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Da Johannes Klæbo a Shaun White: i fenomeni di PyeongChang 2018

Fabio Disingrini

Pubblicato 28/02/2018 alle 09:12 GMT+1

Immaginate un Olimpo innevato che è la casa di Martin Fourcade, Johannes Klæbo, Marcel Hirscher, Shaun White, Yuzuru Hanyu e l’eterna Marit Bjørgen, fenomeni mondiali dei Giochi di PyeongChang.

I fenomeni olimpici di PyeongChang 2018

Credit Foto Eurosport

Se avete presente il Parnaso di Raffaello - dove Omero, Saffo, Virgilio, Orazio, Dante e Petrarca abitano il monte sacro delle Muse - immaginate un Olimpo innevato che è la casa di Martin Fourcade, Johannes Klæbo, Marcel Hirscher, Shaun White, Yuzuru Hanyu e l’eterna Marit Bjørgen, fenomeni mondiali dei Giochi di PyeongChang.

Johannes Klæbo

Come il ciclismo in Belgio, il calcio in Brasile, l’hockey in Canada o il rugby in Nuova Zelanda, lo sci di fondo è per la Norvegia una liturgia laica che non segue isterie collettive, come il tennis ai tempi di Borg per la vicina Svezia, bensì una logica esistenziale di passione identitaria. Fatta di metodo, fatica e riserbo, la scuola norvegese del fondo è una fucina di eroi delle nevi e il modernissimo Johannes Høsflot Klæbo - bello, biondo e glamour - è l’astro nascente che brilla nel cielo di PyeongChang. Sì che Pellegrino l’aveva detto, vedendolo sfrecciare sugli sci nel gelo di Ruka, mentre iniziava la Coppa del Mondo: “Da ora in poi, vincere sarà una vera impresa”.
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Klaebo celebra el oro para Noruega en relevos

Credit Foto Getty Images

A 21 anni, decimo nello skiathlon all’inizio dei Giochi, Klæbo scopre il suo lato umano prima di farsi fenomeno, vincendo 3 medaglie d’oro. Le prime due negli sprint, l'ultima a staffetta... E quando scarica la sua flamme rouge entrando nello stadio con la bandiera norvegese, tutti vedono le stimmate di Petter Northug.

Marit Bjørgen

A PyeongChang, la Norvegia ha infranto ogni primato vincendo 39 medaglie di cui 14 d’oro: l’ultima è quella di Marit Bjørgen che dello sci di fondo è una leggenda vivente, l’atleta più medagliata di PyeongChang (2 ori e 2 bronzi) e nella storia dei Giochi Olimpici: 15 da Salt Lake City 2002, di cui 8 ori. La premiano per l’ultima volta durante la Closing Ceremony perché la 30 chilometri, la maratona bianca, la regina del fondo è appena finita e lei, a 38 anni, ha il sorriso bellissimo di chi si consegna alla gloria terrena. Donna magnifica come Natalie Geisenberger signora dello slittino, che da Sochi a PyeongChang si conferman la migliore sia nel singolo che a squadre. Come Lizzy Yarnold dell’impero britannico, che fa la stessa cosa della coetanea bavarese ma con lo skeleton.

Yuzuru Hanyū

Come Yuzuru Hanyū che fa dell’arte del pattinaggio una perfetta invenzione, che è poesia in movimento, che si libra sul ghiaccio bissando l’oro olimpico come nessuno da Dick Button (1948/52). La sua grazia sublime che è la stessa di Tessa Virtue e Scott Moir quando si fondono nella loro danza bianca per riprendersi, come per elezione naturale, l’oro di Vancouver. La coppia canadese si congeda così, col primato del mondo, dai riflettori del pattinaggio e forse sì, anche Sven Kramer ma da quello veloce, dopo il terzo oro consecutivo nei 5000 metri: altra impresa titanica.

Martin Fourcade

Poi c’è Martin Fourcade che, cresciuto sui Pirenei occitani, del biathlon è un’icona totale: veloce sugli sci, infallibile al poligono, come Klæbo stecca la prima ma poi, come Klæbo, di ori ne infila 3: a inseguimento, mass start e in staffetta, come Klæbo, agitando la bandiera (francese). Come Klæbo, formidable. Marcel Hirscher, che sta per vincere la settima Coppa del mondo, doveva invece portare un oro a Vienna per farsi incoronare sacro imperatore: ne ha vinti due in combinata e gigante, ma avendo fallito in slalom, che è la gara regina dello sci, dovrà rifare tutto da capo fino a Pechino che da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Specie se sei austriaco e fai lo sciatore.

Shaun White

Infine Shaun Roger White, il californiano delle nevi, il Federer dello snowboard. Come Roger prima di Melbourne, dell’ottavo Wimbledon, del ventesimo slam, del ritorno al numero 1 (e la leggenda continua…), Shaun White ha atteso a lungo perché quel quarto posto di Sochi andava cancellato. Eccolo qui, a PyeongChang, coi capelli corti e i primi segni dei trentanni fra una schiera di teenager urlanti, perché se è vero che lo slopestyle è la prima medaglia d’oro di un millennial alle Olimpiadi - la vince Redmond Gerard, un "altro rosso" – l’halfpipe aveva invece iniziato a tremare ad Aspen, un mese fa, sotto i salti di quel magnifico 100. Torino, Vancouver, PyeongChang e leggenda: There ain't no mountain high enough.
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