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VAR: un bilancio alla fine della prima stagione, cosa va e cosa va migliorato

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DaEurosport

Aggiornato 22/05/2018 alle 14:17 GMT+2

Al termine del primo campionato di Serie A contraddistinto dall'utilizzo della tecnologia tracciamo un bilancio: la VAR ha portato benefici da cui bisogna ripartire, ma guai ad accontentarsi. Protocollo e direttive più chiare sono la prossima scommessa per ridurre ulteriormente gli errori e progredire anche in futuro.

Daniele Orsato in Inter-Juventus - VAR - Serie A 2017-2018

Credit Foto LaPresse

La Serie A 2017-2018 verrà ricordata come la prima stagione della VAR in Italia, una rivoluzione e un nuovo modo di arbitrare che dalle prime giornate ha suscitato perplessità, polemiche e dibattiti. Ora che il campionato è andato in archivio possiamo tracciare un bilancio della tecnologia applicata al calcio soffermandoci su cosa di buono ha lasciato, materia da non disperdere in vista della prossima stagione, e su cosa, invece, va migliorato.

Cosa funziona: meno errori, timing rispettato

La prima perplessità suggerita anche dai tecnici era il tempo. La VAR snaturerà il gioco per come lo abbiamo sempre conosciuto? La risposta è no. Nelle prime giornate è servita un po’ di pratica per mettere a punto la comunicazione tra varisti e arbitri di campo, una questione di abitudine risolta in poche settimane: nelle prime tre giornate si perdeva in media un minuto e 22 secondi, nelle prime sei 40 secondi e alla fine si è arrivati a 31,5 secondi (dati FIGC). Per quanto riguarda l’on field review, la correzione della prima decisione dopo l’analisi del direttore di gara davanti al monitor, si sono dimezzati i tempi: da 2 minuti e 35 secondi (primi tre turni) a 1 minuto e 40 secondi (primi sei) a 1 minuto e 22 secondi. Il tutto senza incidere sul tempo effettivo di gioco: +43 secondi di gioco effettivo rispetto alla stagione 2016-2017 (+2 minuti rispetto al 2015-16), mentre il recupero è aumentato soltanto di 13 secondi rispetto al campionato 2016-17.
Insomma, chi si aspettava gare interminabili si è dovuto ricredere. L’unica tassa da pagare è l’esultanza strozzata, ma ormai anche i tifosi si stanno abituando. Quel che conta di più, però, è la diminuzione degli errori: dal 6,05% di fischi sbagliati senza VAR la percentuale è precipitata allo 0,98% con un lampante calo di falli, espulsioni (quasi azzerate quelle per proteste) e ammonizioni, a fronte di un aumento dei rigori concessi e di una drastica riduzione delle proteste (anche in generale) e delle simulazioni.
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VAR system 2018

Credit Foto Getty Images

Cosa bisogna migliorare: direttive e protocollo

Il miglioramento di questo importante strumento passa da direttive più chiare che consentano ad arbitri e addetti Var di sapere quando intervenire e quando, invece, limitarsi alla decisione del campo senza esitazioni. Il protocollo genera confusione nella sua formulazione – è scritto male e non ci stancheremo mai di ripeterlo – e l’aggettivo chiari abbinato a errori è troppo vincolante. Il termine “chiaro” è stato introdotto per limitare il campo d’intervento, ma gli errori sono errori e definirne uno lampante e un altro normale, e quindi in qualche modo accettabile e non passibile di revisione, è pur sempre discrezionale.
Ci sono poi i quattro casi canonici da inquadrare: gol, rigori, espulsioni dirette e scambi di persona. Il protocollo va rispettato e la VAR non dovrebbe entrare in gioco né su un primo né su un secondo giallo per decretare un’espulsione, a meno che l’arbitro non abbia visto l’episodio o non sia lui stesso a chiedere aiuto ai colleghi perché, magari lontano dall’azione o semplicemente “impallato”, non ha potuto giudicare correttamente. Accorgimenti necessari per migliorare ancora. Vedremo cosa succederà ai Mondiali dove avremo tre Var (Orsato, Irrati e Valeri) ma soprattutto il meglio della nostra classe arbitrale in campo (Gianluca Rocchi e gli assistenti Elenito Di Liberatore e Mauro Tonolini). In Russia ci sarà un dispendio di energie enorme, quattro specialisti VAR e quattro operatori in una sala operativa centralizzata (VOR). Speriamo ne valga la pena e poi ci ritufferemo nel nostro orticello dove le polemiche non mancheranno, anche se la rivoluzione è (per fortuna) inarrestabile.
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