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Coni-Spagna: è guerra

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Pubblicato 19/02/2009 alle 14:53 GMT+1

Il tribunale di Madrid ritiene "nullo l'intero processo su Valverde". Ma è possibile che sia la stessa giustizia a non voler fare chiarezza in materia di doping?

E' incredibile. Quando le istituzioni possono trovare un punto di incontro per cercare di risolvere un problema si squagliano come neve al sole. L'ombra del doping nel ciclismo c'è e, nonostante sia ancora densa, la nube che avvolge questo sport si sta lentamente diradando grazie al lavoro di persone che provano ad andare contro il sistema. Ci sono però altri enti che sembrano fare di tutto per rimanere fermi in un punto morto senza al contrario cercare di procedere insieme verso un obiettivo che nel ciclismo è comune a tutti, corridori, squadre, dirigenti e appassionati.
Il caso Valverde è esplicativo proprio in questo senso. Il ciclista spagnolo è stato convocato dal Coni per spiegare (in seguito ai risultati di un esame incrociato sangue-urine effettuato proprio dal Coni e a cui Valverde si era sottoposto il 21 luglio 2008 durante la "tappa italiana" del Tour de France) la corrispondenza del suo Dna e quello di una sacca di sangue sequestrata al dottor Eufemiano Fuentes nell'ambito dell'Operacion Puerto. Valverde, uno dei più forti corridori spagnoli del momento, si è detto "indignato" per la "convocazione", ma pronto tuttavia "a comparire davanti a qualunque organismo per chiarire la sua posizione".
Una dichiarazione che lasciava ben sperare (anche se di solito chi fa così, il più delle volte è colpevole). Ciò che lascia esterrefatti in tutta questa vicenda è l'intromissione della sezione istruttoria numero 31 del Tribunale superiore di giustizia di Madrid titolare dell'inchiesta sull'Operacion Puerto. Che dichiara: "Tutto il processo su Valverde messo in piedi da Coni è da ritenersi nullo perchè privo di prove". In sostanza, la Spagna non riconosce al Coni la competenza di indagare sul caso. Incredibile, diciamo noi, come se la Procura del comitato olimpico italiano avesse "derubato" la giustizia spagnola sulla vicenda Operacion Puerto. Immediata la risposta del Coni: "Le eccezioni del giudice spagnolo sono ingiustificate, tra l'altro abbiamo altre prove a carico di Valverde. Gli atti dell'inchiesta sono stati acquisiti nel pieno rispetto delle norme vigenti, anche in materia di rogatorie internazionali".
Ma allora cosa pretende il tribunale spagnolo? La domanda è ovvia, così come purtroppo pare ovvia la risposta. Non vogliamo trarre conclusioni, ma le parole di Jesus Manzano, ex ciclista spagnolo e compagno di squadra di Valverde alla Kelme, aprono nuovi-vecchi scenari: "Il doping era pratica normale nel 2002 e 2003 in seno alla Kelme. A Valverde davano le stesse cose che prendevo io". Le frasi di Manzano, riportate dal quotidiano spagnolo "As", suonano come denuncia al sistema spagnolo: "Nessuno mi ha mai convocato per sentire cosa avevo da dire. In Italia si fanno le cose per bene, mentre in Spagna si lasciano a metà. Qui il giudice non ha potuto confrontare il Dna, lì lo hanno fatto ed è emerso tutto. Loro hanno messo sotto accusa Ivan Basso. Qui, invece, se un ciclista di spicco è implicato, non fanno altro che coprirlo".
Il Coni aspetta Valverde alle 17. Il corridore, però, almeno secondo un punto di vista legale, è tenuto a non presentarsi. Dalla Procura dello Stadio Olimpico di Roma fanno tuttavia sapere che "la sua eventuale non giustificata assenza potrà essere motivo di ulteriore contestazione di addebito".
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