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"Ci contesti? Abbonamento requisito". La censura del Charlton alle proteste di un tifoso

Stefano Fonsato

Aggiornato 23/08/2016 alle 19:24 GMT+2

Scoppia la polemica in Inghilterra sull'atteggiamento del club di Greenwich nei confronti di un supporter che si era espresso duramente sui social in merito alla (multi)proprietà di patron Roland Duchâtelet: una lettera con proposta di firma di un contratto comportamentale in cambio del consueto abbonamento già sottoscritto dal fedele sostenitore. "Scenari da Corea del Nord", si è scritto.

La protesta dei tifosi del Charlton Athletic contro Roland Duchâtelet e Katrien Meire. L'invasione di campo dopo l'ultimo match della Championship 2015-2016 contro il Burnley (LaPresse)

Credit Foto LaPresse

"Scrivi male della nostra società? E noi ti revochiamo l'abbonamento". Perdersi in luoghi comuni è di per sé sbagliato. Certo, l'ultimo posto a cui si attribuirebbe un concetto simile non è certo l'Inghilterra e quel calcio talmente aperto al mondo da riuscire vendere i propri diritti di trasmissione su scala globale.

Il ricatto morale

Eppure il ricatto morale si è consumato proprio in uno dei più importanti club di Londra, il Charlton Athletic, in Premier League ai tempi di Paolo Di Canio (e non solo, ovviamente), che al termine della scorsa stagione ha patito una dolorosa retrocessione in League One, la terza serie.
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La protesta dei tifosi del Charlton Athletic contro Roland Duchâtelet e Katrien Meire (LaPresse)

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E' successo, in questi giorni, che uno dei tanti tifosi degli Addicks in protesta contro l'attuale proprietà sia stato pesantemente redarguito dal club del The Valley dopo una sua dura protesta sui social network. Trattasi peraltro di un fedelissimo, un contabile 27enne che quest'estate - senza condizioni e condizionamenti di risultato - ha sottoscritto il suo tredicesimo abbonamento consecutivo, del valore di 175 sterline.

La lettera: "O ti calmi oppure niente abbonamento"

Così, poco prima dell'inizio del campionato il supporter in questione, che ha voluto restare anonimo di fronte all'enorme eco che questa storia ha avuto in tutta la Gran Bretagna, si è visto recapitare una lettera dall'ufficio relazioni con i tifosi direttamente dal Charlton Athletic, con tanto di carta intestata: "Abbiamo identificato i suoi commenti di protesta contro la proprietà. Pur riconoscendo che tutti hanno il diritto alla propria opinione - si legge nella lettera -, le sue parole infuocate sui social non sono per noi di aiuto. La invitiamo a scusarsi e le facciamo presente che, per la conferma del suo abbonamento annuale, dovrà firmare un contratto di accordo comportamentale (quello che viene definito un ABC, Agreed Behavioural Contract, ndr), con cui le chiediamo di mantenere un atteggiamento corretto e non offensivo nei nostri confronti". Apriti cielo.

Il tifoso si è calmato. Ma l'opinione pubblica si è scatenata

Non tanto per la controreazione del tifoso, rimasto basito e spaventato dal pomposo foglio di carta trovato nella buca delle lettere, al punto da cancellare i suoi commenti e scusarsi accettando le condizioni del club. Quanto per l'opinione pubblica, che si è letteralmente scatenata contro il club di Greenwich. Su twitter sono addirittura apparse bandiere della Corea del Nord con il volto dell'amministratore delegato Katrien Meire, donna di fiducia di Roland Duchâtelet, uomo d'affari belga numero uno del Charlton così come di altri club come lo Standard Liegi e il Sint-Truiden in patria, il Carl Zeiss Jena in Germania, l'Alcorcon in Spagna e l'Újpest in Ungheria. Facile prefigurare una politica basata sulle plusvalenze, sul potere di mercato coi giocatori spostati da un club all'altro.

Charlton come Leeds

Duchâtelet viene contestato dalla gran parte dei tifosi, che lo ritengono un intruso "buono solo a difendere gli interessi personali, anziché quelli del Charlton", come si legge di continuo nei messaggi di protesta. Dello stesso tenore, tanto per intenderci, di quella attuata dai supporter del Leeds United nei confronti di Massimo Cellino.

L'altra Inghilterra

Già, nel'Inghilterra calcistica tanto osannata dal punto di vista dello spettacolo e del confezionamento del prodotto pallonaro, non è proprio tutto rose e fiori. E i tifosi del Charlton sono speciali: sono quelli che si sono battuti per riportare a casa la propria squadra, ospitata dal 1985 al 1992 da Crystal Palace al Selhust Park: fondarono un movimento politico da 15mila persone per poter recuperare il "The Valley" ridotto a quei tempi in stato di degrado ed abbandono. Da lì iniziò l'era Alan Curbishley.

La protesta senza colori...

Orgogliosi dei propri colori. Tanto da non utilizzarli per il loro dissenso: per questo hanno scelto il bianco e il nero. Tanto nero. Utilizzato per inscenare il funerale del club poco prima del match interno di Championship contri il Middlesbrough lo scorso 23 aprile. Oppure a inizio maggio, dopo l'invasione di campo al termine della partita contro il Burnley: da una parte, i festeggiamenti per la vittoria del campionato e il pronto ritorno in Premier League, dall'altra la desolazione dei tifosi Addicks che sventolano lo striscione: "Roland and Katrien: we want you out!".
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La protesta dei tifosi del Charlton Athletic contro Roland Duchâtelet e Katrien Meire (LaPresse)

Credit Foto LaPresse

...e le magliette col pettirosso

La solidarietà dei tifosi di tutta l'Inghilterra dopo l'episodio di censura nei confronti del contabile 27enne, ha ulteriormente incoraggiato la protesta del comitato del C.A.R.D. (The Coalition Against Roland Duchâtelet) ad andare avanti. Per la prossima sfida al "The Valley", in programma sabato pomeriggio contro il Bolton (altra nobile incredibilmente decaduta, tra debiti e situazioni grottesche) verranno distribuite 1000 magliette in bianco e nero di protesta con il numero 12 e il vecchio simbolo: al posto della spada di St. Paul, il pettirosso che li accompagnò nell'unica vittoria di Fa Cup nel 1947 contro il Burnley.
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