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Rebellin

DaTutto Bici

Pubblicato 29/04/2009 alle 15:53 GMT+2

La positività di Rebellin riporta prepotentemente alla ribalta il doping nel ciclismo. Purtroppo...

L'ennesima figura di palta. L'ennessima badilata di letame in faccia alla credibilità di uno sport che ormai di credibile ha solo le menzogne. Quando dicono che è tutto ok, quando ti assicurano che le medie sono calate (e non è vero), che all'interno del gruppo si è cambiato registro, che bisogna ripartire dai giovani, anzi no, dai vecchi. Quando vengono beccati sia gli uni che gli altri, quando sia gli uni che gli altri negano anche l'evidenza e poi attaccano con il disco del vittimismo, del così fan tutti, degli altri sport che non vengono controllati quanto il ciclismo, non date loro più retta. Ci prendono bellamente per i fondelli.
E non attacchiamo il motivetto dei giornalisti, dei giornali, dell'informazione che vuole gli eroi, di voi sportivi, di noi sportivi che li vogliamo forti e belli, sempre e comunque. Noi vorremmo semplicemente che andassero per davvero, come vogliono vogliono, tanto uno per primo al traguardo ci arriverà sempre. Non ci interessano le medie, vorremmo solo che il livello medio di questo sport fosse più credibile e alto.
E quando ti dicono non sono così stupido da farmi beccare , non sono così stupido da rischiare tutto a vent'anni, non sono così tonto da gettare tutto alle ortiche a quasi 40, non sono così imbecille da rischiare la vita, da mettere a repentaglio tutto: sì, lo sono.
E non stateli a sentire quando con quel sorrisino ebete e la faccia strafottente ti domandano: ma che interesse avremmo a farlo? Ah, che interesse? Un milione di euro di interessi possono bastare? Se è per questo forse sono sufficienti anche 500 mila: a me sembrano degli ottimi interessi, soprattutto se si considera che ci sono atleti nel mondo che si dopano anche gratis. Quando nelle gran fondo il ciclista della domenica si gonfia come uno zampone. Quando ex professionisti cacciati per doping vanno a fare i fighi nelle granfondo per battere il signor Rossi o il signor Bianchi.
Quando si vedono certe cose, tutto è possibile.
E' vero, la nostra società è malata ma il nostro sport, purtroppo, è il manifesto del degrado etico e culturale. Il ciclismo non vuol capire. Non vuol capire che la lotta al doping è diventata a tutti gli effetti una faccenda seria, remunerativa, un vero business, al pari del doping. Quindi, anche solo per questa ragione, si dovrebbe mettere un punto. Questo è il punto.
Voltare pagina, capire che il tempo della ricreazione è finita, che non si scherza più, che non abbiamo più nessuno di noi l'anello al naso. E allora lo dico, senza tanti giri di parole: domenica alla Liegi abbiamo assistito ad uno spettacolo imbarazzante. Imbarazzante per il semplice fatto che visto e considerato che non metto più da tempo la mano sul fuoco per nessun corridore, e quindi temo che tutti, facciano ricorso agli aiutini, quel fenomeno che ha stravinto domenica la Liegi come se tutti gli altri fossero dei nani, non mi convince neanche un po'. Non mi convince lui, suo fratello, la sua squadra, il suo team-manager e le istituzioni che contro di lui, suo fratello, la sua squadra, il suo team-manager non hanno mosso un solo dito.
Anzi, il Tour (sfregiato dal team manager bugiardo), li accoglie sempre con grande trasporto. Così come fa per lo spagnolo simbolo di un ciclismo che non capisce e non ce la fa proprio a voltare pagina. Con il rischio che qualcuno, alla fine, si stanchi e quella pagina la strappi. Definitivamente.
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