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Players' Voice, Kvitova: "Gli ultimi anni mi hanno insegnato a non dare mai il tennis per scontato"

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Aggiornato 01/04/2021 alle 16:09 GMT+2

PLAYERS' VOICE - Le stella ceca si racconta nel nuovo episodio di Players' Voice: dal primo trofeo del Grande Slam alla paura di non poter più giocare a tennis in seguito all'aggressione subita, fino al ritorno in campo e la fine dell'incubo. Il bilancio di 10 anni ricchi di gioie, soddisfazioni ma anche molta paura e sofferenze.

Players' Voice | Petra Kvitova

Credit Foto Eurosport

Petra Kvitova ha recentemente compiuto 31 anni - dieci in più rispetto a quando vinse il suo primo Grande Slam a Wimbledon. Da quel momento, non ha mai smesso di ripetere imprese simili, diventando la No. 2 al mondo nel ranking e conquistando la medaglia di bronzo alle Olimpiadi. È dietro solo alle sorelle Williams e a Kim Clijsters nella classifica dei titoli WTA conquistati in carriera e, conquistando il proprio 28esimo trofeo nell'Open del Qatar lo scorso mese, ha mostrato di non dare alcun segnale di cedimento...
Tuttavia, la sua carriera non è stata certo priva di sfide, rischiando di vedere anche una fine prematura per una coltellata - ricevuta in seguito a un'aggressione subita nella propria casa nel 2016 - che le danneggiò gravemente i legamenti e i tendini della mano di gioco, quella sinistra. Dopo quattro ore di intervento chirurgico e cinque mesi di riabilitazione, Kvitova riuscì a tornare a giocare, ricordando al mondo del tennis la propria insormontabile forza.
Nell'ultima puntata di Players' Voice, la stella ceca si è soffermata sugli alti e bassi degli ultimi 10 anni...
Vincere il mio primo titolo del Grande Slam a Wimbledon nel 2011 è stato incredibile. Ero abbastanza giovane per raggiungere un traguardo così grande, ricordo che all'epoca non riuscivo a capire cosa questo potesse realmente significare. Ero molto contenta ma, allo stesso tempo, un po' confusa. Non riuscivo a credere a quello che era successo.
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Credit Foto Eurosport

Quando ho vinto il mio secondo titolo, tre anni dopo, fu ancora più toccante per me. Probabilmente me lo sono goduto più del primo perché ero un po' più grande e probabilmente più matura. Questa volta, sapevo cosa mi aspettava e partivo da favorita. Ricordo di essere stata davvero fiera di me per essere riuscita ad alzare di nuovo quel trofeo, è stato molto speciale.
Conquistare un terzo trofeo del Grande Slam, sarebbe un sogno. E forse è questo uno dei motivi principali per cui continuo a giocare, pur sapendo quanto possa essere difficile. Sono passati dieci anni dal mio primo titolo, posso essere solo grata che il tennis sia ancora la mia passione. Mi diverto ancora molto a giocare, e questa è probabilmente la mia motivazione più forte. Questa è la cosa più importante per me, se poi questo divertimento potrà portare ad altri grandi risultati, sarò felice di raggiungerli!
Ne ho passate tante nella mia vita, penso che gli ultimi dieci anni mi abbiano insegnato tanto. Per esempio, come non dare il tennis per scontato o, semplicemente, ad abbracciare la vita. Penso che, adesso, sia in grado di gestire molto di più anche le piccole cose.
C'è stato un tempo in cui la gente mi diceva che non avrei mai più giocato a tennis
Tra l'aggressione e il mio ritorno in campo, ci sono stati sicuramente alcuni momenti in cui si pensava fosse impossibile. Ricordo che ci fu una volta in cui la gente mi disse che non avrei mai più potuto giocare a tennis, la mia risposta fu semplice: "Voglio giocare e vi farò vedere che posso giocare ancora". Quella reazione fu un importante punto di svolta per me, mi fece capire quanto avevo bisogno del tennis nella mia vita. Anche le cose negative possono portare al bene, ed è così che provo a vedere ogni cosa: anche se succede qualcosa di negativo, io provo a trovare dei risvolti positivi.
Quando per la prima volta sono tornata a giocare, la mia mentalità in campo non era più la stessa - probabilmente perché immediatamente dopo l'aggressione non pensavo così seriamente al tennis -. All'inizio, la mia priorità era la mia stessa vita e tornare a stare bene. Ma quando ho ricominciato a giocare e ho visto che potevo tornare a competere con le migliori, non ci è voluto tanto per ritrovare la mentalità che avevo prima.
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Dopo tutto quello che è successo, dentro e fuori dal campo, se potessi mandare un messaggio alla me 21enne le direi di non prendere tutto così seriamente. Di godersi di più il tennis e tutto quello che la vita ha da offrirle, non stressandosi quando le cose sembrano non andare per il verso giusto.
Se c'è qualcosa che gli ultimi dieci anni mi hanno insegnato, è che molto può ancora accadere. Guardando avanti, ai prossimi dieci, non so se giocherò ancora a tennis, ma sicuramente vorrei avere dei bambini e una vita normale. Staremo a vedere!
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