Le imprese sincere di Fontana e Pellegrino, sul fotofinish dell'emozione
Aggiornato 14/02/2018 alle 09:26 GMT+1
Danzando sul confine sottile tra trionfo e delusione, Arianna Fontana e Federico Pellegrino ci hanno regalato due imprese simboliche. L'Italia si riscopre orgogliosa a PyeongChang, tra motivazione e sudore.
Millesimi, fotofinish. Il confine tra vittoria e sconfitta è estremamente sottile nello sport e le Olimpiadi, che dello sport celebrano l’essenza, vivono su questo limite. Così le lacrime di felicità di Arianna Fontana e le urla di Federico Pellegrino sono una faccia della stessa medaglia che riflette l’incredulità di Dominik Fischnaller, o la gioia spensierata di Dominik Windisch.
Il talento fa la differenza, sempre, ma per quell’ultimo gradino serve la testa, la motivazione, la convinzione, a volte persino quella rabbia agonistica che ti porta al 101% delle tue possibilità, che ti porta a toccare il sogno.
Dopo quattro bronzi, un argento e una bandiera portata con orgoglio, Arianna Fontana aveva bisogno di salire quell’ultimo gradino. E l’ha fatto con testa. Lasciando andare la coreana Choi sul finire della semifinale, come una tigre che osserva la propria preda, pronta a sferrare l’attacco decisivo. Così, nel momento clou, Arianna ha chiuso la sua curva sospesa su quel millimetro di lama, allungandosi fino alla linea del traguardo con quei 22 centimetri di vantaggio che – a prescindere dalla successiva squalifica della Choi – hanno rappresentato il limite tra una gioia conosciuta e la realizzazione del sogno.
L’ho sognato tante volte, ma viverlo è anche meglio. (Arianna Fontana)
…e mentre il Tricolore sventola nel palaghiaccio di Gangneung, Federico Pellegrino disegna la sua impresa in 1381 metri. La sprint a tecnica classica non era la sua gara, dicevano, ma i campioni restano campioni in qualsiasi condizione, proprio perché la differenza la fanno con le gambe e la testa, non certo con le parole.
In salita avevo pensato di seguire Klaebo, ma le gambe mi hanno suggerito di non strafare e rischiare di perdere la medaglia. (Federico Pellegrino)
E allora via veloce, ma attento, fino al rettilineo finale, dove l’azzurro sembra veramente volare: in un attimo prende un metro a Bolshunov, lo affianca e piazza la spaccata da ginnasta. Ancora fotofinish, ancora Italia, per un argento fantastico. Non si poteva chiedere di più.
Così, in un quarto d’ora a cuore in gola, l’Italia si è riscoperta vincente e combattiva, scaltra e affamata, pronta per salire quel gradino d’eccellenza che genera passione e patriottismo, stringendoci uno accanto all’altro nelle emozioni. Tutti azzurri, tutti italiani, a prescindere dagli strilli politici del periodo, che confrontati alle imprese dei nostri ragazzi in Corea sono solo spazzatura e menzogne.
Quelli di Arianna, Federico e Dominik sono trionfi veri, sudati, costruiti su fatica e perseveranza. Imprese sincere. Avanti così ragazzi, mostrateci ancora i limiti dell’uomo.
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