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Christopher IV Tour: la normalità evolutiva di Froome per dimenticare Armstrong

Fabio Disingrini

Aggiornato 04/05/2018 alle 17:55 GMT+2

Posto che nel nuovo ciclismo conta più la crono di un'impresa in salita, Chris Froome ha vinto il suo quarto Tour de France con una versione più "umana" che, sì poco passionale, ci separa (finalmente) dagli orrori dell'era-Armstrong. Il britannico e la Sky trionfano a Parigi in difesa della maglia gialla: la svolta sarà Tom Dumoulin che può battere Froome coi suoi stessi "modernissimi" mezzi.

Tour de France 2017, Chris Froome in maglia gialla

Credit Foto Getty Images

Non era mai accaduto che Chris Froome vincesse la Grande Boucle senza successi di tappa e senza prima aggiudicarsi il Giro del Delfinato. 2013: un anno dopo aver scortato Wiggins fino agli Champs-Élysées, Froome vince il primo Tour con le sue celebri frullate di Ax 3 Domaines e Mont Ventoux e due atti di forza a cronometro fra Chorges e il record di Mont-Saint-Michel, a 54 km/h di media dietro a Tony Martin. Due edizioni più tardi, nel 2015, Froome chiude di fatto il Tour già alla decima tappa con quella mostruosa salita di Pierre Saint-Martin. Infine, l’anno scorso, un’altra doppietta in discesa dai Pirenei (Bagnères-de-Luchon) e contro il tempo stravincendo in progressione la cronoscalata alpina di Megève.
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Chris Froome sur les Champs-Elysées

Credit Foto Getty Images

Due Tour in linea di "normale" evoluzione

Un'estate fa, ci eravamo già accorti del nuovo Froome che rivinse il Tour senza quelle "disumane" scalate che tanto avevano infiammato la cultura del sospetto, mostrando una certa fantasia prima di normalizzare la corsa con la cura della maglia gialla. Oltre all’attacco in discesa dal Col de Peyresourde, Chris stupì i cronisti con una straordinaria "invenzione" a ventaglio, beffando la volata di Montpellier in coppia con Sagan. Giù in picchiata e faccia al vento, esposto al mistral del sud della Francia: l’anno scorso, Froome vinse il Tour al netto delle salite e così anche quest'anno.

Una versione di Froome più "umano"

Ripartiamo da qui: l'avversario diretto di quest'anno è stato Romain Bardet malgrado il tempo di ieri, che gli è costato il secondo posto a favore di Uran. Il distacco finale del francese è di 2'20" con un ritardo di 2'36 accumulato a cronometro fra Düsseldorf e Marsiglia, cosicchè l'ultimo calcolo diventa semplice: "in linea", Bardet avrebbe vinto (dati alla mano) il Tour per 16 secondi. Invece è un Froome sempre più “umano” a trionfare per la quarta volta a Parigi, con altri 15 giorni in maglia gialla. Più "normale" perché senza attacchi in discesa e senza quella folle ora del Mont Ventoux, quando Chris ruppe il cerchio della ruota anteriore e in preda al panico, vedendosi sfilare dai rivali diretti, si mise a correre verso il traguardo. Più conservativo perché senza impresa in salita, protetto dalla squadra sia in maglia gialla che nei due giorni di Aru in Jaune.

Il sacrificio dello spettacolo per cancellare Armstrong

La certezza del Tour duepuntouno e più in generale del ciclismo ad alta specializzazione, visto il successo di Dumoulin al Giro, è la prova determinante del cronometro che decide le corse più di una tappa di montagna. Come gli 8 secondi di LeMond&Fignon, però adesso ci mancano le emozioni di un'impresa in salita e la grazia sui pedali di Pantani o Contador, specie se pensiamo che i "momenti" di questo Tour sono stati le cadute di Valverde, di Porte o Geraint Thomas o la squalifica di Sagan. Se però è questo il prezzo da pagare per gli orrori di un'epoca avvelanata dal doping, ben venga questo "nuovo Froome" che, vincendo una Grande Boucle "in difesa” senza atti di forza o manovre straordinarie, ha sconfitto prima i pregiudizi del pubblico che i suoi avversari su strada.
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Le sprint de la 17e étape entre Chris Froome, Romain Bardet et Rigoberto Uran

Credit Foto Getty Images

Su un campione al di sopra di ogni sospetto

Questo è stato infatti il Tour "sulla carta" più aperto degli ultimi anni con Bardet e Uran staccati di mezzo minuto ancora alla vigilia della crono, e stavolta la maglia gialla si celebra a Parigi al di sopra di ogni sospetto. Senza ombre e senza controversie, visto che la "tappa a piedi” sul Ventoux fu neutralizzata fra le polemiche, ma soprattutto qualcosa del difficile dopo-Armstrong sta davvero cambiando. I primi due Tour vinti da Froome in maniera così travolgente avevano infatti scatenato la macchina del fango, sfociando in disgustosi gesti come il lancio di urina o gli sputi dalle transenne, oltre ai soliti vergognosi insulti che, in verità, si sono sentiti anche al Velodrome di Marsiglia. Vuoi per lo "sciovinismo" a favore di Bardet,, vuoi per qualche dichiarazione del britannico giù dalla sella: questioni di cui non ci vogliamo occupare.

Proprietà di squadra, cura della maglia gialla

Detto delle "normali diversità", c’è un nettissimo trait d’union nei Tour di Froome ed è la forza impermeabile del Team Sky, la sua proprietà dominante di protezione della maglia gialla. Contro gli assalti alla leadership c’è infatti un plotone d’esecuzione, una guardia armata di otto cavalieri che soffocano la corsa in salita con la formidabile presa dei gregari (Vasili Kiryienka, Mikel Nieve, Sergio Henao, Luke Rowe, Christian Knees) e la magnifica classe di tre pretoriani: Geraint Thomas - che ha corso in maglia gialla prima di ritirarsi, sfortunatissimo come al Giro, per una caduta - Michal Kwiatkowski, un campione del mondo che in primavera ha vinto la Sanremo e oggi si spreme in salita per il suo capitano, e Mikel Landa che forse, senza Froome e gerarchie, avrebbe vinto il Tour. Accadde per la prima volta nel 2012 con Wiggins scortato da Froome: la Sky ha cambiato colore di maglia, da nera a bianca, ma non fa meno paura dei cavalieri dell’apocalisse.

Meno crono, più discesa, stesso vincitore

Christopher Froome vince il Tour de France per la quarta volta in 5 anni ed è stato Nibali, nel 2014, a negargli la più grande delle imprese (Indurain 1991/95). Meglio di lui Anquetil, Merckx e Hinault (5). Meglio di Thys, Bobet e Greg LeMond (3). Certi credevano bastasse limitare i chilometri di crono (siamo passati dai 101,4 km. di Wiggins 2012 ai 36,5 di questa edizione!) o disegnare un Tour tatuato sulla pelle di Bardet, con quei tanto chiacchierati traguardi in discesa, per la nouvelle vague del ciclismo moderno. Invece Froome ha vinto "di conserva" un altro Tour studiando gli avversari, adattandosi a ogni nuovo svolgimento.
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Tour de France 2017, Chris Froome brinda in maglia gialla

Credit Foto Getty Images

4 Tour di un'era apertissima: avanti Dumoulin

Se in un lustro di Tour, Froome è caduto solo nel fango spettrale del pavé (sparito dai disegni), chi può riuscire dove hanno fallito i vari scalatori, di scatto da grimpeur o in progressione regolare? Tom Dumoulin coi suoi stessi mezzi, veloce come il vento a cronometro, incrollabile in salita. L'olandese ha sfiorato la Vuelta e ha vinto a maggio il Giro d'Italia mentre al Tour, l'anno scorso, è uscito di classifica per battere Froome sia sul tempo che sui Pirenei. Vincerà contro Dumoulin? Così umano e completo, normale e assoluto, perfetto ed esclusivo, Chris Froome pedalerà molto lontano sulle strade del mito.
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