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Calciomercato - Pogba-Juve, Lukaku-Inter, Ibrahimovic-Milan e gli altri: gioie e dolori della minestra riscaldata

Lorenzo Rigamonti

Pubblicato 17/06/2022 alle 17:31 GMT+2

CALCIOMERCATO - Paul Pogba è a un passo dal rendez vous con la Juventus, mentre la linea telefonica tra Romelu Lukaku e l’Inter si è riaperta improvvisamente. Le attuali voci di mercato lo confermano: la Serie A di certo non è immune al fascino della minestra riscaldata. Abbiamo raccolto i casi più significativi di recente memoria, tra Juve Inter e Milan.

Ibrahimovic scatenato: "Milano non è il Milan, l'Italia è il Milan"

Anno dopo anno, orde di giocatori ed allenatori lasciano il comfort del loro nido per poi tornare sui loro passi: svernare nel calcio del Belpaese, in prima battuta, propone tutti i vantaggi di questo mondo. Perché la minestra riscaldata, almeno in teoria, è piatto che si addice a tutte le stagioni; è indicata per curare mal di pancia di giocatori e malanni cronici di intere società.
Nella pratica però, la ricetta imposta dalla tradizione non sempre dà i risultati sperati. Perché la minestrina riscaldata è di per sé una ricetta pigra, in grado di coprire solo parzialmente le mancanze di intuito e progettualità in seno a una squadra. Gioie e dolori dunque, specialmente in Serie A: andiamo a ripercorrere successi e fallimenti di alcuni recenti ritorni di fiamma.
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Calcio360: Pogba alla Juventus? Occasione da cogliere

Juve: Bonucci, Morata, Kean e ora Pogba. La minestra insipida


Le manovre della Vecchia Signora, di stagione in stagione, hanno sempre fatto convergenza su un ritorno dal grande effetto scenico. Quello di Leo Bonucci è il dietrofront più clamoroso del decennio bianconero: il regista tradisce per il Milan nel 2017, ma dopo un anno fallimentare decide di rientrare alla base. Bonny torna tra fischi e scetticismo di una tifoseria beffata e tradita, giusto in tempo per raccogliere gli ultimi due Scudetti di una dinastia ormai allo sbando. In campo fa fatica a replicare la magica alchimia di quella che era la BBC: a fine 2022, Re Giorgio Chiellini gli cede fascia e responsabilità di prendere il timone di un vascello in acque piuttosto torbide.
Struggente, con un che di teatrale, la storia d’amore tra Alvaro Morata e il club torinese. Lo spagnolo si è allontanato dall’ombra della Mole già due volte, e sempre controvoglia. Prigioniero contrattuale per eccellenza, lascia Torino nel 2016 per tornare all’ovile del Real Madrid, club d’infanzia. Da lì i pellegrinaggi, non troppo fortunati, al Chelsea e all’Atletico Madrid, prima del ritorno alla Juve nel 2020. Secondo capitolo agrodolce con i bianconeri, perché né sotto la guida di Pirlo né sotto l’Allegri-bis riuscirà a riportare lo Scudetto sotto la Mole. Dopo altri due anni di alti e bassi, il ritorno obbligato a Madrid dopo la fine del prestito.
Decisamente più deficitario il bilancio del Kean-bis: uno dei prodotti più luccicanti del vivaio juventino nell’ultimo decennio, la società non ci ha pensato due volte nel cestinarlo all’Everton. In Inghilterra, Kean si smarrisce fino a diventare un esubero. Kean torna alla Juve come un mero tappabuchi: ricava la miseria di 5 gol in 32 presenze stagionali, senza mai dare l’impressione di poter reggere sulle proprie spalle un intero reparto.
Anticlimatico, ma tutto sommato produttivo, il ritorno di Gigi Buffon in maglia bianconera. Nel 2018, il portierone e la Vecchia Signora si erano detti addio tra le meritate fanfare dello Stadium. Un addio destinato a smussarsi in un arrivederci, perché dopo appena una stagione tra i pali del PSG, super Gigi torna alla Juve col numero 77. La vita da secondo, dietro a Wojciech Szczesny, non è poi così malaccio: si fa trovare sempre pronto, ne approfitta per superare Del Piero e Maldini per record di presenze con la maglia del club ed in Serie A. Gigi poi farà un passo indietro da dove tutto era partito: nel 2021 si accasa al Parma, chiudendo il cerchio.
Il cerchio che deve ancora chiudersi invece è quello di Paul Pogba: il francese è a un passo dal rientro a Torino, sei anni dopo la scelta di riprendere la corsa col Manchester United. Nel frattempo il Polpo si è laureato campione del Mondo, ma col club dei Red Devils ha inciso meno di quello che ci si aspettava. La sua minestrina potrebbe essere abbastanza tiepida per rifocillare le ambizioni della Juve? Staremo a vedere, di certo i dubbi non mancano.

Inter: da Perisic a Lukaku. La minestra che guarisce

Meno incline alla ricetta la dirigenza nerazzurra rispetto ai rivali bianconeri, ma quando calpita… Due ritorni inaspettati e al contempo stesso essenziali, quello di Ivan Perisic e quello che potrebbe seguire a breve, ovvero quello di Big Rom Lukaku. Quello del croato è stato un innamoramento contro tutti i pronostici, un matrimonio frutto di una passione riaccesasi all’improvviso, dopo un brusco divorzio. Sotto l’egida della suocera Conte, Ivan non trova mai la sua dimensione: il 3-5-2 dell’ex tecnico Juve lo soffoca, e nel 2019 viene spedito in fretta e furia al Bayern via prestito.
Dopo un 2020 culminato con la vittoria della Champions, i bavaresi non lo riscattano. Ivan torna mestamente alla base: dopo un altro anno in sordina nonostante la vittoria del tricolore, la svolta con l’avvento di Simone Inzaghi. Il croato ammaestra il nuovo 3-5-2, tiene viva la speranza del repeat fino alla fine, ma non basta. 10 gol e 8 assist sono sufficienti per tirarsi fuori da una piazza che lo ha spesso sottovalutato. Ora tocca a Big Rom percorrere lo stesso cammino di purificazione intrapreso da Ivan: il feeling con Milano è innegabile, ma l’intenzione e l’energia per risorgere dopo il naufragio sul Tamigi sono un'incognita a cui solo lui potrà dare risposta.

Milan, da Ibra a Balotelli. La minestra che scotta

Al suo sbarco sotto la Madonnina, a otto anni dall’ultima volta in rossonero, quasi nessuno avrebbe scommesso un penny su Zlatan Ibrahimovic. Invece lo svedese si è issato a esempio aureo tra tutte le minestre riscaldate: nel 2019 arrivava dall’esperienza al Los Angeles Galaxy, accompagnato da tante incognite di natura medica e soprattutto di rendimento. E certo, le tre stagioni al Milan sono state travagliate da infortuni e positività al Covid, ma quella di Ibra è stata la leva decisiva per rimettere in moto una cultura vincente nel cuore di Milanello. Leader spirituale e a volte tecnico, Zlatan ha posto la sua firma sulla Serie A (è diventato il giocatore più anziano a segnare almeno 10 gol in campionato) e sulla storia del Diavolo, accompagnandolo verso il suo 19° Scudetto.
Se al ritorno di Ibra a Milano vigeva la regola dello scetticismo, la stessa storia vale per il rientro di Mario Balotelli. Quella rossonera è forse l’unica maglia che SuperMario ha amato genuinamente: arriva per la prima volta a Milano dopo la sregolata scorribanda a Manchester, in tempo per redimersi con 18 gol stagionali. Poi un’altra burrascosa parentesi inglese, al Liverpool, dove perde totalmente il feeling con la porta. Il reboot in rossonero, appena una stagione dopo, non riuscirà a guarirlo. Una pubalgia lo costringe a una partenza con handicap, poi un’indole pigra completa una stagione disastrosa. L’addio è inevitabile, così come la spirale discendente verso Francia, Serie B e infine Turchia.
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