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Le emozioni negative del ritorno di Lance Armstrong al Tour de France

Fabio Disingrini

Aggiornato 18/07/2015 alle 15:40 GMT+2

Cinque anni dopo la sua ultima partecipazione al Tour, l'ex-corridore statunitense è tornato in Francia pedalando a scopo benefico contro i tumori. Calmo e cortese, non è più The Unstoppable degli anni cancellati, ma la domanda da fare ad Andrea Tabacco e a Salvo Aiello è di quelle inevitabili: che cosa si prova nel rivedere Lance Armstrong sulle strade della Grande Boucle?

Lance Armstrong, en su vuelta al Tour de Francia

Credit Foto AFP

Lance Edward Armstrong è un ex-corridore statunitense, vincitore del Mondiale di Oslo 1993, di una tappa del Tour de France a Verdun e della Clásica San Sebastián nel 1995 e della Freccia Vallone (1996) oltre ai suoi primi successi della carriera in Italia alla Settimana Ciclistica Bergamasca e al Trofeo Laigueglia. Ci abitueremo a citarlo così con un’essenziale delusione, ma intanto il suo ritorno in Francia, a cinque anni dalla sua ultima Grande Boucle, ha fatto un certo rumore. Lance Armstrong ha percorso, con un giorno di anticipo, la tredicesima tappa del Tour de France (la Muret-Rodez di 198 chilometri) e ha fatto ugualmente con la quattordicesima frazione, la Rodez-Mende di 178 chilometri.
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Lance Armstrong, Tour de France 1993 in Verdun

Credit Foto AFP

Assaltato dai media a Vernet (un comune di duemila abitanti nei pressi di Tolosa) ma senza sostenitori per le strade dei Midi-Pyrénées, Armstrong è tornato alla Grande Boucle per un'iniziativa benefica chiamata Le Tour One Day Ahead e ideata dall'ex-calciatore inglese Geoff Thomas, che come Armstrong ha sconfitto un tumore durante la sua carriera sportiva. Il 7 volte vincitore cancellato del Tour de France e Geoff Thomas - malato di cancro con una prospettiva di 3 mesi di vita, guarito nel 2005, - hanno pedalato con una squadra di dilettanti (9 uomini e 2 donne, tutti inglesi) impegnandosi a raccogliere un milione di sterline da devolvere in beneficenza per la lotta al cancro: dalle 8:30 del mattino alle 19 con due ore di pausa pranzo a Villefranche d’Albigeois, Locanda Le Barry.
Lance Armstrong, “Glad to be here”, ha risposto a molte domande dei giornalisti - “È anche colpa mia se Froome deve rispondere alle accuse di doping e mi sento male per questo: chiunque vinca questo Tour non dovrà rispondere di ciò che è avvenuto nella mia epoca” - ricorda Fabio Casartelli e saluta Ivan Basso: “La sua vicenda mi ha toccato molto”. Lance ha quasi 44 anni con qualche chilo in più e i capelli brizzolati. Calmo e cortese, non è più The Unstoppable degli anni revocati, ma la domanda da fare ad Andrea Tabacco, responsabile Eurosport della pagina di ciclismo, e al nostro commentatore televisivo Salvo Aiello è di quelle inevitabili: che cosa si prova nel rivedere Lance Armstrong sulle strade della Grande Boucle?
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Lance Armstrong Tour de France 2003

Credit Foto AFP

ANDREA TABACCO - Io ad Armstrong non rimprovero tanto l’(ab)uso di doping, quanto le continue menzogne. Ha passato un decennio a raccontarci che vincere da pulito era possibile, che la lotta al cancro lo aveva riabilitato, che lo aveva migliorato come uomo e come corridore, e poi… Il grande bluff. Traduzione: il più grande sistema di doping della storia dello sport. Sette linee rette tracciate sul suo nome nell’albo d’oro del Tour de France, la corsa che gli ha dato tutto e che lui ha preso in giro per anni. Armstrong ha giocato con la passione dei tifosi, con i sacrifici dei (probabilmente pochi) colleghi che nel ciclismo pulito credevano davvero. Oggi che la sua leggenda si è definitivamente spenta, Armstrong è rimasto “solo” un ultraquarantenne che porta in giro un messaggio comunque positivo. Ed è da qui che parte la mia domanda di fondo, il dubbio che quando parlo del texano proprio non riesco a risolvere. Armstrong verrà ricordato più per il doping sistematico che lo ha portato a vincere 7 Tour di fila oppure come il ragazzo che si è speso nella lotta contro i tumori? Perché Lance, campione del mondo nel 1993 a soli 22 anni, è anche lo stesso corridore che, nella 18esima tappa del Tour del 1995, ci ha emozionato con le dita al cielo in ricordo dello sfortunato Casartelli. Erano compagni di squadra alla Motorola. Lui, Lance, non ha mai smesso di stare vicino alla famiglia di Fabio.
SALVO AIELLO - Il ritorno di Lance Armstrong al Tour de France rappresenta il marchio della gloria effimera e materiale. Ho avuto modo di conoscerlo e parlare con lui nel 2009, quando facevo lo speaker del Giro d’Italia: a distanza di qualche anno, al suo ritorno in Francia, nemmeno m’aspettavo che l’inquadrassero. La verità è che s’è sentito praticamente costretto a fare questa pedalata benefica, lui che al Tour faceva il cow-boy, e ho visto trasparire dai suoi occhiali un certo imbarazzo situazionale. È stato come vedere un uomo che torna uomo dopo l’illusione d’esser stato un superuomo. Sictransit gloria mundi.
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