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Le pagelle degli US Open 2018: Djokovic incanta, Serena Williams intristisce

Simone Eterno

Aggiornato 10/09/2018 alle 14:37 GMT+2

Tra vincitori, vinti, sconfitti, sorprese, delusioni e italiani, diamo come al solito i voti: dal vintage Djokovic che torna di moda alla baracconata del caso Serena Williams, dove a perdere sono davvero tutti. E poi il talento della Osaka e la condanna della generazione dei Thiem&co; ma anche lo spirito di adattamento di John Millman e il bagno di sudore che affoga Federer. Eccovi i voti...

Serena Williams contra Stuhlschiedsrichter Carlos Ramos

Credit Foto Getty Images

dall'inviato a New York - Numeri e nomi con i voti degli US Open 2018. Tutto ciò che di rilevante c'è stato - secondo noi - con il classico pagellone di fine torneo.
Novak Djokovic: il palmares nei 14 tornei elite

I vincitori

Novak Djokovic. Non sappiamo quale sia la ricetta magica di Marian Vajda, ma funziona. Cavolo se funziona. Un'estate da sogno culminata con il 14° titolo dello slam, che fa del serbo il terzo tennista più vincente di sempre in termini di major. Non male, per uno che quei 14 li ha dovuti strappare al 1° e al 2° della suddetta classifica, ovvero Roger Federer e Rafael Nadal. Tornato, per prendersi qualche soddisfazione ma soprattutto per rispondere, di nuovo, a chi non credeva fosse possibile (tra questi, autodenuncia, il sottoscritto); o peggio ancora chi l'aveva già dato per pensionato. Un torneo alla sua maniera. Un trionfo come ai vecchi tempi. Due set lasciati per strada a Fucsovic e Sandgren. Poi, le briciole. Voto 10. Semplicemente Novak Djokovic, signori.
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Highlights: il meglio della finale Djokovic-Del Potro in 200 secondi

Naomi Osaka. Non ha solo vinto. Ha stravinto. Che è diverso. Sul campo, lasciando un solo set in tutto il torneo (alla Sabalenka) e piallando brutalmente in finale una come Serena Williams, che non è mica roba da poco. Fuori dal gioco, isolandosi nel momento più difficile di una partita che è stata portata - non certo per volere suo - su piani che col tennis non c'entrano nulla. La freddezza come parte intrinseca di un carattere su cui scivola via tutto, dai tentativi di privarla di qualcosa che alla fine ha vinto strameritando alle premiazioni stesse, alla quale non è evidentemente ancora troppo abituata. Tra il Serena-gate e il diluvio su New York nel giorno in cui avrebbe dovuto fare due foto ricordo con lo skyline più famoso del mondo, una prima volta in qualche modo agrodolce. Non si preoccupi: se gioca così, ce ne saranno delle altre, ne siamo certi. Voto 10. Allo zen.

I finalisti

Juan Martin Del Potro. Se n'è andato con le lacrime amare di che dentro di sé, in fondo in fondo, credeva fosse sul serio la volta buona. Fisicamente ok, poco percorso sul contachilometri fino alla finale, Del Potro si è scontrato contro un ostacolo semplicemente più grande anche della sua voglia di vittoria. Se avesse giocato con la maglia Albiceleste, ne siamo certi, sarebbe venuto fuori qualcosina di più... Specie nel primo set della finale. Ma non gliene si faccia una colpa. Palito è arrivato dove tutti in qualche modo qui a New York lo aspettavano. E visto la carriera, questa, ci pare già una grande notizia. Voto 9. Es un Sentimiento.
Serena Williams. Impossibile non ripartire dalla finale. La Williams ha messo su un teatrino a cui giusto gli allocchi della sciagurata epoca contemporanea del 'politically correct a prescindere' potevano abboccare. Gli uomini sono cattivi e possono fare ciò che vogliono restando impuniti, alle donne non è concesso nulla. E certo, come no. Poi vai a guardare le sanzioni inflitte durante lo US Open 2018 e alla voce 'uomini' trovi 23 casi, alla voce 'donne' 9. Una figuraccia in campo. Una tristezza infinita fuori, con la strumentalizzazione della figura femminile appoggiata in toto dall'establishment. Dai residuati di battaglie serissime - quelle sì - che talvolta si trasformano in tristi macchiette, ai vertici del torneo e del circuito(!), che un filo di lucidità - almeno loro - avrebbero dovuto conservarla. Ma niente, invece, tutti dietro a Serena. Dando così la palese sensazione che la Williams sia ancora 'bigger than the game'; e quindi da difendere a prescindere. Anche quando è indifendibile. Come questa volta. Voto 3. Alla baracconata.

Gli sconfitti

Dominic Thiem. Non è propriamente il nome che ci si attendeva in questo torneo, quindi farlo finire sotto questa categoria è al primo impatto ingeneroso. Inevitabile però quando perdi una partita così. Sconfitto, sul più bello, da uno smash sparato fuori dopo 4 ore e 49 minuti di selvaggia battaglia. Un dettaglio che il tuo avversario - Rafael Nadal, voto 8.5 - non aveva sbagliato due punti prima, ricordandoci così il perché alla fine lui vinca sempre mentre i vari Thiem non lo facciano mai. Strepitoso, insomma. Ma i soliti noti ancor di più. Voto 8. Alla miglior sconfitta di sempre.
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Rafa Nadal consola Dominic Thiem dopo la sconfitta per 7 punti a 5 al tie-break del quinto set ai quarti di finale dello US Open 2018

Credit Foto Eurosport

Sloane Stephens. Arrivava con l'ansia di dover difendere il successo dello scorso anno. E il torneo, la povera Sloane, l'ha di per sé onorato anche dignitosamente. Almeno fino ai quarti di finale. Fermata, suo malgrado, dalla famigerata afa di New York. Roba che ti toglie lucidità e fiato a tal punto da farti beccare un 6-2, 6-3 da Anastasija Sevastova. Avessi detto Steffi Graf. Voto 6,5. Alle scalmane.
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US Open: Sevastova-Stephens 6-2 6-3, gli highlights

Le sorprese

John Millman. Meglio noto come 'Er poro Millman', soprannome genuinamente venuto fuori con i colleghi romani in sala stampa per un giocatore che doveva essere un 'dead man walking'... Ma se vai a guardare bene è quasi quello che ha dato più fastidio a chi poi ha vinto il torneo. Già perché l'australiano, onesto lavoratore nelle poco nobili periferie dietro la linea di fondo, è quello che nella follia di New York dei primi 10 giorni si è ambientato meglio. Più faceva caldo, più gli altri impazzivano, più lui meglio giocava. Un fenomeno. Di umiltà e di dedizione. In silenzio. Mai considerato da nessuno. 'Er poro Millman', insomma. Voto 8. Allo spirito di adattamento.
Anastasija Sevastova. Che gioca bene solo qua. Non si è ancora capito per quale ragione, ma tant'è. Quarti, quarti, semi. Questi i risultati degli ultimi tre anni, arrivati a suon di smorzate a quelle energumene delle sue colleghe. Si giocasse sempre qui la vedremmo ogni anno al Masters. Per sua sfortuna - e per la nostra gioia - qui si resta solo due settimane. Sono più che sufficienti, credetemi. Ma non ditelo alla Sevastova... Voto 8. Stilosa.

Le delusioni

Roger Federer. Se sei il GOAT e perdi con uno a cui affibbiano il soprannome 'Er poro' non si può non parlare di delusione. Perché d'accordo, Federer ci ha abituato fin troppo bene ma vederlo saltare così, confuso, in un bagno di sudore, contro Millman, ha fatto un certo effetto. Lo stesso che accennavamo anche a Wimbledon e a cui evidentemente dovremo farci tutti, prima o poi, il callo: sissignóri, anche Roger Federer è uno di noi. Umano. E in quanto tale vulnerabile allo scorrere della clessidra così come al caldo afoso. Voto 5. Al surriscaldamento globale.
Simona Halep. E' passato talmente tanto tempo che mentre pensavo a un nome da inserire qua dentro mi dicevo: "Mah, la Svitolina (4) non ne imbrocca una negli slam. No aspetta ma Muguruza (3) ha perso con Muchova (7)". Poi, il lampo. Simona Halep. Fuori dopo 5 minuti di torneo. Roba che ancora la gente era in metropolitana, in riunione, in fila agli accrediti eccetera eccetera. E dire che arrivava a New York con tutti i favori del pronostico, forte di successi - 17 nelle ultime 19 - e lustrini. Arresasi, con le attenuanti, alla giornata in stato di grazie della Kanepi, che le ha scaraventato contro comodini come se fossimo al 'fuori tutto' di un mobilificio. Voto 5. Ai saldi.
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Tutta la rabbia di Simona Halep, già fuori dagli Us Open: la racchetta va in frantumi!

Gli italiani

Fabio Fognini. E nulla, New York proprio non gli piace. Che ci volete fare? E' il rovescio della medaglia di questa città qui: non può esserti indifferente. O la ami. O non la sopporti. Per Fabio è la seconda. Il match con John Millman a ricordarcelo. Curioso, perché qui è anche entrato nella storia come l'unico a rimontare da due set sotto un tale di nome Nadal. Ma niente, neanche aver pescato il jolly pare aver funzionato. Un vero peccato. Perché visto quel Federer lì in quella notte lì, magari, dal mazzo, poteva uscirne anche un altro. Ma cogliere le occasioni d'oro - si sa - non è mai stato il punto forte di Fognini. Peccato. Voto 5. Al tempismo.
Camila Giorgi. L'unica sempre presente nella nostra rubrica. Per cause di forza maggiore, purtroppo. Ha perso con Venus una partita che avrebbe potuto - e forse dovuto - vincere. Ma in fondo chissenefrega. Camila si porta a casa il grande slam del pagellone di Eurosport. Che è poi l'unico trofeo vinto sin qui quest'anno. Speriamo le porti bene. Forza Camila. Provaci ancora. Voto 6. Alla casualità degli eventi.
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