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Cancellate le gare dello Zenit, serve una bolla? Perché sì e perché no

Eurosport
DaEurosport

Aggiornato 13/10/2020 alle 12:25 GMT+2

La cancellazione delle partite dello Zenit San Pietroburgo contro Baskonia e Valencia per l'elevato numero di casi di coronavirus tra giocatori e staff apre la questione: l'Eurolega dovrà seguire il modello NBA e organizzare la propria stagione all'interno di una o più bolle sparse per l'Europa? Analizziamo i pro e i contro dell'eventualità.

A general view of Yubileyny Sports Palace during in action during the 2020/2021 Turkish Airlines EuroLeague Regular Season round 2 match between Zenit St Petersburg and FC Barcelona

Credit Foto Getty Images

Di Daniele Fantini e Davide Fumagalli. Le due trasferte spagnole dello Zenit San Pietroburgo sono state cancellate. La squadra russa non giocherà contro Baskonia e Valencia in quelle che sarebbero dovute essere le giornate 3 e 4 della stagione di Eurolega, in programma rispettivamente martedì 13 e giovedì 15 ottobre: lo Zenit ha registrato diversi casi di positività al coronavirus tra giocatori e staff negli scorsi giorni e non ha a disposizione il numero minimo di 8 elementi per poter scendere in campo, come previsto dal protocollo in vigore in questa stagione. Eurolega ha rifiutato la richiesta di rinvio e passato la questione nelle mani del giudice sportivo che, sempre seguendo le linee del protocollo, dovrebbe decretare le sconfitte a tavolino per 20-0, come già successo la scorsa settimana in Eurocup per la partita tra Olimpia Lubiana e Bursaspor.
La decisione, molto amara per l'intero movimento, apre a una riflessione: con l'eventualità che altre situazioni del genere possano ripresentarsi nelle prossime settimane e falsare il campionato, avrebbe senso disputare la stagione all'interno di una "bolla" come fatto dalla NBA alla ripresa delle operazioni ad agosto dopo il lungo stop per la pandemia? Nel protocollo-covid, Eurolega ha specificato come la bolla sia contemplata come "ultima soluzione" per evitare un'altra cancellazione dell'annata sportiva.

Bolla in Eurolega: perché sì

"La bolla è l'ottava meraviglia del mondo. Per tre mesi è stato il posto più sicuro del pianeta. Siamo stati tutti testati ogni giorno. Zero casi positivi". - Tim Reynolds, giornalista AP.
Il numero di casi di positività al Covid in questo inizio di stagione europea, tra Eurolega ed Eurocup, è in costante aumento, le squadre devono fare la conta per capire quante persone hanno a disposizione tra giocatori e staff, e a questo punto c'è il rischio che gli 0-20 a tavolino, le partite con un numero minimo di tesserati e tanti ragazzini al seguito, e addirittura le rinunce ad andare in trasferta per ridurre le spese, diventino qualcosa in più di un'eccezione. ECA (Euroleague) non può permettersi una cosa del genere, è un'organizzazione che "produce" il massimo livello di basket europeo e non può permettersi che il "prodotto" venga impoverito, anche perché la quantità di introiti in ballo è piuttosto rilevante tra sponsorizzazioni e diritti televisivi.
Visto che l'Eurolega guarda ormai da anni alla NBA come modello, avrebbe dovuto pensare seriamente a costruire un'alternativa alla "bolla" che Adam Silver e la sua organizzazione hanno messo assieme a Disney World, in Florida. Un ecosistema che si è rivelato perfetto, praticamente senza sbavature, dove tutti, giocatori, allenatori, membri degli staff e anche i giornalisti, hanno vissuto senza rischi per oltre tre mesi: ovviamente non avere contatti con l'esterno diventa frustrante e alienante, pur con tutti i comfort dei resort e delle strutture, ma è altrettanto ovvio che il rischio di contagio è sostanzialmente azzerato e si può condurre una vita quasi normale portando a termine il lavoro in sicurezza. La bolla NBA è chiaramente l'esempio più alto e anche più difficilmente replicabile, però ci sono anche gli esempi della Liga ACB e della Bundesliga che lo scorso giugno hanno organizzato e portato a termine una fase finale del campionato rispettivamente a Valencia e Monaco di Baviera, concentrando tutte le squadre impegnate nello stesso luogo e facendo loro frequentare le stesse strutture.
Jordi Bertomeu e Euroleague avrebbero dovuto pensare a qualcosa del genere, hanno avuto diversi mesi per pianificare la messa in piedi di una o più bolle in giro per l'Europa, e per dialogare con le singole leghe dei campionati nazionali per mettere a punto un calendario flessibile che permettesse alle 18 squadre della stessa Eurolega di giocare per un periodo più o meno lungo gare solo di questa competizione. O almeno assemblare un calendario che non fosse così fitto e che avesse degli spazi per posticipare o recuperare gare saltate: si è sottovalutato il problema, si è pensato che il Covid magicamente sparisse o che a settembre ci sarebbe stato un vaccino che permettesse di tornare alla vita di sempre. Invece no, il virus è diventato qualcosa con cui dover convivere e, in attesa di una soluzione per debellarlo, bisogna attuare dei modi per tenerlo lontano: evitare troppi viaggi, troppi spostamenti, troppi contatti, è l'unica soluzione e quindi ecco che la "bolla", diventa davvero la più realistica strada percorribile.
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Marco Belinelli: "La bolla NBA è una cosa incredibile"

Bolla in Eurolega: perché no

"La bolla è stata dura. Solitaria. Deprimente. Esasperante". - Tim Reynolds, giornalista AP
Prima, una premessa sanitaria. Per quanto la ricerca di vaccini e medicinali prosegua a ritmo costante e spedito, le previsioni disegnano un mondo-covid per altri due anni. La società si sta adattando alla convivenza con il virus, e così dovrà fare, giocoforza, anche lo sport. Eurolega, così come tutti gli altri enti sportivi nazionali e internazionali, ha fatto un enorme lavoro per rimettere in moto l'organizzazione e un nuovo campionato tutelato da un protocollo: va prima di tutto fatto un plauso a ECA e alle società sportive che ci permettono di poter fruire di una nuova stagione di basket ad alto livello, con la consapevolezza, però, che i casi di infezione tra giocatori e staff sono e saranno inevitabili con impossibilità di base di vivere un campionato "regolare" per come l'abbiamo sempre inteso nel mondo pre-covid.
Veniamo ora alla questione bolla. NBA ed Eurolega non sono comparabili a livello organizzativo. La NBA è un mondo a sé stante e super partes, l'unico esistente negli States e inserito in una singola seppur grandissima nazione, gestita da un solo ente governativo. L'Eurolega deve necessariamente confrontarsi con le realtà locali delle squadre che la compongono: i club giocano i rispettivi campionati nazionali con obiettivi molto importanti e le situazioni sanitarie, con annesse misure prese dai vari governi centrali per contrastare la pandemia, variano da Paese a Paese.
Costruire una bolla in questo momento danneggerebbe i campionati nazionali, che si ritroverebbero privati delle squadre di punta se queste dovessero optare per una competizione o l'altra, oppure costretti a ridisegnare il calendario con recuperi "a blocchi" in modo da riaccogliere le stesse squadre una volta uscite dalla bolla di Eurolega: per l'Italia sarebbe un problema relativo, essendoci un solo club interessato (Milano), ma ricordiamo che la Spagna ne ha quattro, la Russia tre, la Germania e la Lega Adriatica due.
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Alex Poythress, #22 of Zenit St. Petersburg in action during the 2020/2021 Turkish Airlines EuroLeague Regular Season round 2 match between Zenit St Petersburg and FC Barcelona at Yubileyny Sports Palace on October 09, 2020 in Saint Petersburg

Credit Foto Getty Images

Vero, una bolla permetterebbe il regolare svolgimento del campionato con le squadre complete (al netto degli infortuni), ma dall'altro lato rischierebbe di danneggiare l'Eurolega stessa in visibilità ed esposizione. Dividere la stagione in due-tre spezzoni concentrando un numero elevato di partite nella stessa arena e in un breve lasso temporale genererebbe anche dei pericolosi "vuoti" in cui il torneo scomparirebbe da ogni radar mediatico: un conto è creare un hype ininterrotto tra ottobre e maggio, un altro vivere di acuti alternati a periodi di dimenticatoio totale.
Merita considerazione anche il fattore campo, per i tifosi e gli stessi giocatori. La bolla NBA è stata un luogo totalmente asettico, ripetitivo, monocorde e, alla lunga, stancante. Anche vista a porte chiuse o con poche centinaia di spettatori sugli spalti, la partita casalinga ha un fascino impareggiabile: sia per i fan, che vedrebbero la squadra giocare comunque "a casa" e non in un palazzo a centinaia di km dalla parte opposta d'Europa, sia per i giocatori, calati in un contesto più confortevole sul piano emotivo.
Ultimo, ma non per importanza, la tenuta mentale di giocatori e staff, i veri protagonisti dello spettacolo. Vivere per due mesi isolati e lontani da tutto, dalle proprie famiglie, dalle proprie case, dai propri interessi extra-cestistici, sarebbe sostenibile a livello psicologico e/o eticamente corretto, essendo l'unica categoria professionale costretta a farlo? Restiamo affascinati e increduli di fronte ai racconti di chi ha vissuto la bolla NBA, ma tendiamo a dimenticarci altrettanto facilmente che sono anche loro parte di un sistema che li indottrina a tenere un certo atteggiamento in pubblico.
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