Andrea Agnelli, un presidente in declino. Juventus senza un progetto, cambiare allenatore per segnare un nuovo inizio
Pubblicato 12/10/2022 alle 13:25 GMT+2
CALCIO – La Juventus è tornata dalla trasferta di Haifa con le ossa rotte. Una brutta sconfitta che quasi elimina i bianconeri dalla Champions League. Il punto più basso di un periodo buio, le cui responsabilità sono di Massimiliano Allegri e di chi continua a difenderlo, Andrea Agnelli. Il presidente sembra in declino e incapace di rifondare una squadra che procede a stento da un anno e mezzo.
Allegri: "Partita inaccettabile. In ritiro vedremo chi vuole cambiare atteggiamento"
Video credit: Eurosport
"E’ uno dei periodi più difficili, è il momento dell’assunzione di responsabilità e sono qui per questo. Provo vergogna per quello che sta succedendo, sono arrabbiato”. Così Andrea Agnelli, presidente della Juventus, si è espresso negli attimi successivi alla sconfitta inaspettata ma meritata sul campo del Maccabi Haifa. Sono parole di un uomo distrutto, affranto e che si è accorto di aver toccato il punto più basso della sua gestione, cominciata nel 2010 e resa gloriosa dai 9 Scudetti consecutivi e gli altri trofei nazionali. Non si tratta appena di un passo falso contro un avversario sulla carta più debole, che pure chiude le porte alla qualificazione agli ottavi di Champions League (seppur non matematicamente), ma la manifestazione più evidente dei limiti, delle fragilità e delle lacune che sono insite nella formazione dal ritorno sulla panchina di Massimiliano Allegri. L’esonero del tecnico o le sue dimissioni sembrerebbero un passaggio obbligato a questo punto. Nessuno lo segue più, o meglio, i giocatori non sanno come disporsi in campo e come muoversi e i tifosi stanno perdendo la fede di fronte ad uno scempio senza precedenti. Eppure, il numero 1 dei bianconeri ha difeso, ancora una volta, il livornese: “In una situazione come questa non è la questione di una persona sola. E’ una questione di gruppo. C’è da provare vergogna, i tifosi fanno fatica a girare per strada in questo momento”. Dunque, la squadra va in ritiro e la decisione sulle sorti di Allegri è rinviata a data da destinarsi.
IL RITIRO È LA SOLUZIONE?
Nei giorni che separano la figuraccia in terra israeliana dal derby di Torino, che si disputerà sabato in casa dei granata, Allegri e i suoi giocatori staranno insieme ininterrottamente alla Continassa. Un ritiro puro, come quelli di una volta. Magari non punitivo ma sempre di un ritiro si tratta. Quali benefici può portare? Dipende dal gruppo, non sempre i calciatori reagiscono male. C’è chi avverte ancora più pressione e tensione e chi invece si sente rincuorato e trova giovamento dalla vicinanza dei compagni. Dunque, è un po’ un terno al lotto. Detto questo, potrà bastare guardarsi negli occhi e condividere momenti insieme diversi dall’allenamento e dal matchday? Sinceramente, la decisione della Juventus sembra una pezza messa lì perché un provvedimento era d’obbligo ma è stato scelto il più lieve. La dirigenza ha optato così per una via anacronistica, quasi nessuno lo fa più, e che meglio si addice ad una squadra “provinciale”, non alla Juventus. Risulta difficile poi credere che i tanti problemi di questo periodo possano risolversi semplicemente con una convivenza serrata per qualche giorno. Ai bianconeri mancano i fondamentali per raggiungere i livelli degni degli obiettivi di inizio stagione. Se non è bastato un anno e mezzo, queste poche ore non miglioreranno le cose. La Juve ha vinto qualche partita, sporadicamente, su intuizioni di singoli, ma del collettivo nessuna traccia. Allegri ha detto che servono cuore e passione, dopo essersi appeso per settimane al problema infortuni. E’ in parte vero, visto che il talento non sembra affatto mancare. Tuttavia, ad Haifa si è vista una squadra brancolare nel buio. Serve quindi anche altro, oltre a cuore e passione. E nemmeno si può tirare a campare fino ai ritorni di Chiesa, Pogba e Di Maria.
UN PRESIDENTE IN DECLINO
Le parole di Andrea Agnelli e la decisione di mandare la squadra in ritiro sembrano inserirsi in una parabola discendente del patron della Juventus, che negli ultimi anni ha sbagliato tante scelte. Dopo i tanti Scudetti e la Champions sfiorata due volte, il presidente si è messo in testa che voleva vincere il trofeo più prestigioso d’Europa. Così, ha fatto di tutto per portare Cristiano Ronaldo a Torino, anche accettando di vedere incrinati i rapporti con Beppe Marotta. Quest’ultimo ha abbandonato la nave poco dopo, e da lì sono iniziati i veri problemi. I dirigenti che sono rimasti, e quelli che si sono aggiunti poi, hanno infatti commesso gravi errori. Fermo restando che l’all-in per CR7 non ha portato ai risultati sperati, anzi i bianconeri sono andati molto peggio in Champions, e l’investimento pesante ha messo la società in difficoltà dal punto di vista economico. Quindi sono partiti alcuni giocatori, come Cancelo, per far respirare le casse. Abbiamo assistito poi ad alcune esagerazioni nel mercato in entrata. Rabiot e Ramsey sono arrivati a parametro zero ma strapagati, è tornato il pentito Bonucci, anche lui a cifre importanti. Un altro grande sforzo è stato compiuto per Vlahovic e Locatelli, che stanno rendendo meno del previsto. De Ligt non ha perso di valore ma era stato preso per fare la storia della Juventus, e questo non è accaduto. Anche la cessione di Ronaldo in extremis è stata una mossa sbagliata perché a quel punto è stato possibile rimpiazzarlo solo con un modesto Moise Kean. Si potrebbero fare altri esempi ma questi bastano per dimostrare che la società gestita da Andrea Agnelli non ha da anni un’idea su come (ri)costruire una squadra, non c’è un progetto, non c’è alcuna forma di scouting e il monte ingaggi è del tutto sproporzionato rispetto al contributo in campo di questi giocatori. La società dal post-Marotta ha dimostrato spesso di affidarsi al tutto e subito o a giocatori poco funzionali, che nel tempo si svalutano.
Negli anni di buio di Andrea Agnelli, in questa seconda fase che possiamo definire “calante”, c’è stata anche la grande battaglia persa della Superlega. Il presidente della Juventus, insieme a Florentino Perez, si era messo in prima fila per questa riforma del calcio europeo, ed era convinto che potesse realizzarsi. Un altro fallimento, che lo ha messo a ridicolo di fronte a tutto il Continente, e con il quale si è inimicato Aleksander Čeferin, presidente della UEFA. La rivolta del principale organo europeo, a cui si è aggiunto il disappunto dei tifosi sparsi nei vari Paesi, ha spinto molti club ad abbandonare il progetto, che si è arenato.
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Ceferin: "Agnelli persona immorale, per me era un amico"
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Infine, anche la decisione di difendere a spada tratta Massimiliano Allegri rischia di iscriversi negli errori di questi ultimi anni. E’ stato il presidente a voler richiamare il tecnico livornese, che si stava gustando gli anni sabbatici, e l’intenzione era di riportare la Juventus ai vecchi fasti con chi più degli altri nel passato recente ha avvicinato i bianconeri alla Champions League (due finali perse). Lo sta proteggendo per orgoglio personale. O forse perché il contratto che gli ha fatto firmare rende la vita difficile alla dirigenza. Max infatti è tornato per 7 milioni annui (più bonus) fino a giugno 2025. Ammesso che Allegri non rinuncerà al suo stipendio, allora esonerarlo significa sborsare almeno una ventina di milioni, e a bilancio si inserirebbe un nuovo allenatore. Sono tanti soldi.
PERCHÈ ESONERARE ALLEGRI CONVIENE COMUNQUE
Tuttavia, anche restando sul piano economico, la decisione coraggiosa di esonerare Allegri potrebbe essere conveniente. La Juventus che ha ufficializzato un bilancio 2021/22 il cui rosso è di oltre 250 milioni, dovrà infatti rinunciare quasi sicuramente ai premi UEFA per gli ottavi di Champions League (30 milioni). Inoltre, questa squadra priva di un'identità potrebbe pure fallire nel tentativo di rientrare tra le prime 4 in Serie A, dunque a fine stagione verrebbero meno anche le entrate per la qualificazione in Europa. E non finisce qui. Il valore in borsa della società sta calando. Dopo la sconfitta contro il Maccabi Haifa il titolo ha subito una perdita del 3,7%. Un altro segno meno. C’è da aggiungere poi il rischio di un impatto negativo sulle entrate da stadio. I tifosi sono veramente stufi e potrebbero presentarsi meno spesso allo Stadium finché la situazione non cambierà. Infine, spesso non si considera quanto perdono di valore i giocatori quando non valorizzati dall’allenatore. Anche questo sul lungo periodo inciderà.
Ovviamente il problema di cambiare allenatore a stagione in corso è anche quello di trovare un sostituto all’altezza. Non è sempre facile, per le squadre top è anche più difficile perché sulla piazza i nomi validi scarseggiano. Tuttavia, ci sono dei precedenti positivi, che possono servire ad Andrea Agnelli come esempio da seguire. Il Milan nell’ottobre del 2019 si è lasciato alle spalle l’esperienza tremenda con Marco Giampaolo e ha pescato dal cilindro Stefano Pioli, che non è stato accolto subito con entusiasmo ma ha dato una svolta ed è diventato un condottiero riconoscibile nei principi di gioco e amato dalla folla. Pure il Chelsea, anche se è presto per esporsi, sembra aver ritrovato la retta via dall’arrivo di Graham Potter. I londinesi hanno addirittura esonerato Thomas Tuchel, considerato tra i migliori in Europa, e che ha portato ai Blues la Champions nel 2020. La riconoscenza è doverosa, nessuno si dimentica degli anni gloriosi di Allegri in bianconero, tuttavia il passato ad un certo punto non è sufficiente a giustificare un rendimento molto sotto alle aspettative. La Juventus deve salvare la stagione. Andrea Agnelli si prenda le sue responsabilità veramente e ammetta che è stato un errore affidarsi nuovamente a Massimiliano Allegri. Ripartire si può, con un altro allenatore. Ma i bianconeri non devono solo salvare una stagione, devono rifondare e mettere al centro le idee, con maggiore lungimiranza.
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Agnelli: "Vogliamo libertà di creare nuova competizione"
Video credit: SNTV
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