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Tennis, Australian Open - Zverev e quello Slam che non arriva mai. Berrettini, si può sognare?

Riccardo Eger

Aggiornato 23/01/2022 alle 20:59 GMT+1

AUSTRALIAN OPEN - Alexander Zverev è stato tradito da uno dei suoi soliti cali psicologici, che continua a trascinarsi dietro nonostante sia nei vertici del tennis da diverso tempo. Per questo motivo tarda una sua affermazione a livello Slam. Il tabellone perde il suo secondo favorito, e adesso nella parte alta Berrettini sogna l'impresa.

Alexander Zverev.

Credit Foto Imago

La notizia è che il tabellone maschile degli Australian Open perde il suo secondo favorito, brutalmente eliminato da Shapovalov. A renderla ancora più rilevante per gli appassionati è il modo in cui questa sconfitta è avvenuta: un'impietosa performance sul piano tecnico, con il tedesco riluttante alla lotta e incapace di opporre resistenza a uno Shapovalov che ha sempre dominato pur giocando in maniera molto perfettibile. Questa l'opinione di Boris Becker ai microfoni di Eurosport in Germania: "Molto deludente. Sasha non ha mai trovato il suo gioco, non ha mai sviluppato dinamismo e aggressività. Fin dall'inizio si aveva la sensazione che Shapovalov fosse un passo avanti. Il canadese era più vivace. Non vedevo Zverev così passivo da un sacco di tempo. Puoi perdere e giocare male, ma devi comunque fare uno sforzo e dare l'anima in campo. Oggi non è successo." Sicuramente può aver influito l'assenza di partite davvero impegnative prima di quest'incontro. Shapovalov aveva trovato in Kwon e e Opelka degli avversari stimolanti, mentre Zverev ha beatamente passeggiato nei primi tre turni con Altmaier, Millman e Albot.
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Come cambia il tabellone

Nulla a che vedere con il giocatore che abbiamo visto laurearsi Maestro per la seconda volta a Torino, a novembre. Sicuro di sè, aggressivo, un martello da fondo campo, apparentemente senza punti deboli. La parte alta del tabellone perde, sulla carta, il suo miglior giocatore, per la gioia di Rafael Nadal e - non diciamolo troppo forte - di Matteo Berrettini. Si parlerebbe di semifinale - prima c'è Monfils - ogni match è difficile a prescindere, ma Berrettini durante questo torneo è stato ampiamente temprato nel fisico e nel carattere, in primis dalla maratona con Alcaraz. Nadal ha inanellanto in questo avvio di stagione un filotto di sette partite, ma solo in una di queste, quella con Khachanov, ha affrontato un giocatore tra i primi 50. Trovo difficile che lo Shapovalov odierno possa dargli fastidio: il canadese ha fatto lo stretto necessario per portare a casa il match e non ha certo brillato. Ha concluso con 11 doppi falli e 37 errori gratuiti, più di Zverev. Tuttavia è lecito porsi dei dubbi su quanto il maiorchino potrà essere competitivo quando si alzerà la posta in gioco, perchè non gioca partite di un certo peso sul veloce dagli Australian Open dell'anno scorso, quando perse una battaglia con Tsitsipas proprio nei quarti di finale. Berrettini contro Zverev ha vinto una sola volta su cinque tentativi, due anni fa al Foro Italico. Contro Nadal c'è il solo precedente della semifinale degli US Open del 2019, e già allora aveva dimostrato di potergli stare vicino.
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Il tabù Slam

Tornando al giovanotto di Amburgo, anche nella passata stagione, che fatico a definire negativa (all'attivo Acapulco, Vienna, due Masters 1000, Madrid e Cincinnati, due semifinali Slam, l'oro olimpico in bacheca) troviamo diversi momenti di smarrimento, magari isolati, ma piuttosto inspiegabili. A cominciare dal disastroso primo turno di Miami, in cui perse da Ruusuvuori arrivando a perdere il servizio per quattro giochi consecutivi. La settimana precedente aveva dominato ad Acapulco. Passando per Monaco, torneo a cui tiene molto, dove commise 14 doppi falli per farsi rimontare da Ivashka. La settimana successiva vinse a Madrid. Iconica anche la partita persa con Fritz a Indian Wells, dove il servizio gli si inceppò sul più bello in maniera similare. La finale degli US Open di due anni fa persa facendosi rimontare da Thiem è un altro brutto ricordo da aggiungere alla lista. Sono passaggi a vuoto che non ci si aspetta da un giocatore che ambisce a diventare il prossimo numero uno del mondo. Anche le due sconfitte fotocopia subite al Roland Garros e a Wimbledon, dove rimontò due set per poi cedere al quinto, prima con Tsitsipas in semifinale a Parigi e poi con Auger-Aliassime negli ottavi a Londra, sono indicative di una debolezza di fondo e di un'attitudine poco avvezza a gestire gli imprevisti e le difficoltà che possono sopraggiungere; una debolezza che si acuisce sulla distanza dei cinque set, e dunque durante gli Slam, dove maggiori sono le variabili, le occasioni di perdere le staffe. Dove occorre ancora più sangue freddo per non complicarsi la vita. Sasha è stabile in Top 10 dall'estate del 2017, ma ha centrato i quarti a livello Slam per la prima volta soltanto nel 2018 a Parigi; la prima semifinale nel 2020 in Australia.
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Bisogna trovare una soluzione

Ciò che è ancora più grave rispetto a episodi, cifre e statistiche, è l'aver smarrito la propria idea di gioco. La sensazione è che manchi completamente un piano di riserva per gestire le giornate no. L'alternativa non può essere rifugiarsi metri dietro la linea di fondo e tirare mazzate da lì, specie sul veloce, specie contro uno come Shapovalov che si esalta quando può aprire gli angoli mettendo i piedi in campo. È controproducente in principio, ma anche dal punto di vista pratico, perchè con le sue leve lunghe è difficile gestire la fase difensiva e giocando remissivo - oggi si è visto benissimo - si irrigidisce ancora di più. Alcuni giocatori si appellano al servizio nei momenti di scoramento, per lui non sembra essere possibile dal momento che è il primo fondamentale a calare di rendimento. Che sia Ferrer, Ferrero, Becker o Alexander Zverev senior, qualcuno deve lavorare su questo aspetto, primariamente importante rispetto alle qualità tecniche o fisiche, che Zverev ha già dimostrato più volte di possedere.
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