bici stravolti. È il margine più ampio nella – breve – storia delle Strade Bianche, oltre alla fuga – con vittoria – più lunga nella – ancora breve – storia di Pog. È il manifesto sistematico del suo modo di correre, ma è anche il punto di partenza per capire cosa è stata realmente questa Strade Bianche 2024.

Il contesto

Il presupposto è fondamentale, altrimenti il ragionamento risulta fallace. La Strade Bianche quest’anno ha deciso di allargare i propri confini, portando il percorso maschile oltre i 200km. Lo ha fatto sostanzialmente per due motivi: aumentare lo spettacolo e raggiungere il - tanto agognato - titolo di "Sesta Monumento". A Siena ci girano intorno da tempo, non è un segreto, ma nel percorso degli anni passati mancava sempre una discriminante: il chilometraggio. Quest’anno è stato soddisfatto anche quel requisito, però purtroppo il passaggio al livello successivo non è stato immediato.
Questo agli occhi degli appassionati – giustamente – non ha cambiato nulla, ma nella nostra riflessione è centrale. La Strade Bianche, nel momento in cui scrivo, vive un limbo pericolosissimo: da una parte c’è il fascino di una corsa magica, che non ha nulla da invidiare alle “avversarie”, ma dall’altro manca quell’appeal che la trasforma in qualcosa di irripetibile. La Milano-Sanremo, per esempio, sempre secondo il parere di chi vi scrive, è molto più noiosa della Strade, ma al suo interno possiede una magia estremamente particolare, quasi impossibile da spiegare a parole. Quando si parla di Sanremo c’è sempre una sorta di rispetto, mentre con la Strade Bianche non si vede ancora la stessa aura ingombrante.
Certo, direte voi, in 18 edizioni è impossibile diventare immortali, però il presente della classica senese assomiglia da vicino alla pallina sospesa in aria nel trailer di "Match Point": da un lato c’è la possibilità di crescere subito e prendere la patente per sfrecciare a 100 all’ora, dall’altro un percorso di crescita lungo e faticoso (chi ha la pazienza di aspettare?)
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La startlist

E qua arriviamo al nodo centrale della questione, ma prima permettetemi un disclaimer. In queste righe che seguiranno non c’è alcuna volontà di sminuire quello che ha fatto Pogacar: sarebbe ingeneroso, oltre che profondamente scorretto.
Da qualche tempo, ormai, nel ciclismo moderno abbiamo individuato una serie di esseri umani perfetti, molto simili a quelli che voleva creare Hugo Drax (interpretato da Michael Lonsdale) in "Moonraker - Operazione spazio". Ciclisti incredibili, capaci di fare (quasi) tutto con i piedi attaccati alle pedivelle. Tadej Pogacar, ad esempio, è uno di questi. Atleti capaci di seguire l’onda lunga tracciata da Vincenzo Nibali, che come Socrate fu il padre di un modo di pensare – e di agire – totalmente nuovo.
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Insieme a Pogacar contiamo anche van der Poel, van Aert, Evenepoel e Roglic: una cerchia ristrettissima. Lascerei perdere Vingegaard, che per quanto fenomenale ricalca ancora i dettami del passato, basati sulla specializzazione estrema (che comunque non sono un male assoluto se lo portano a vincere il Tour con questa frequenza). Ecco, la nuova scuola, ma a Siena in classe c’era un solo alunno. van der Poel? Inizierà alla Sanremo; van Aert? Sul Teide; Remco? A Nizza; Primoz? A Nizza.
Pogacar ha umiliato la concorrenza, ma chi c’era nella concorrenza? Al secondo posto ha chiuso Tom Skujins, che alla soglia dei 33 anni sta vivendo forse la migliore stagione della carriera, ma volete sapere qual era miglior risultato di Skujins in una Monumento (visto che ormai parliamo anche di quello): 27° alla Liegi 2021. Terzo ha fatto Maxim Van Gils, un ragazzo estremamente promettente e che ha stra-corso, ma ancora da “testare” sulla continuità della stagione.
Giù dal podio Pidcock e Mohoric, campioni che si adattavano bene al percorso, ma l’impressione è che Ineos, Bahrain e, soprattutto, Visma siano arrivate a Siena con squadre poco adatte. I britannici hanno schierato Arensman (DNF), Thomas (71° e assolutamente adatto a questi terreni), Kwiato (DNF), Heiduk (72°) e Puccio (DNF): tutti deludenti. C’era anche Sheffield, che ha fatto un lavoro encomiabile, ma era solo. Stesso discorso per i gialloneri, con Laporte e Valter nei 20, ma nessuno di loro realmente nel vivo quando la corsa ha preso fuoco. Kuss addirittura DNF.
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Attenzione, Pogacar non ha battuto una schiera di ragazzini alle prime armi, però dobbiamo smetterla di leggere i vincitori e crogiolarci per qualcosa che non esiste. van Aert non torna a Siena dal 2021, van der Poel ha saltato due delle ultime tre edizioni, Bernal (al netto dell’infortunio) non è mai tornato, Remco non l’ha mai presa in considerazione, Roglic picche dal 2018. Alaphilippe e Kwiato, per quanto leggendari, sono ormai sul viale del tramonto, così come Benoot (assente, ma vincitore nel 2018 e sul podio nel 2023, ndr).
UAE è stata l’unica squadra che ha fatto le cose per bene, e non a caso ha vinto. Certo, avere Pogacar ha aiutato, ma tutti hanno lavorato alla perfezione.
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Quindi…

In conclusione: la classica del nord più a sud d’Europa è stata uno spettacolo supremo o una noia mortale? Pogacar sicuramente ha messo in piedi qualcosa di mai visto, ma la corsa è stata una noia mortale. Continuo a pensare che l’imprevedibilità sia il “sale dello sport”, e sapere come andrà a finire una gara a 35km dall’arrivo non aiuta nessuno: spettatori neutrali, addetti ai lavori, ambiente. La corsa femminile, per fare il paragone con qualcosa andato in onda nello stesso giorno e nello stesso luogo, è stata molto più incerta e divertente. Fino a Santa Caterina il cuore ci batteva a mille, mentre nel maschile aspettavamo solo l’arrivo. E la colpa non è di Pogacar, ci mancherebbe altro, essere forti non è una colpa, però bisogna sempre dare il giusto peso alle cose, altrimenti si perde il senso del giudizio.
Strade Bianche vuole essere considerata una grande, ma per ora mancano ancora diversi piani nella scalata ai grattacieli che occupano il centro del ciclismo mondiale.
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