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Champions League, la rivincita di Carlo Ancelotti 8 anni dopo la Decima: da bollito a re di Coppe dopo Real Madrid-PSG

Lorenzo Rigamonti

Aggiornato 10/03/2022 alle 11:37 GMT+1

CHAMPIONS LEAGUE - Il successo in rimonta del Real Madrid sul Paris Saint-Germain negli ottavi di Champions League non porta solamente la firma di Karim Benzema (autore di una tripletta), ma anche quella di Carlo Ancelotti. Un allenatore che prima della notte del Bernabeu veniva considerato da molti come "finito", è riuscito a ribaltare la sua carriera grazie alla fiducia nelle proprie scelte.

Ancelotti: "Nell'ultima mezz'ora c'era solo una squadra in campo"

Bastano pochi secondi, qualche frame frettoloso venduto distrattamente dai teleschermi, per comprendere il significato della serata magica appena vissuta da Carlo Ancelotti e dal madridismo. Pochi istanti prima del calcio d’inizio, uno striscione si stendeva imperioso sugli spalti del Bernabeu: “Siamo i re d’Europa”, recitava la scritta appoggiata sul naso dei nuovi ricchi, dell’eterno rivale Messi e di un Nasser Al-Khelaifi che di lì a poco si sarebbe abbandonato ad un’escandescenza inconsolabile.
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"Siamo i Re d'Europa", striscione in Real Madrid-PSG

Credit Foto Getty Images

A giusto una manciata di rapidissimi colpi di scena da quello striscione, Carlo Ancelotti alza le mani al cielo stellato, consegnando le sue lacrime all’unico stadio che non ha mai dubitato di lui. Il cerchio di luce si chiude attorno al perimetro del Bernabeu, polverizzando insinuazioni, esitazioni sul conto di uno dei migliori tecnici della storia del calcio. Un tecnico che, alla vista di quello striscione, e del pressante impegno che andava inevitabilmente a riesumare, non ha tremato nemmeno per un secondo.

Da "bollito" a Re di Coppe, di nuovo

E pensare che sulle sue spalle gravavano come macigni le insicurezze accumulate sulle panchine di Bayern, Napoli ed Everton. Partenze bruciate dalla fretta di società e tifoserie, incompatibilità genetica, visioni impigrite: potremmo pescare decine e decine di imputazioni e imputati (Ancelotti compreso) per spiegare gli addii agrodolci da queste piazze. Dalla più ingrata, quella partenopea – velocissima nel dimenticarsi del secondo posto conquistato in scioltezza alla prima stagione – scaturiva prepotentemente un brusìo che lo attestava come “bollito”.
Ebbene, nella notte incantata del Bernabeu, Carlo ha ripreso lo scettro di “Re di Coppe”: se lo è preso grazie alla costanza della sua filosofia, ovvero fare sempre la scelta più semplice, al momento giusto. Il problema è che, in certe piazze, operare la scelta più ovvia si tramuta spesso in operare una scelta banale, e quindi, per paradosso, difficile.

Una vittoria di tattica e filosofia, contro le critiche

L'ingresso di Eduardo Camavinga per Toni Kroos al 58’, ci parla di questa ardua e ricorrente linearità nella visione di Re Carlo: a quel punto la squadra si trova con le spalle al muro, sotto 2-0 nel parziale, incapace di recuperare palloni a centrocampo. Dunque dentro un giovane di muscoli ed entusiasmo al posto di una bandiera; eccola, la scelta logica ma sofferta. Dove, se non presso la fiduciosa corte di Florentino Perez, avrebbe potuto prendere una decisione con tale naturalezza?
L’ingresso del francese permette a Modric di avanzare e rifocillare l’attacco dei blancos con nuove idee e geometrie, il resto è storia. I blancos, affamati di palloni, continuano così a pressare il blocco parigino in cerca di sacche d'aria, leggerezze che sanno poter affossare il vascello francese da un momento all'altro. In un pugno di secondi, quelli appena intercettabili dalle telecamere e dagli occhi di un pubblico esterrefatto, il Real ribalta la partita. E sì, c’ è più di un pizzico di fortuna a propellere le merengues verso la rimonta, ma come ha ribadito Ancelotti in conferenza stampa “la fortuna bisogna meritarsela”.
E la fortuna, nel caso dei migliori di sempre, è ciclica; prima o poi si ripresenta sempre, spesso negli stessi posti, quelli più amati e coccolati dalla memoria. Per Ancelotti quel posto è sempre stato il palcoscenico dorato del Bernabeu, la cui magnitudine e fervente tradizione è portata avanti anche da scelte semplici, dalla sua “gestione calma”, tra impercettibili intervalli di umanità e altrettanto finissime frazioni di arcigna razionalità.

Quatto quarti in quattro decadi consecutive: solo Re Carlo

E dunque non è stata solo ciclica fortuna, quella che, nella serata di Madrid, lo ha portato a diventare il primo allenatore di sempre a raggiungere i quarti di finale di Champions League in quattro decadi consecutive.
E non è stata solo l’euforia del momento a spingere giocatori come Benzema e Valverde ad abbracciare con tutta la forza rimasta in corpo il loro allenatore all’uscita dal campo.
Il francese non può che ringraziare il tecnico che lo ha portato a diventare l’autore della tripletta più “anziana” della storia della Champions League (34 anni, 80 giorni) e a superare Di Stefano (308) come terzo marcatore nella storia del Real Madrid (309).
L’uruguagio annaspa, ma è una delle carte che permettono di tenere vivo il Real nel momento più buio: 64 tocchi, 87% di passaggi riusciti, 6/8 duelli vinti… E sulla commossa via degli spogliatoi, la profezia sussurrata da Carlo: “Diventerai uno dei migliori”.
Un altro lampo di gestione e tempistica geniale, nella cornice di un sogno lucido. Un cortocircuito meraviglioso, che trattiene il vago sapore di quella Decima strappata dalle grinfie dei colchoneros nel 2014, l’ultimo grande assolo di Carletto. Un’impresa dalle Grandi Orecchie che ora, visto il +8 in Liga sull’inseguitrice Siviglia, non sembra affatto utopia per una squadra dimostratasi formidabile sin dalla partenza della stagione.
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Ancelotti: "Intelligenza e intensità, miglior Real può eliminare PSG"

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