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Tour de France 2022 - pagelle: van Aert disumano, che sfida Vingegaard-Pogacar, italiani deludenti

Marco Castro

Aggiornato 25/07/2022 alle 15:34 GMT+2

TOUR DE FRANCE - Dopo tre settimane di spettacolo, è tempo di giudicare quanto messo in mostra dai protagonisti della 109esima Grande Boucle. Il duello tra Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar è stato favoloso, ma l'uomo copertina è Wout van Aert. Geraint Thomas stupisce, a Peter Sagan manca il guizzo, mentre gli italiani fanno fatica. Bahrain, Movistar e Astana, che succede?

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Con la tradizionale passerella sugli Champs-Élysées, si è chiuso il Tour de France 2022. Una delle edizioni più pirotecniche degli ultimi anni e non solo, animata dal duello per la maglia gialla tra Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar, dal talento sovrumano e onnipresente di Wout van Aert, da grandi volate e imprese in solitaria, dalla Danimarca a Parigi, dal pavè al lungomare, dalle Alpi ai Pirenei. Un turbinio colorato lungo 21 tappe, che come al solito ci lascia in eredità una sequela di vincitori e vinti, oltre che l'arduo compito di assegnare dei voti ai suoi protagonisti.
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10 a lode a Wout van Aert

Esatto, il voto più alto possibile non va al vincitore del Tour. Perchè quello che ha fatto van Aert in ogni singola tappa di questa Grande Boucle è materia da consegnare ai posteri. Un concentrato di onnipotenza ciclistica, fantasia, classe e coraggio che raramente si sono visti in un unico corridore. Molto raramente. Il belga ha vinto tre tappe: con un'azione in solitaria a Calais, in una volata in salita a Losanna e contro il tempo a Rocamadour. Si è piazzato per otto volte nei primi tre. Ha sgasato in volate di gruppo e a cronometro, ha attaccato in apertura di tappa e si è fatto centinaia di chilometri in fuga, ha sfiorato la maglia a pois e chiuso terzo in un tappone pirenaico, ha lavorato per i compagni e attaccato i loro rivali. Ha vinto la maglia verde con un distacco imbarazzante su chiunque. MVP indiscusso, e ci scuserà il compagno di squadra di cui parliamo qui sotto.
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10 a Jonas Vingegaard

Il nuovo re del Tour entra nei libri di storia con una tre-settimane mostruosa. L'unico a tenere il ritmo di Pogacar nella prima parte arrembante dello sloveno, da cui perde appena 39 secondi costruiti quasi esclusivamente con gli abbuoni. Tra Galibier e Granon sfianca il bi-campione uscente in collaborazione con Primoz Roglic e si prende una maglia gialla che di fatto non sarà più messa in discussione. Da allora mai una flessione, mai uno sbuffo, mai qualcosa che potesse mettere in dubbio la sua leadership. Risponde a dieci, venti, trenta attacchi del rivale con irrisoria facilità, quasi tamponandolo da quanto lo marca stretto. E ad Hautacam mette il sigillo definitivo alla sua vittoria, centrando il secondo successo di tappa.
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9 a Tadej Pogacar

Dopo dieci giorni, vantava due vittorie di tappe e si parlava solamente di quanto fragoroso sarebbe stato il suo terzo successo al Tour de France. Quante tappe vincerà? Che distacco infliggerà ai rivali? Vuole tutte le maglie? La crisi sul Granon dopo esser rimasto imbrigliato nella tattica della Jumbo-Visma è stata tanto inedita quanto clamorosa. E chi l'aveva mai visto così? Ci ha messo una notte per tornare all'attacco, ma Vingegaard non era più alla portata. Lui ci ha provato in ogni modo, con coraggio, generosità e talvolta poca testa. Non è andata, ma che gli vuoi dire? Ci ha aggiunto un terzo successo parziale, ha fatto i fuochi d'artificio pure sugli Champs-Élysées, ha vinto ancora la maglia bianca con vantaggio siderale su chiunque. È il più giovane ad aver collezionato tre podi alla Grande Boucle da oltre un secolo e nei Grandi Giri non ha mai fallito questo obiettivo. Ed è sembrato divertirsi sempre, anche nella prima, grande sconfitta della sua carriera. Felice di aver trovato un avversario degno di lui. Patrimonio dell'umanità.
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8 a Geraint Thomas

Nettamente inferiore ai primi due, nettamente superiore a chiunque altro. A 36 anni, G torna sul podio del Tour per la terza volta dopo il successo del 2018 e il secondo posto del 2019: lo fa rivaleggiando coi ragazzini e sfoggiando una continuità invidiabile, con passaggi a vuoto tendenti allo zero. Impossibile per lui tenere le bordate di Pogacar (e le risposte di Vingegaard), ma quante volte è rientrato? Un diesel super affidabile nonostante il chilometraggio, alfiere di una INEOS che partiva con tre/quattro punte (con Dani Martinez in pole, a detta di molti) e ha visto primeggiare nuovamente il vecchio cuore gallese.
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7 agli assoli, a Cort e a Philipsen

La 109esima edizione della Grande Boucle è stata teatro anche di grandi arrivi in solitaria. Il ritrovato Bob Jungels a Châtel-Portes du Soleil, con un bentornato grande così a un corridore che era stato avvolto troppo presto nell'oblio; la scalata nella bolgia impressionante dell'Alpe d'Huez da parte di Thomas Pidcock (voto 10 alla sua discesa dal Galibier), che sta prendendo le misure per un futuro luminoso nei Grandi Giri; l'eterno piazzato Michael Matthews, che respinge gli assalti di Bettiol con una gamba impressionante e torna a vincere al Tour dopo cinque anni; la storia commovente di Hugo Houle, che esulta per la prima volta in una corsa in linea a Foix e non può che dedicarla al fratello Pierrik. Giornate da ricordare come la prima parte di Tour di Magnus Cort Nielsen: invisibile al Giro, indiavolato nella sua Danimarca e vincitore quasi dal nulla a Megeve. Tutte vittorie nate da una fuga, mondo estraneo a Jasper Philipsen che però si merita lo stesso voto degli altri corridori di questa lista. Il miglior velocista della corsa, con due vittorie e l'investitura sugli Champs-Élysées.
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6 alla lotta per la top 5

Parliamoci chiaro: arrivare tra i primi dieci al Tour resta sempre un risultato di grandissimo livello, che merita un voto di certo superiore alla sufficienza tonda. Questo giudizio, piuttosto, va a valutare lo spettacolo che sono stati in grado di regalare i vari David Gaudu (quarto), Nairo Quintana (sesto) e Romain Bardet (settimo). Pochi scatti, poca fantasia, poco coraggio. Una tappa su e una giù, senza particolari acuti. Chissà, con i primi due intenti a guardarsi esclusivamente a vicenda, magari avrebbero avuto la libertà di vincere una tappa se avessero osato. Mezzo voto in più all'intraprendenza di Aleksander Vlasov che, dopo la sfortuna di inizio corsa e con una condotta da allora più spregiudicata, è riuscito a risalire fino al quinto posto finale. Lo stesso si può dire di Louis Meintjes (ottavo), propositivo come poche altre volte in carriera.
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5 a Peter Sagan

Il tre volte campione del mondo parte discretamente, infilando dei buoni piazzamenti tra la Danimarca e lo sbarco in Francia. Poi si ecclissa (complice anche il percorso), per tornare a dare qualche segnale di vita sul finire della Grande Boucle. Eppure non dà mai la sensazione di poter davvero vincere una tappa, con almeno cinque corridori più performanti di lui nelle volate di gruppo e poca gamba per giocarsela su finali alternativi. Gli anni passano, la concorrenza è sempre più spietata e la sua ultima vittoria su queste strade risale ormai al 2019.
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4 all'Italia

Voto basso, ne siamo consapevoli, ma la nostra spedizione ha avuto un ruolo decisamente marginale sulle strade del Tour 2022 e il tassametro delle tappe senza una vittoria azzurra alla Grande Boucle scorre impietoso: sono 64, con Vincenzo Nibali ultimo vincitore a Val Thorens 2019. Discrete speranze per una buona classifica erano riposte in Damiano Caruso, già decimo nel 2020. Ma il siciliano non ha mai brillato e una volta defilatosi dalla lotta per la top 10, non è riuscito a raddrizzare la barca nonostante il volenteroso tentativo di Foix. Il Covid, poi, ha interrotto la sua striscia di Grandi Giri portati a termine. Neanche Mattia Cattaneo si è avvicinato all'ottimo 12° posto del 2021, spremuto dal prezioso lavoro di gregariato. Compito toccato anche a Pippo Ganna, che nelle due giornate da circoletto rosso (le cronometro) si è dovuto inchinare ai signori di questo Tour. Qualche raggio di luce c'è stato, vero: il secondo posto (e la verve) di Alberto Bettiol a Mende, la continuità di Luca Mozzato, la crescita e il podio di Alberto Dainese a Cahors, il sogno cullato per mezza tappa di vincere la maglia a pois da parte di Giulio Ciccone. Un po' poco, e alla fine il migliore in classifica è stato Simone Velasco: 31° a oltre due ore da Vingegaard.
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3 a una Bahrain irriconoscibile

Le perquisizioni di inizio Tour avranno influito sulla tenuta mentale della squadra? Non lo sappiamo, ma di certo la Bahrain-Victorious è la squadra più deludente di questa edizione in rapporto alle aspettative. Di Caruso si è detto, ma l'italiano è in buona compagnia. Dylan Teuns e Matej Mohoric si sono visti col contagocce e non hanno mai dato l'idea di potersi giocare un successo, Jan Tratnik ancora meno. Jack Haig è stato sfortunato, uscendo di scena prima di subito. Il buon vecchio Luis Leon Sanchez ci ha provato un paio di volte, ma si è sciolto nel finale. L'unico a salvarsi - e pure brillantemente - è il giovane Fred Wright, uno che farà parlare di sè nei prossimi anni. Dai tre successi e il primo posto nella classifica a squadre del 2021 a i risultati di questa edizione la picchiata è stata davvero fragorosa.
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2 alle dichiarazioni di Enric Mas

Alla vigilia dei Pirenei, lo spagnolo della Movistar si trovava al decimo posto in classifica generale a circa una decina di minuti da Jonas Vingegaard e approcciava la settimana decisiva con parole bellicose: "Ho fiducia, dei 6-7 che mi stanno davanti, parecchi crolleranno per la durezza delle tappe e il caldo dei Pirenei. Il podio è lontano, ma sono comunque fiducioso". La cronaca delle tappe seguenti racconta di un corridore sempre in ritardo rispetto ai rivali e scivolato ancor più lontano in classifica. Il capolinea è stato la mannaia del Covid-19, che lo ha estromesso nella tappa 19 a classifica già compromessa.
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1 all'Astana

Vi ricordate quando l'Astana era una delle squadre di riferimento nelle grandi corse a tappe? Le gerarchie sono decisamente cambiate, ma qui siamo nella desolazione (quasi) totale. Salviamo Alexey Lutsenko, risalito fino alla nona piazza dopo un avvio complicato. Per il resto, davvero poca roba. In 21 tappe, hanno ottenuto appena tre piazzamenti nelle prime dieci posizioni (tutti con il capitano) e nessun podio. Ed emblematico è l'ultimo posto nella classifica a squadre dei montepremi totali del Tour, con appena 15.000 euro raccolti in tre settimane.
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