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Venus Williams batte il razzismo: torna a Indian Wells dopo 15 anni

Daniele Fantini

Aggiornato 01/03/2016 alle 20:21 GMT+1

“Ma ci sono certe cose che non si possono dimenticare, soprattutto se succedono quando si hanno 20 anni” racconta la maggiore delle sorelle Williams ricordando gli insulti razzisti ricevuti per il forfait in semifinale contro Serena

Venus Williams of the US waves to the audience after winning the women's singles semi-final match against Roberta Vinci of Italy at the WTA Elite Trophy in Zhuhai, southern China's Guangdong province on November 7

Credit Foto AFP

L’ultima volta in cui Venus Williams calca il campo di Indian Wells è l’ormai lontanissimo 2001. Venus ha 20 anni, e ha appena battuto la russa Elena Dementieva conquistandosi un posto per la semifinale dove incrocia la sorella, Serena. Quel match, però, non viene mai giocato, perché Venus dà forfait per un problema al ginocchio, lasciando strada libera a Serena per raggiungere la finale, poi vinta in tre set sulla belga Kim Clijsters.
Da quel giorno in poi, Indian Wells è tabù per le due sorelle, affrante e distrutte da una tremenda tempesta di insulti razzisti piovuti in maniera violentissima dalle tribune per quel match ritenuto “falsato”. Richard Williams, il papà di Venus e Serena, ricorda ancora quando, passeggiando per sedersi a bordocampo, sente chiaramente il pubblico apostrofare lui e le figlie con l’appellativo “negri” e vede, di fronte a sé, un signore sollevarsi di scatto e urlargli in faccia: “Mi piacerebbe che fossimo ancora nel 1975, così vi avremmo scuoiati vivi!”.
Serena è tornata a Indian Wells l’anno scorso, interrompendo uno iato lungo 14 anni, e ora, un anno dopo, è arrivato il turno di Venus: prima, però, la più anziana delle sorelle ha voluto affidare a carta e penna le sue emozioni e i suoi ricordi più profondi.
“Essendo la sorella maggiore mi sono sempre ritenuta quella con le responsabilità più grandi - racconta -. Sapevo quello cui Serena sarebbe andata incontro: debuttare da tennista professionista, crescere di fronte alle telecamere, mettere pubblicamente a nudo la propria vita da teenager di colore. E sapevo che sarebbe stato duro. E sapevo anche quanto mi sarebbe piaciuto poter avere una sorella maggiore al mio fianco durante il mio primo anno da professionista, per cui ero ancora più orgogliosa del fatto che Serena avrebbe potuto contare sempre su di me”.
“Ricordo il dolore che sentivo al ginocchio, e quanto avrei voluto giocare in semifinale contro Serena prima di rendermi definitivamente conto che non ce l’avrei mai potuta fare. Ricordo le accuse e gli insulti arrivati a me, a mia sorella, a nostro padre. Ricordo la reazione del pubblico, mentre mi sedevo in tribuna, durante la finale di Serena. E ricordo ancora come non riuscivo a capire il perché migliaia di persone si stessero comportando in quel modo di fronte a due ragazze di 19 e 20 anni che stavano cercando di dare il meglio di loro. Ci sono certe cose che non si possono dimenticare, soprattutto se succedono quando si hanno 20 anni”.
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