L'NBA Cup è promossa grazie a LeBron James e a Las Vegas. Ma ci sono tanti aspetti da migliorare

Nel weekend si è conclusa la prima edizione dell'In-Season Tournament che ha assegnato la prima storica NBA Cup, vinta dai Los Angeles Lakers con LeBron James MVP. Un successo per il commisioner Adam Silver che si è preso una piccola rivincita dopo il grande scetticismo generale che si era diffuso quando fu svelato il torneo, "copiato" dalle coppe nazionali d'Europa (per la prima volta il New York Times parlò della Coppa Italia nel 2019, ndr) e con sfide secche in stile March Madness NCAA.

L'obiettivo era quello di accendere i riflettori sulla NBA in un periodo, quello di novembre e inizio dicembre, solitamente difficile per la NBA perchè c'è la fortissima e impareggiabile concorrenza della NFL. Ovviamente il football americano resta inarrivabile, ma i protagonisti hanno aiutato Silver dando vita a partite più avvicenti e "sentite", James e i Lakers hanno dato l'esempio, e i risultati sono stati buoni. Una scommessa a basso rischio visto che le gare erano comuqnue dentro la regular season? Sì, certamente, ma una scommessa vinta. Questo significa che il Torneo verrà riprodotto anche se inevitabilmente la Lega, le squadre e i giocatori dovranno sedersi ad un tavolo per sistemare ciò che non funziona e introdurre novità utili.

Ancora nel 2023, alla sua 21esima stagione, LeBron James è ancora la stella più polarizzante e il fatto che lui abbia voluto "aiutare" Adam Silver mettendo la NBA Cup come grande obiettivo di questo avvio di stagione, ha fatto la differenza. Il 7-0 dei Lakers nel Torneo ha favorito il seguito degli appassionati, in particolari quelli meno "voraci", ma in generale le partite di Torneo hanno avuto buon successo.

Le gare della coppa dentro la regular season sono state un successo di pubblico nei palazzetti, la più alta presenza di sempre a novembre (oltre 18mila spettatori di media), di ascolti in TV rispetto allo stesso periodo un anno fa (+26% sulle reti nazionali, +20% in quelle locali, e +25% sul League Pass) e di visualizzazioni sui social media, e le partite sono state molto spesso avvincenti, equilibrate e giocate fino alla fine per poter avanzare nella competizione. Facendo un focus sulla questione TV, non si può parlare in assoluto di successo, Silver non potrà certo usare questi numeri quando la prossima primavera dovrà andare a parlare con TNT e ESPN per il rinnovo dei diritti, però può essere uno spunto di riflessione.

Infine Las Vegas. Se ci fossero ancora dubbi che la "Città del Peccato" in mezzo al deserto del Nevada possa ospitare presto una franchigia NBA, ecco che sono stati spazzati via. Ci sono le strutture, ci sono già delle franchigie di altri sport e altre arriveranno, c'è appena stata la Formula 1, e tanti vogliono investire lì, compreso LeBron James che lo ha ribadito in conferenza stampa. I tempi sono maturi, anche Adam Silver lo sa, tra 1-2 anni al massimo questo sodalizio potrebbe davvero concretizzarsi.

Per tante cose che sono andate bene e sono state promosse, altre invece vanno corrette e sistemate. Il premio in denaro messo a disposizione è stato un grande incentivo, uno stimolo importante, i giocatori NBA non hanno nascosto che i 500mila dollari per i vincitori facevano gola, pur essendo molti di loro già dei milionari. Detto questo, qualcuno ha avanzato l'ipotesi di dare un beneficio "sul campo" per le squadre: esclusa la possibilità che la vittoria del torneo valga un posto ai playoff o al play-in, perchè toglierebbe valore alla regular season, potrebbe aver senso mettere in palio una seconda scelta al Draft, la prima delle seconde, ovvero la 31, un incentivo soprattutto per le cosiddette "big" che potrebbero prendere un asset di valore.

Poi c'è la questione dei punteggi e dei gironi. Con gruppi da 5 squadre, inevitabilmente una squadra a turno sta ferma e soprattutto nell'ultima giornata si è avuto il problema che tante non erano in controllo del proprio destino. Stesso discorso con la questione dei punti e del differenziale, si è assistito a situazioni con squadre obbligate a vincere di un tot per passare, magari anche a gara già decisa, come accadde tra Celtics e Bulls. Questa è una cosa "normale" nelle competizioni in area FIBA, ma assolutamente estranee nel concetto NBA, con squadre e giocatori non certo abituati a fare calcoli ma più inclini a dar spazio alle seconde linee una volta che il match è deciso. Non sarà facile ma si proveranno strade alternative.

Infine i campi colorati, un tema molto chiacchierato. Se a prima vista la novità era apparsa gradita, poi quando si è trattato di giocare è stato tutto ben diverso: soprattutto su parquet con colori forti, rosso e blu, era difficile distinguere la palla e ancor di più in TV non era facile fruire della partita. Si può apprezzare l'audacia, la creatività, la voglia di fare qualcosa di speciale per differenziare le gare del Torneo, ma così è sembrato troppo, eccessivo, forse bastava il logo del trofeo in mezzo al campo ma senza arrivare a colorare tutto il campo.