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Il Coni vs Valverde

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Pubblicato 11/02/2009 alle 17:20 GMT+1

Ad Alejandro Valverde è contestato "l'uso o il tentato uso di sostanze proibite". La convocazione del Coni, che segue il coinvolgimento dello spagnolo nell'Operacion Puerto, è il primo passo verso il deferimento di Valverde

Finalmente, dirà qualcuno, nella rete ci è finito anche lui. Alejandro Valverde, corridore spagnolo fra i più sospettati di sempre, è al centro della bufera che ha visto il Coni convocare il corridore della Caisse d'Epargne per il giorno lunedì 16 febbraio, alle ore 12:00, presso la sede di Roma allo Stadio Olimpico. L'"accusa" verte riguardo il suo coinvolgimento nell'ormai tristemente famosa Operacion Puerto.
La notizia della convocazione, così come sottolinea il Coni, è stata resa pubblica anche alla società di appartenenza dell'atleta e alla Federazione Internazionale di Ciclismo (Uci), oltre che alla Wada per l'eventuale evolversi della vicenda.
Ad inchiodare Valverde è stata la prova del Dna su un esame sangue-urine effettuato dal Coni il 21 luglio 2008 durante la "tappa italiana" del Tour de France. Da qui la richiesta di convocazione del Coni che ha deciso di contestargli l'uso di doping. Un controllo incrociato con le sacche di sangue sequestrate al professior Eufemiano Fuentes, in origine ginecoloco e successivamente medico di diverse squadre ciclistiche, ha individuato in Valverde il corridore titolare di una di quelle sacche. Secondo il Coni, infatti, il nome in codice "Valv-Piti" (Piti è il nome del cane dello spagnolo), che venne trascritto dal dottor Eufemiano Fuentes, è proprio quello di Alejandro Valverde. Fuentes, l'uomo al centro dell'Operacion Puerto, e Manolo Saiz, poi arrestato quando ricopriva il ruolo di direttore sportivo della Liberty Seguros, erano a capo di un'organizzazione che si dedicava alla gestione delle autoemotrasfusioni, ma anche alla vendita di determinate sostanze dopanti, come l'Epo, gli ormoni della crescita o anabolizzanti: come pure alle strategie legate al loro utilizzo.
Valverde potrebbe a questo punto ripercorrere le stesse tappe che hanno portato il tedesco Jan Ullrich al ritiro. Fino al maggio 2007, infatti, le uniche sacche di sangue sottoposte al test del Dna erano state quelle dell'ex corridore della T-Mobile, riconosciuto poi come possessore di quel plasma. Ma dell'Operacion Puerto, che ha sollevato il tema scottante del mondo del ciclismo, si ricorda (purtroppo) anche Ivan Basso. Il varesino, che ora corre per la Liquigas, è stato squalificato per quasi due anni e lo scorso anno ha deciso di patteggiare sei mesi e una pena pecuniaria con il tribunale di Busto Arsizio.
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