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Andy Murray, Angelique Kerber e la caduta dei numeri primi

Fabio Disingrini

Aggiornato 22/01/2017 alle 21:49 GMT+1

La concomitanza delle loro sconfitte carica di ulteriori simbolismi una coppia di campioni della difesa e "primi degli umani", saliti insieme sulla vetta del tennis mondiale.

Britain's Andy Murray reacts after a point against Germany's Mischa Zverev during their men's singles fourth round match on day seven of the Australian Open tennis tournament in Melbourne on January 22, 2017.

Credit Foto AFP

Ci sono tanti motivi che - nel bene e nel male, nella salute e nella sconfitta - accomunano lo scozzese Andy Murray e la tedesca Angelique Kerber. Ventinovenni che negli ultimi mesi hanno raccolto tutti i frutti di una carriera ai vertici, ma sempre un po' oscurati dai vari Djokovic, Federer, Nadal / Serena Williams, Maria Sharapova, Vika Azarenka. Il 2016 è stato un anno magico che ha loro permesso, negli ultimi mesi solari di diventare numeri 1 e presentarsi qui a Melbourne, per la prima volta in uno slam, con la testa di serie più alta.

Andy&Angie: una "straordinaria normalità"

Per farlo hanno giocato e vinto tanto: Murray bissando Wimbledon e Giochi Olimpici e vincendo 3 Masters Mille, 3 ATP 500 e le Finals di Londra; la Kerber trionfando nei suoi primi slam (Australian e US Open) con finale a Wimbledon e medaglia d'argento a Rio. Campioni di fatica, alfieri del gioco di copertura, sono i migliori difensori della riga di fondo. Per l'ultimo livello però, per arrivare dove non arriva il talento, sono andati fuori soglia e a Melbourne si paga il conto: Murray piegato dallo straordinario upset dell'"altro Zverev", la Kerber ultimo scalpo di un'americana motivata come CoCo Wandeveghe. Sconfitte che certificano le fatiche dei nuovi numeri primi: come se entrambi avessero speso troppe energie, sia fisiche che mentali, per diventare i signori del tennis. Andy&Angie uniti dal destino: si tratti di primati o nuove "normalità". (Fabio Disingrini)

Dieci anni dopo senza Murray e Djokovic

Il rammarico di Andy Murray traspare dalle parole e dai gesti del numero 1 del mondo. Dopo le 5 finali perse, lo scozzese non approfitta dell’eliminazione di Novak Djokovic per sfatare il tabù Melbourne e l’upset è servito dal numero 50 del mondo Mischa Zverev. La celebrazione del miracolo del tedesco si sposa con lo smarrimento di Andy (“Lui ha tirato fuori dei colpi incredibili”). Mischa è il giocatore con il ranking più basso (50) capace di sconfiggere un top seed in un major dai tempi di Safin che batté Roddick da numero 86 a Melbourne nel 2004.
Da una parte spicca quindi il miglior risultato in carriera dello Zverev meno quotato – non era mai andato oltre il terzo turno in uno Slam (Wimbledon 2008) - dall’altra fa clamore l’impronosticabile débacle dei primi due giocatori del mondo. Era da 10 anni che né lo scozzese né il serbo riuscivano a centrare almeno i quarti in un major. Era il 2007, il teatro sempre l’Australian Open e i due, neanche ventenni, venivano sconfitti rispettivamente da Nadal e Federer. Un’era tennistica fa, anche se i Fab appena citati sono ancora lì a tenere vivo lo spirito dei nostalgici e della storia. È la prima volta dal Roland Garros 2004 che il numero 1 e il numero 2 del mondo falliscono entrambi l’accesso tra i migliori 8 in un appuntameno del Grande Slam. Vinse Gaston Gaudio quell’edizione, a delineare i contorni dell’anarchia. (Alessandro Dinoia).
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Australian Open: Murray-Zverev, gli highlights

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