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Tokyo 2020, Ciclismo su Strada: Carapaz vince oro prova in linea, podio Van Aert e Pogacar, Bettiol fermato dai crampi

Marco Castro

Aggiornato 24/07/2021 alle 12:08 GMT+2

TOKYO 2020 - Richard Carapaz vince la prova in linea e succede a Greg Van Avermaet nell'albo d'oro olimpico. Decisivi prima l'attacco con McNulty e poi l'azione solitaria a 6 km dalla fine. Uno straordinario Wout Van Aert vince al fotofinish la volata per l'argento, bronzo a Tadej Pogacar. L'Italia si gioca le sue carte e punta su Bettiol, fermato dai crampi mentre era in corsa per le medaglie.

Richard Carapaz a réalisé son rêve : être champion olympique !

Credit Foto Imago

L'Inno del Ecuador risuona forte e chiaro sotto il cielo giapponese. Il merito è tutto di Richard Carapaz, nuovo campione olimpico nella prova in linea di ciclismo su strada dopo una gara sfiancante, torrida, indimenticabile. Il corridore della Ineos può godersi le ultime centinaia di metri al Fuji International Speedway: nessuno degli ingobbiti inseguitori alle sue spalle può più riprenderlo. Non quel satanasso di Wout Van Aert, che per metà gara rincorre con forze sconosciute ai normodotati chiunque provi ad attaccarlo. Non l'altro favoritissimo della vigilia, Tadej Pogacar, contro cui il belga vince al fotofinish la medaglia d'argento. Bronzo allo sloveno, che alla fine sorride ancora: l'ennesimo alloro in una bacheca che a 22 anni mette già i brividi. A seguire tutti gli altri, ma senza l'Italia. Il nostro miglior cavallo, Alberto Bettiol, viene fermato dai crampi nel finale, mentre si giocava ancora una medaglia.
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IL CAPOLAVORO DI RICHARD CARAPAZ: RIVIVI IL SUO ARRIVO

L'ordine d'arrivo

1. R. CARAPAZEcuador6h05'26''
2. W. AERTBelgio+1'07''
3. T. POGACARSloveniast
4. B. MOLLEMAPaesi Bassist
5. M. WOODSCanadast
6. B. MCNULTYStati Unitist
7. D. GAUDUFranciast
8. R. URANColombiast
9. A. YATESGran Bretagnast
10. M. SCHACHMANNGermania+1'21''
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Duecentotrentaquattro chilometri (234), 4865 metri di dislivello e un caldo ai limiti del sopportabile: percorso e giornata non sono banali dalle parti del Monte Fuji. In quella straordinaria festa di Paesi che sono le Olimpiadi non c'è un chilometro da perdere per chi vuole mettersi in mostra e pochi istanti dopo il via ufficiale prendono il largo questi otto corridori: Juraj Sagan (Slovacchia), Nicholas Dlamini (Sudafrica), Polychronis Tzortzakis (Grecia), Elchin Asadov (Azerbaijan), Paul Daumont (Burkina Faso), Eduard Michael Grosu (Romania), Orluis Aular (Venezuela), Michael Kukrle (Repubblica Ceca). Non certo nomi altisonanti, ma il gruppo se la prende davvero comoda e quando mancano 150 chilometri al traguardo insegue addirittura a 20 minuti.
Il profilo della corsa in linea maschile - Tokyo 2020
E dire che un veterano come Greg Van Avermaet si era anche messo a tirare nella prima parte di gara, per tenere i fuggitivi a distanza di sicurezza. Poi il "richiamo" da parte del suo Belgio e gruppo che prosegue ad andatura quasi turistica. Il primo scossone è una caduta che coinvolge Giulio Ciccone (senza conseguenze particolari) e il "solito" Geraint Thomas, costretto in seguito al ritiro. Mentre la strada comincia ad incontrare le prime selettive salite davanti restano in cinque. Dietro, la Slovenia fa valere i suoi gradi di squadra di riferimento e comincia a fare il ritmo con Jan Tratnik, seguito sempre dal generoso Van Avermaet. Un bel modo del campione di Rio 2016 per onorare il casco d'oro indossato per cinque anni.
L'Italia, sorniona fino a questo punto, comincia a farsi vedere nella lunga ascesa al Monte Fuji. È Giulio Ciccone a dare una prima sgasata, mentre il gruppo perde Alejandro Valverde e numerosi altri elementi. Il vantaggio di Sagan, Dlamini, Tzortzakis, Aular e Kukrle evapora in fretta e quando questi transitano per la prima volta sul traguardo (-60 km), il gruppo pedala a 3 minuti. Inizia la bagarre, con l'Italia protagonista. Prima Ciccone, poi Damiano Caruso. Infine Vincenzo Nibali, in risposta ad un attacco di Remco Evenepoel, a mettere pepe su una corsa che si è accesa e non può più spegnersi. A 45 km dalla fine termina la fuga e la squadra azzurra ci riprova, stavolta con tutto il quintetto. Ma nessuno si fa sorprendere e tocca al tosto Mikuni Pass (6,8 km al 10,1%) fare la selezione decisiva.
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CARAPAZ TRIONFA, PODIO VAN AERT/POGACAR, CRAMPI BETTIOL: GLI HIGHLIGHTS

Il primo a muoversi è Tadej Pogacar. Il re del Tour si porta dietro Michael Woods e Brandon McNulty, ma quando la salita si impenna oltre il 20% è dura fare grande differenza. Così, prima del GPM, rientrano Bettiol, Carapaz, Kwiatkowski, Uran, Van Aert, Gaudu, Fuglsang, Schachmann, Adam Yates e Mollema. Rimangono loro a giocarsi le medaglie quando mancano 33 chilometri. Dopo la discesa inizia una parte nervosa, vallonata, adatta agli scatti. Ci provano in tanti, quasi tutti. E Wout Van Aert, il più temuto, va a chiudere sempre. Anche il belga, però, deve rifiatare ogni tanto e a quel punto prendono il largo McNulty (per primo) e Richard Carapaz. Venti secondi, poi trenta, addirittura quaranta. I due si involano, mentre Alberto Bettiol esce dalla contesa a causa dei crampi (sarà comunque 14esimo e migliore degli azzurri al traguardo).
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Il fotofinish tra Wout van Aert e Tadej Pogacar

Credit Foto Eurosport

Gli inseguitori sembrano destinati a giocarsi "solo" il bronzo, ma Van Aert non è d'accordo. Con un accelerazione irreale, soprattutto dopo 220 km così duri, il belga si trascina dietro tutti coloro che riescono a tenerlo e la coppia al comando si ritrova con appena 13 secondi di margine. La strada sale ancora ed è qui che Richard Carapaz coglie l'attimo. Tanti saluti allo stanco McNulty e via. L'ecuadoriano va, a tutta, e nessuno può più riprenderlo. La sua gioia sul traguardo è incontenibile, la storia del suo Paese è fatta: prima di oggi, solo Jefferson Perez (un oro e un argento nella marcia) era salito su un podio olimpico. Da favola.
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