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Olimpiadi invernali - Savchenko Savchenko sul caso Valieva e sugli allenatori: "Mi sparavano con la pistola ad acqua"

Eurosport
DaEurosport

Aggiornato 20/02/2022 alle 09:25 GMT+1

La campionessa olimpica delle coppie di artistico di PyeongChang 2018, intervistata dai colleghi di Eurosport Germania, rivela che a volte capita di imbattersi in allenatori con metodi dal pugno di ferro come quello di Eteri Tutberidze, allenatriche di Kamila Valieva ed entrambe protagoniste di una scena che ha fatto molto parlare alla fine del programma lungo femminile.

Pyeongchang 2018 - Aliona Savchenko and Bruno Massot of Germany

Credit Foto Getty Images

Il caso legato a Kamila Valieva ha scosso l’opinione pubblica, sia per la questione legata al doping, sia per com’è andata la gara femminile. In molti, poi, sono rimasti stupiti dalla reazione della discussa allenatrice della giovne russa, Eteri Tutberidze, che invece di consolare la ragazza già in lacrime ha rincarato la dose, appena Kamila è uscita dalla pista.
Tra i tanti che si sono espressi c’è anche Aliona Savchenko, pattinatrice di coppia tedesca che a PyeongChang 2018, dopo una lunghissima carriera, ha vinto l'oro insieme a Bruno Massot. Aliona ha rilasciato un'intervista ai colleghi di Eurosport.de in cui ha raccontato episodi brutti del suo passato di atleta, nata ucraina e poi naturalizzata.
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"Perché hai smesso di lottare?" La dura reazione della coach di Valieva

Il supporto a Valieva

Si parte dunque dall'atteggiamento della coach russa, che Savchenko stigmatizza perché l'allenatore, da atleta, è il tuo punto di riferimento più alto: "Ti fidi così tanto di quella persona, dai il tuo corpo, la tua vita. E quando sogni di vincere le Olimpiadi, dai il massimo. E ascolti il tuo allenatore. Forse è anche un segno che qualcosa deve cambiare. Se ciò non fosse accaduto, le cose sarebbero andate avanti così. Ci vuole più professionalità quando si ha a che fare con i bambini. Ci devono essere allenatori ben preparati professionalmente, soprattutto per quanto riguarda la sfera psicologica. E ci deve essere più lavoro di squadra, solo come squadra puoi raggiungere grandi obiettivi".
A proposito del caso Valieva, ad Aliona basta poco pr trarre le proprie conclusioni: "Conosco la mamma di Kamila e le ho anche parlato. È una donna con i piedi per terra che vuole il meglio per sua figlia e dà tutto per questo. Non so quanta influenza abbia sulla squadra. Non so dire com'è l'allenatrice, l'ho solo osservata. Mi è bastato".

L'esperienza personale

Savchenko sa di che cosa sta parlando. Lei stessa, in prima persona, è stata vittima di violenze fisiche e psicologiche da parte dei alcuni dei suo allenatori. Un racconto agghiacciante, ma purtroppo non nuovo a chi segue gli sport artistici di alto livello (perché anche nella ginnastica o nei tuffi si verificano episodi simili).
Avevo allenatori che mi avrebbero colpito in testa con i paralama se avessi fatto qualcosa di sbagliato. Ho avuto allenatori che sparavano con pistole ad acqua nella fredda pista di pattinaggio. Ho avuto allenatori che ci hanno dato poco cibo. A volte era come una punizione: alzarsi la mattina, prima pesarsi, poi mangiare un po', mangiare un'insalata a pranzo e niente la sera. Ci sono stati momenti in cui avevamo fame. Di nascosto chiedevamo cibo in mensa, rubavamo qualcosa qua e là e mangiavamo nascosti. Non c'era altro modo. Sì, devi essere disciplinato se vuoi ottenere qualcosa. Ma devi anche conoscere i tuoi limiti. C'era anche un allenatore che mi ha costretto ad allenarmi, anche se il mio corpo non ce la faceva. Siamo esseri umani e non macchine.
La questione del peso, poi, a livello femminile è particolarmente critica, in particolar modo per chi pattina in coppia e non deve gravare sul partner per quanto riguarda i sollevamenti. E infatti molti allenatori inducono alla fame i propri atleti, o con i loro metodi li spingono purtroppo verso dei disordini alimentari che potrebbero segnare la loro vita. Ad Aliona è accaduto: "'Devi perdere peso. Sei troppo grassa!', mi diceva un allenatore - Allora gli ho detto: 'Va bene, come dovrei perdere peso?' Mi risposto: 'Se mangi, vomiti. Mettiti due dita in bocca. Fortunatamente, a quel punto ero già consapevole che non mi era permesso essere trattata in quel modo. Naturalmente, i bambini di 13, 14 o 15 anni lo sanno".

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