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Caso Mancini: una «fuga» che avrebbe avuto senso prima, non adesso. Successori? Uno tra Spalletti e Conte

Roberto Beccantini

Aggiornato 14/08/2023 alle 11:27 GMT+2

CALCIO - Roberto va per i 59, che compirà il 27 novembre. È stato un fuoriclasse sottovalutato e un allenatore sopravvalutato. Già a settembre si torna in campo per l’Europeo e, dunque, urge un erede. In pole ci sono Antonio Conte e Luciano Spalletti. Il martello salentino sarebbe l’ennesimo «déjà vu»; l’abate di Certaldo, un domatore di idee.

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I mendicanti di briciole complottarde diranno che qualcosa avevano fiutato. Beati loro. La «fuga» di Roberto Mancini, improvvisa e strana, ha spiazzato lidi e siti, edicole e conventicole. Era in carica dal 14 maggio 2018. Porta con sé il titolo europeo del 2021, la sconfitta di Palermo con la Macedonia del Nord, costata l’assenza al Mondiale qatariota del 2022, seconda consecutiva sul campo, a ruota della «Corea» svedese, quando al governo c’era Carlo Tavecchio e in panchina Gian Piero Ventura. Più due terzi posti in altrettante edizioni di Nations League. Più una striscia-record di 37 gare utili.
Alzi la mano chi. La mia, per pudore, viaggia rasoterra. Venne scelto da Roberto Fabbricini, all’epoca commissario straordinario delle Federazione. Non era l’idolo di Gabriele Gravina, così si mormora, ma l’incenso di Wembley sopì e troncò, troncò e sopì. Siamo tutti alla caccia del detonatore: lo sventramento dello staff proprio in coincidenza con la qualifica di coordinatore supremo? Le voci di un Gravina fin troppo bonucciano (pur di garantire un trespolo al Leonardo trombato dalla Juventus)? Una mega proposta dall’Arabia? Il saccheggio della sua Camelot sarebbe, oggi, l’ipotesi più romantica; la tentazione saudita, la più terrena.
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Roberto va per i 59, che compirà il 27 novembre. È stato un fuoriclasse sottovalutato e un allenatore sopravvalutato. Capace, da ct, di esprimere il meglio (e, alla frutta, l’ovvio). Ha ridato spirito e gioco a un volgo disperso. Ha riavvicinato il popolo all’azzurro. Ha avuto intuizioni coraggiose, da Nicolò Zaniolo a Mateo Retegui. Ha pagato la carenza di centravanti di peso, ruolo sequestrato dagli stranieri. È caduto sulle bucce di gratitudine fatali, a volte, più del pugnale di Bruto. Si è arreso alla differenza che, di solito, tracciano i giocatori. Prendete i rigori: corretto rammentare gli errori «mondiali» di Jorginho contro la Svizzera, a patto di non trascurare le fotte «europee» di spagnoli e inglesi. Non meno pesanti, non meno determinanti.
I numeri coinvolgono 106 convocati; 57 debuttanti, da Matteo Politano ad Alessandro Buongiorno; 61 partite, delle quali 37 vinte, 15 pareggiate e 9 perse; 123 gol fatti; 45 subiti. Capocannoniere, con 9 reti, Ciro Immobile. In tempi non sospetti - cioè: né ieri né ieri l’altro; molto, molto prima - promulgai una sorta di «lodo»: il ct che conquista un Mondiale o un Europeo, o si dimette o va rimosso. Enzo Bearzot, cocciuto, scese mestamente dalle luminarie del Bernabeu per sparire fra le candele messicane. Richiamato d’urgenza, Marcello Lippi finì «ultimo» in Sud Africa. Ferruccio Valcareggi abbinò la doppietta di campione d’Europa e vice campione del Mondo (con tanto di «partido del siglo» contro i tedeschi) all’azzurro tenebra di Giovanni Arpino (1974). Trasformate le macerie in muri (e i muri in sogni), il Mancio è rotolato mestamente verso un crepuscolo che tale Aleksandar Trajkovski rese fosco la sera del 24 marzo 2022 a Palermo. Da quella notte siamo tornati a scannarci: resteranno per sempre i leoni di Londra; no, non si parlerà che delle pecore del Barbera. E del loro pastore. È facile essere italiani: su e giù, giù e su.
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L’abbraccio tra Gianluca e Roberto era scivolato nell’album di famiglia, memento e momento di un’amicizia che ha alimentato una storia e non semplicemente la cronaca. Punto e a capo. Già a settembre si torna in campo per l’Europeo e, dunque, urge un erede. In pole ci sono Antonio Conte e Luciano Spalletti. Il martello salentino sarebbe l’ennesimo «déjà vu»; l’abate di Certaldo, un domatore di idee. Caratteri fumantini, il 3-5-2 e il 4-3-3 come tatuaggi. Dipendesse da me, andrei su Spalletti.
Tutto il resto, Mancio.
Per commentare o fare domande potete inviare una mail a roberto.beccantini@fastwebnet.it o visitare il blog di Roberto Beccantini
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