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Australian Open, pagelle 2023: da Djokovic a Sabalenka, da Swiatek a Nadal, i voti ai protagonisti di Melbourne

Simone Eterno

Pubblicato 30/01/2023 alle 09:02 GMT+1

AUSTRALIAN OPEN 2023 - Il consueto pagellone di fine torneo, edizione 2023, ritorna nella formula da 10 a 0. Da Djokovic a Fritz, da Sabalenka a Pegula passando per i volti nuovi Lehecka e Shelton. Il classico 'countdown' di fine torneo con i voti ad alcuni dei protagonisti principali.

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Dalla 'vendetta' di Novak Djokovic alla nuova campionessa Aryna Sabalenka, dalle delusioni americane Fritz e Pegula alla scoperta di un talento Stelle e Strisce come Ben Shelton. Da Nadal al cuore di Murray passando per Iga Swiatek. Ci sono come sempre tante storie dietro uno Slam; e come al solito abbiamo deciso di "dare i numeri" con il consueto countdown da 10 a 0. Le pagelle - o meglio, il pagellone - di fine torneo.

Voto 10. Novak Djokovic

Ancora tu, ma non dovevamo vederci più? Chissà se Alex Hawke è un fan di Lucio Battisti. Vedi mai che come tanti australiani non abbia una bisnonna di origini italiane... Chissà più che altro cosa fa oggi, il signor Hawke. Un anno fa era il ministro dell’immigrazione del precedente governo australiano; e il suo nome fece il giro del mondo per essere quello di colui che firmava ufficialmente il decreto di espulsione del tennista numero uno al mondo. “Una minaccia per il popolo australiano”, recitava testuale parte della sentenza. Hawke non è più ministro, ma un anno dopo Novak Djokovic fa ancora il tennista; e “minaccia” lo è certamente anche oggi... ma per i colleghi tennisti. Assetato di vendetta per la surreale vicenda dello scorso anno Novak Djokovic ha regolato tutto e tutti. In primis persino sé stesso. “77 sessioni di terapia”, ha raccontato Goran Ivanisevic al termine del torneo. “La vittoria più importante della mia carriera”, ha invece detto il serbo a caldo. Ma solo chi non conosceva qualità, cuore ma soprattutto testa del fenomeno di Belgrado poteva davvero avere dei dubbi. Nulla avrebbe potuto fermarlo nel portare a termine il suo compito. Come una Beatrix Kiddo prestata al tennis, Nole ha spuntato nome dopo nome la lista di ogni singolo "nemico" (sportivo) da annientare per riprendersi ciò che gli era stato tolto. E poi è crollato stremato. Altro che ‘ma non dovevamo vederci più?’. Noi che sicuramente più di Alex Hawke conosciamo bene Battisti... Ancora tu! Non mi sorprende, lo sai.
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Voto 9. Aryna Sabalenka

La 15esima ‘nuova campionessa slam’ differente dal 2016 a oggi, ovvero da quando Roberta Vinci ha mostrato al mondo che Serena Williams era di nuovo battibile. Il discorso è sempre lo stesso: sarà qui per restare o trattasi della classica ‘comparsata’, come furono i titoli di Ostapenko, Stephens, Kenin, Andreescu, Raducanu e così via dicendo? La potenza del suo tennis potrebbe farci pensare di aver trovato effettivamente una pronta a poter dettare legge sulle superfici veloci. Il tremolio del suo servizio quando conta – seppur controllato bene in questo torneo – ci suggerisce più prudenza. Detto questo, proprio in questo torneo, la bielorussa ha mostrato una versione di sé che ancora non conoscevamo. “Sono la psicologa di me stessa”, ha persino detto a un certo punto in conferenza stampa. Questo risultato le ha dato ragione. Ma, Aryna ci perdonerà, sul futuro non ci sentiamo di dare garanzie.
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Aryna Sabalenka - Australian Open 2023

Credit Foto Getty Images

Voto 8. Ai volti nuovi, Ben Shelton e Jiri Lehecka

Da un certo punto di vista è stato davvero il torneo dei volti nuovi. Che vale quel che vale, anche qui, se alla fine vince sempre Djokovic, però due nomi come Ben Shelton e Jiri Lehecka ve li dovete segnare sul serio. La scalata dell’americano è roba che solo i predestinati... Oppure uno con un servizio mancino a 228km/h. La qualità complessiva del ceco e la sua capacità di leggere e capire la disciplina – leggasi il numero di transizioni a rete – sono un altro sintomo di qualità del prospetto. Classe 2002 Shelton, classe 2001 Lehecka. Oltre ad Alcaraz e Sinner, i nuovi stanno davvero arrivando.
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Voto 7. Andy Murray

Per i nuovi che arrivano ci sono i ‘vecchi’ che non se ne vanno. E che vecchi. Sir Andy Murray, signore e signori. Uno a cui avevano detto che non avrebbe più potuto giocare a tennis. “Come, prego?” è stata evidentemente la risposta di Sir Murray che quest’anno ha fatto riconsiderare la scelta di Mel Gibson per la parte di William Wallace in Braveheart. Sì perché 4 ore e 49 con Berrettini, 5 ore e 45 con Kokkinakis e anche Bautista-Agut non se l’è trovata facile con 4 set e 3 ore e mezza di battaglia. Cuore impavido. Ma per davvero.

Voto 6. Andrey Rublev

Premessa: per arrivare 7 volte ai quarti di finale di uno slam bisogna essere molto bravi in questa cosa chiamata tennis. Il problema, casomai, per Rublev, è uscirne sempre sconfitto per tre set a zero. E’ successo 6 volte su 7. Non fa eccezione questo giro in Australia, dove si è trovato però il solito Djokovic. Avversario su cui il software del russo va in tilt. Non ci sono soluzioni per fargli il punto. E no, tirare ancora più forte di dritto, non è una di queste caro Andrey. Ritenta. Magari con qualcun’altro.
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Voto 5. Iga Swiatek

Si offende qualcuno se si dice “mah, forse qualcosina in più?”. Perché perdere con la campionessa in carica a Wimbledon, in uno slam, ci può stare. Ma c’è modo e modo. Non che la Swiatek abbia perso ‘male’ per atteggiamento in campo, quando per incapacità di trovare soluzioni alle armi chiare della propria avversaria. Certo, direte voi, “da lei ci si aspetta sempre tanto”. Ma è proprio questo il destino di quelli davvero forti: convivere con questa eterna richiesta di qualcosa in più degli altri. Swiatek, dopo il primo successo a US Open, da questo tour in Australia ritorna meno ‘fenomeno’ e più ‘brava giocatrice’.
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Voto 4. Alla condizione di Nadal

Perché ha fatto male vedere Rafa così lontano dalla sua forma migliore, specie considerando ciò che difendeva qui. La curda verità però è lì da vedere: gli sforzi fisici fatti da Nadal nei primi 6 mesi dello scorso anno sono un conto che il maiorchino sta ancora pagando. Il 2023 non sarà cosa facile per Rafa. Lo ha detto un torneo in cui si è arreso a Mackenzie McDonald. Lo dicono gli ulteriori esami clinici a cui si è già nuovamente sottoposto in Spagna. Forza.

Voto 3. Taylor Fritz

In un torneo e in un lato di tabellone in cui 4 americani agli ottavi non si vedevano dal 2004, sorprende – e non poco – che il semifinalista delle ATP Finals di Torino non fosse tra questi. ‘Fregato’, al secondo turno, dalla giornata di grazia di Alexei Popyrin, spinto sì dal servizio e dalla gente come mai in carriera ma non per questo ostacolo non gestibile per uno come il Fritz del 2022. E’ lui la grande delusione del torneo maschile. Poco da aggiungere. Tanto su cui riflettere.
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Voto 2. Jessica Pegula

Vale un po’ quanto scritto sopra, se non che per Pegula c’è l’aggravante. Mai oltre ai quarti di finale in carriera, il torneo le aveva accompagnato prima del previsto all’aeroporto Tullamarine tutte le insidie più fastidiose: dalla Jabeur alla Garcia passando – soprattutto – per Iga Swiatek. Insomma: Jessica Pegula doveva fare il passo in più, quello che in carriera era sempre mancato. E l’avversaria non era la solita Ashleigh Barty, ma una battibile – seppur rediviva – Vika Azarenka. E invece? Invece la partita più brutta da mesi a questa parte, esattamente come a Forth Woth, quando con l’attesa dei media e davanti al pubblico di casa la Pegula perse tre partite su tre alle Finals. Ma non è che questa – e non quella attuale – è la sua vera dimensione?
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Voto 1. Alla polemica sulle palline

E sono troppo veloci. E sono troppo pesanti. E volano troppo. E si sgonfiano subito. Ogni torneo ha la polemica tecnica che gli spetta. A ‘sto giro, Australian Open 2023, è toccato alla Dunlop, produttrice delle palline. Nel corso di questa edizione degli Australian Open si sono lamentati tutti, nessuno escluso. Da Nadal a Djokovic, da Murray al magazziniere che l’ha provata con l’amico della sicurezza alle 4 del mattino sul campo 19 mentre attendevano che qualcuno finisse qualcuna delle partite terminante agli orari in cui normalmente si sta al Berghain più che su un campo da tennis. Ma non è che ha ragione McEnroe quando dice “Chiacchiere sul nulla. Quando ero un tennista, ti agitavi per qualsiasi cosa. C’è troppo caldo, troppo freddo, troppo vento, gioco troppo tardi, troppo presto, la tensione delle corde è sbagliata, le palle sono pesanti…”?
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Voto 0. Agli outfit di un noto marchio

Non useremo parole, ma il contenuto di un video molto divertente. Bravi. Ai creativi del video eh, non quelli del marchio...

E gli italiani?

Avevamo già dedicato un pagellone a parte. Lo trovate qui.
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