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Sudafrica campione del mondo: la vittoria della difesa e dell'attenzione ai dettagli, onore agli All Blacks

Davide Bighiani

Pubblicato 30/10/2023 alle 11:55 GMT+1

RUGBY - Celebriamo i quattro volte campioni del mondo del Sudafrica: gli Springboks hanno messo le mani sul trofeo al termine di una cavalcata trionfale ma soprattutto chirurgica, se pensiamo che nelle ultime tre partite hanno vinto sempre di un solo punto. Analizziamo la vittoria del Sudafrica sugli All Blacks arrivata al termine di una vera e propria battaglia.

Coppa del Mondo al Sudafrica: 12-11 agli All Blacks, gli highlights in 90 secondi

Il Sudafrica ha vinto la Coppa del Mondo di Rugby per la quarta volta nella sua storia, la seconda consecutiva, battendo in una finale palpitante vinta di misura contro gli All Blacks (12-11). Davanti ai 80.075 spettatori dello Stade de France è andata in scena una vera e propria battaglia, esaltata e celebrata dai media di tutto il mondo: una squadra ridotta praticamente per tutta la gara a un uomo in meno a cercare di scalfire le difese di un XV granitico, che ha fatto dei placcaggi e del muro difensivo appunto un proprio simbolo. Uno spettacolo magnifico, che ha visto sul campo la lotta di due filosofie diverse di rugby, un vero e proprio spot per tutto il movimento. E allora cerchiamo di capire cosa ci ha lasciato questo match e più in generale quale è il messaggio che il rugby ha voluto lanciare attraverso il secondo successo di fila degli Springboks nella Coppa del Mondo della palla ovale.
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Sudafrica campione

Credit Foto Getty Images

Attenzione ai dettagli

Sudafrica-Francia 29-28, Sudafrica-Inghilterra 16-15, Sudafrica-Nuova Zelanda 12-11. Gli Springboks hanno vinto le ultime tre partite che li hanno portati al trofeo avendo la meglio di un punto (uno soltanto) rispetto agli avversari: non può essere solo un caso. "Clinical", "chirurgici": così sono stati definiti i ragazzi sudafricani soprattutto dalla stampa estera. Una squadra, ma soprattutto una parte tecnica assolutamente dedicata ai dettagli, che come spesso succede a questi livelli fanno tutta la differenza del mondo. Se nel primo match con la Francia era finita "a schiaffoni" con Eben Etzebeth a mettere il sigillo alla vittoria nel finale, con l'Inghilterra il Sudafrica ha sonnecchiato per quasi tutta la partita facendo la differenza negli ultimi 10' grazie alla propria panchina imponente, qusta volta in rimonta; ancora diversa la vittoria ottenuta sugli All Blacks, fatta di 4 calci di Pollard andati a segno e poi tutti in trincea, a difendere il risultato. Tre modi diversi per arrivare allo stesso risultato, la vittoria. E tutte e tre accuratamente architettate a tavolino. Perché vincere vuol dire scegliere i momenti giusti per fare le cose giuste. 4 finali di Coppa del Mondo, 4 trofei: cinici.

Du Toit, l'uomo dei 28 placcaggi

Uno spettacolo nello spettacolo, soprattutto per chi il rugby lo mastica davvero. Già World Rugby Player of the Year del 2019, Pieter-Steph du Toit si è preso l'onore di essere l'MVP della battaglia dello Stade de France: e come poteva andare diversamente quando il numero 7 del Sudafrica ha eguagliato il record di laccaggi riusciti in un singolo incontro della Coppa del Mondo di rugby (detenuto in precedenza dal transalpino Thierry Dusautoir). 28 volte è riuscito a dire di no al suo avversario diretto, in più ha corso 27 metri con due offload. "Non sarà un poeta, ma un muro sì", dicono di lui. "Onorato e privilegiato di aver vinto una Coppa del Mondo e di rappresentare il Sudafrica. Ogni gara è stata dura, abbiamo costruito tanto in questo Mondiale. Ringrazio la mia famiglia e tutto il Sudafrica che ci ha sostenuto", ha detto il diretto interessato. "E' stato fenomenale, eccezionale - ha aggiunto il suo allenatore Jacques Nienaber -. Nelle ultime partite voleva vincere disperatamente. Spesso scherzo dicendo che se un sacchetto di plastica fosse caduto in campo, avrebbe scacciato via anche quello. Ed è stato ancora una volta una macchina in questa finale".

Onore agli All Blacks, sconfitti ma a testa alta

Cosa si può dire alla Nuova Zelanda? E' vero, c'è stata qualche scelta sbagliata: in una finale sempre meglio optare per i pali piuttosto che cercare la fortuna in rimessa laterale, ma è altrettanto vero che il Sudafrica stava giocando senza il proprio tallonatore principe; sì, senza errori al calcio sarebbe potuta essere un'altra partita, ma siamo alla Coppa del Mondo e la palla, pur ferma, pesa diversamente. Però bisogna anche dire che più di così onestamente gli All Blacks non potevano fare: giocando in 14 per gran parte della partita (Sam Cane finito sulla graticola, da capitano), contro una difesa sudafricana che ha collezionato 209 placcaggi, sbagliandone solo il 12%. Il territorio è stato nemico, visto che ha costretto i Tuttineri a giocare da posizione profonda per gran parte del match. Con l'uomo in più le cose sarebbero andate diversamente?
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Aaron Smith (Nuova Zelanda)

Credit Foto Getty Images

Forse sì, forse no. Intanto un giocatore della Nuova Zelanda ci regala forse la foto più bella della rassegna iridata: Aaron Smith, 34enne all'ultima partita con la maglia della propria nazionale, che passeggiando nei pressi della Coppa del Mondo persa per un solo punto, sorride mostrando la propria medaglia d'argento al figlio. Chapeau!
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Nuova Zelanda-Sudafrica, chi vince? L'analisi di Munari e Raimondi

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