Perché il Milan di Ibrahimovic può credere allo Scudetto
Aggiornato 02/11/2020 alle 15:25 GMT+1
La gara di Udine ha messo in mostra un lato inedito dei rossoneri, che stanno imparando a vincere anche le partite più rognose e ostiche. I risultati utili consecutivi in gare ufficiali salgono a 24 e in campionato, nell'era dei 3 punti, solo Capello e Ancelotti erano riusciti a vincere 5 delle prime 6 partite. È lecito considerare il Milan una pretendente al titolo? Proviamo a rispondere.
Concentriamoci sugli ultimi minuti di Udinese-Milan. Una partita rognosa per i rossoneri, imbrigliati dai friulani e incanalati verso un tutto sommato anonimo 1-1. Una partita che, in altri tempi, il Milan non avrebbe vinto. Anzi, che forse addirittura avrebbe perso. Ma in altri tempi Zlatan Ibrahimovic non c'era. Perché sì, con Ibra è tutto più semplice: è bastata una sua zampata su un pallone vagante e apparentemente perso per ribaltare il tavolo e consegnare altri 3 punti pesanti alla squadra di Pioli, in testa alla classifica con pieno merito dopo 6 giornate. Siamo all'alba del campionato, ma la domanda è lecita: questo Milan può essere inserito nelle pretendenti allo Scudetto? Proviamo a rispondere partendo proprio dal suo uomo simbolo: Zlatan Ibrahimovic.
Ibra, collezionista di Scudetti
Il Milan ha comprato Ibrahimovic soprattutto per due motivi: alzare il tasso tecnico e di personalità della squadra, e vincere partite come quella di Udine. Se riavvolgiamo il nastro, ci accorgiamo che sono tantissime le occasioni nelle quali i rossoneri, senza lo svedese, hanno sbattuto contro il muro eretto dagli avversari senza riuscire a sfondarlo. È capitato anche nell'era Pioli: si pensi allo 0-0 col Sassuolo e all'1-1 col Verona della passata stagione. Ma ora, con un Ibra in più nel motore, aumentano le soluzioni offensive e sbloccare il risultato è oggettivamente più facile. La squadra, un tempo timida e ansiosa prima, adesso sa che prima o poi il gol arriverà. Una consapevolezza maturata grazie anche all'ottimo lavoro di Stefano Pioli e che in campo si è consolidata con la presenza di Ibrahimovic. Attenzione, lo svedese non perde occasione di ripeterlo: porsi limiti non è nel suo stile. E per un giocatore che in carriera ha vinto la bellezza di 11 titoli nazionali in giro per l'Europa, la parola Scudetto non potrà mai essere tabù. Nemmeno in una squadra che, sulla carta, non è certo partita per lottare per il primo posto.
Ibra, 11 titoli in carriera
Squadra | Scudetti vinti e stagione |
Ajax | 2 (2001-02, 2003-04) |
Inter | 3 (2006-07, 2007-08, 2008-09) |
Barcellona | 1 (2009-10) |
Milan | 1 (2010-11) |
Paris Saint Germain | 4 (2012-13, 2013-14, 2014-15, 2015-16) |
Totale: 11 |
Ma dietro Ibra non c'è il vuoto...
Non bisogna commettere l'errore, tuttavia, di ridurre il Milan a Zlatan Ibrahimovic. Oltre al gigante svedese, infatti, c'è qualcosa di più. Ci sono ad esempio meccanismi di gioco ormai collaudati, una mentalità offensiva che porta la squadra a cercare sempre il gol e a difendersi in maniera intelligente e ordinata. C'è soprattutto, rispetto al recente passato, una rosa più profonda e competitiva. Non dimentichiamoci che per lungo tempo il Milan ha dovuto fare a meno di giocatori come Romagnoli e Rebic, non proprio le ultime ruote del carro, e che in difesa gli uomini sono tuttora contati.
Ma gli innesti operati in estate, da Tonali a Diaz, da Dalot a Hauge, hanno dato a Pioli una panchina più lunga e la possibilità di effettuare consistenti rotazioni tra campionato ed Europa League. Con risultati decisamente apprezzabili (almeno finora) considerato che i 27 gol messi a segno finora dal Milan in gare ufficiali portano la firma di 11 giocatori diversi.
La cooperativa rossonera del gol
Giocatore | Gol |
Zlatan Ibrahimovic | 8 |
Hakan Calhanoglu | 4 |
Leao | 3 |
Brahim Diaz | 3 |
Alexis Saelemaekers | 2 |
Frank Kessie | 2 |
Theo Hernandez | 1 |
Rade Krunic | 1 |
Jens Petter Hauge | 1 |
Diogo Dalot | 1 |
Lorenzo Colombo | 1 |
La cabala: Pioli come Capello e Ancelotti
La partenza del Milan in campionato è riassunta da un dato su tutti: i rossoneri hanno vinto 5 delle prime 6 partite, pareggiando solo contro la Roma nel rocambolesco 3-3 del Monday Night della scorsa settimana. Nell'era berlusconiana questo exploit in avvio di stagione si era verificato solo in due occasioni: nel 1993-94 con Fabio Capello in panchina e nel 2003-04 sotto la guida di Carlo Ancelotti. In entrambe le circostanze il Milan si era laureato campione d'Italia a fine stagione. E intanto la striscia di partite ufficiali senza sconfitta si allunga: dopo Udine il conto sale a quota 24.
Conclusione: sognare è lecito, ma...
Se ai numeri aggiungiamo l'elemento psicologico, ovvero che il Milan non è costruito per vincere subito e quindi su Romagnoli e compagni non ci sono le stesse pressioni che si registrano in altri lidi (vedi Juventus e Inter), e se mettiamo sul piatto della bilancia l'eccezionalità del momento (con partite che si giocano in stadi desolatamente vuoti e con il Covid-19 che - purtroppo - condiziona le scelte degli allenatori), parlare di un Milan da Scudetto (o comunque da primi posti) non pare un'eresia. Serve, però, uno step ulteriore: a gennaio la società è chiamata a compiere uno sforzo rafforzando centrocampo e difesa, reparti numericamente ridotti e che difficilmente potranno garantire questo rendimento fino alla prossima primavera.
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