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Serie A - L'Inter da tiranna a caso del giorno, fra portiere e attacco. Ma non parliamo di crisi

Roberto Beccantini

Pubblicato 29/09/2023 alle 17:07 GMT+2

SERIE A - Era il 16 settembre e l'Inter asfaltava il Milan. Simone Inzaghi fu innalzato a libero docente, Stefano Pioli retrocesso a secchione distratto. Poi la frenatina a San Sebastian, l'1-0 di Empoli e, improvvisamente, il Sassuolo. Siamo a fine settembre e dunque parlare di stanchezza mi sembra francamente una teoria strampalata. Se mai, si può azzardare la tesi della pancia piena (da derby).

Opinion - Lautaro Martinez, Inter

Credit Foto Eurosport

Era il 16 settembre e l'Inter asfaltava il Milan, strappandogli il quinto derby consecutivo: 5-1. Simone Inzaghi fu innalzato a libero docente, Stefano Pioli retrocesso a secchione distratto. Poi la frenatina a San Sebastian (1-1, soffrendo soffrendo) e l'1-0 di Empoli, firmato dal drop di Federico Dimarco (Roberto Carlos chi?). Cinque partite, cinque vittorie. Improvvisamente, il Sassuolo. Che, all'epoca di Walter Mazzarri, tra il 2013 e il 2014, veniva liquidato con un doppio 7-0 prima al Mapei e poi al Meazza. Altri tempi.
Il 2-1 di mercoledì è stato un colpo «gobbo», visto che Domenico Berardi, l'artefice principale, aveva già contribuito, sabato, a sistemare la Juventus (4-2). Straripante e graziato (dal rosso per la martellata a Bremer: sui siti, qualche interista lo faceva notare). In casi del genere, imperversano le analisi «post-ventive»: Inzaghi ha perso - anche - per non aver fatto turnover. Pioli, a Cagliari, ha vinto - soprattutto - per averlo fatto.
La sbandata e l'aggancio al vertice hanno reso la classifica un ingorgo dantesco. Eppure l'Inter ha 3 punti in più di un anno fa. Per questo, il verdetto di San Siro ci ha spiazzato. In Italia si tende a trascurare gli avversari. Il Sassuolo di Alessio Dionisi ricorda a spanne, per ardimento e leggerezza, il Foggia di Zdenek Zeman. Non si arrende mai. Cerca sempre di farti gol, al netto del risultato. Costringe i rivali a limitare le soste ai box, pena strappi e sorpassi capaci d'incenerire trafelati recuperi come il due pari di Federico Chiesa.
Siamo a fine settembre e, dunque, parlare di stanchezza mi sembra francamente una teoria strampalata. Se mai, nel caso dell'Inter, si può azzardare la tesi della pancia piena (da derby), di un momento di flessione, che porterà a implacabili giorni di riflessione. Ha colpito, dopo la rete di Denzel Dumfries, la progressiva resa. Berardi e c. hanno sfiorato il tris più di quanto i vice re d'Europa non abbiano lambito la rimonta. Strano, oltre che pericoloso. Sullo sfondo si agitano i fantasmi di esperienze troppo recenti e infelici per non alimentare un minimo di dibattito. Furono le medio-piccole, in particolare, a determinare il distacco dal Napoli. Questione di testa. È bastata una sera lasca di Lautaro Martinez e Marcus Thuram per spingere i topi d'archivio a riesumare i ghigni polverosi di Romelu Lukaku ed Edin Dzeko. Per tacere dell'infortunio di Marko Arnautovic e dell'impatto ondivago di Alexis Sanchez, tarli scoccianti.
A ciò si aggiunga la papera di Yann Sommer (sul tiro di Nedim Bajrami), la prima stagionale, un episodio che, legato alla partenza di André Onana, sulla quale molto si scrisse e molti discussero, alimenta fior di «l'avevo detto». Calma. Nella mia griglia d'agosto, solo il Napoli precedeva l'Inter. Il Napoli di quel Rudi Garcia che, per l'ammutinamento bolognese di Victor Osimhen e sino al risveglio di Khvicha Kvaratskhelia contro l'Udinese, la curva considerava l'unico responsabile di un caos non più piatto.
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Yann Sommer esce sui piedi di Nedim Bajrami durante Inter-Sassuolo - Serie A 2023-24

Credit Foto Getty Images

Non esiste la squadra perfetta. L'Inter ci era sembrata la meno imperfetta: ecco perché la caduta ha scosso le edicole. Riprenderà la marcia sabato, a Salerno. Inzaghino conserva il miglior attacco (15), la miglior difesa (3) e il capocannoniere (Lau-Toro, 5). Gli spiccioli di Davy Klaassen costituiscono tracce preziose. Mi farebbe comodo parcheggiare il concetto che la gloriosa sconfitta di Istanbul sprigionò nuove energie: mentali e tecniche. Lo ribadisco. Al doppio binario - campionato, Champions - la rosa è abituata. L'allenatore e i dirigenti, idem. Rimane il trambusto procurato dall'incidente di percorso. Con i k.o. di Inter e Lecce, sono scomparse le squadre imbattute. È un indizio di torneo senza padroni, uno spiffero di autunno caldo. Avanti popolo.
Per commentare o fare domande potete inviare una mail a roberto.beccantini@fastwebnet.it o visitare il blog di Roberto Beccantini: www.beckisback.it.
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