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Volandri a Che Tempo Che Fa racconta il trionfo dell'Italia in Davis: "Abbiamo vinto perché siamo stati una famiglia"

Stefano Dolci

Pubblicato 11/12/2023 alle 10:05 GMT+1

COPPA DAVIS - Filippo Volandri, dal tavolo di Che Tempo Che Fa, riavvolge il nastro a due settimane dal magico weekend di Malaga svelando i segreti dietro un'impresa che mancava da 47 anni: "Pur non essendo mai riuscito a schierare contemporaneamente Berrettini e Sinner nella fase finale, la crescita velocissima dei giovani ha fatto la differenza. Poi da Bologna siamo diventati una famiglia...".

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A due settimane esatte dalla storica impresa a Malaga dell’Italtennis di Jannik Sinner, Matteo Arnaldi, Lorenzo Sonego e Lorenzo Musetti in Coppa Davis, l’eco di una vittoria che ha riacceso la passione per il tennis nel nostro paese e soprattutto riportato in Italia un trofeo che mancava da 47 anni non si è ancora spento. Le emozioni provate in un fine settimana speciale al termine di una cavalcata epica non accennano a placarsi come ha confidato il capitano della Nazionale azzurra, Filippo Volandri, ospite del tavolo di ‘Che Tempo Che Fa’ sul Nove. Volandri con Fabio Fazio e i suoi ospiti ha riavvolto il nastro di un percorso, che viene da lontano e provando a spiegare i valori speciali di un gruppo di ragazzi che, non solo ha saputo riaccendere la passione per il tennis negli italiani ma ha soprattutto saputo compattarsi nelle difficoltà aggrappandosi al talento dirompente della sua star (Jannik Sinner) ma anche alla determinazione e al coraggio di una squadra imbottita di giovani ma consapevole del proprio valore e delle proprie qualità.
"Sono stati giorni tostissimi, quattro ragazzi hanno esordito con me negli ultimi due anni dunque la squadra è davvero giovanissima. Nel 2021 quando ho accettato questo ruolo ho subito detto, ‘voglio un incarico di almeno cinque anni perché voglio costruire un gruppo che poi diventi una squadra’. In quel momento c’era Sinner che stava crescendo, Matteo Berrettini che era già protagonista e Musetti che aveva 19 anni. Siamo riusciti ad arrivare tre volte alla fase finale ma non sono mai riuscito a schierare contemporaneamente Berrettini e Sinner insieme in campo, con Matteo che non è mai riuscito a giocare la fase finale della Coppa Davis. Nonostante ciò la fortuna è stata che i giovani sono cresciuti in maniera velocissima. Prima Musetti poi Arnaldi quest’anno, hanno reso il mio ruolo di selezionatore complicato perché fare queste scelte è stato difficile anche se in mio soccorso è venuta la disponibilità totale che ognuno di loro mi ha dato... Anche perché mi sto accorgendo che per chi ricopre il mio ruolo, i giudizi sulle scelte sono sempre più speculari a quelli del calcio: se azzecchi la scelta e vinci ti becchi gli applausi, se sbagli e perdi la partita sei un c****e. Ormai ci ho fatto l’abitudine...”.
Volandri individua anche come il punto di svolta sia arrivato a Bologna a settembre: “La cosa più bella di lavorare con questi ragazzi è la loro disponibilità, perché in fin dei conti tu passi un miliardo di difficoltà che però compattano il gruppo. A Bologna quest’anno siamo arrivati con un po’ di polemiche, un carico ulteriore di difficoltà ma poi abbiamo toccato la parola famiglia per la prima voltae dunque siamo passati dal trasformarci da un gruppo, una squadra in una famiglia che è stata in grado di ottenere questi risultati meravigliosi”.
Volandri ha poi anche sottolineato quanto la consapevolezza dell’impresa compiuta sia cresciuta al ritorno in Italia, quando tanta gente per strada e nel quotidiano hanno travolto d’affetto Volandri e i suoi ragazzi: “Quando eravamo a Malaga sei focalizzato sull’obiettivo, poi quando raggiungi un traguardo che mancava da 47 anni ti rendi conto che sui treni, per strada chi sui cellulari chi in tv, tutti si sono goduti questa vittoria e questo ti rende veramente orgoglioso”.
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