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La verità di Paolo Maldini: "Cardinale mi chiese la Champions ma voleva cacciarmi. Pioli va ringraziato ma..."

Stefano Dolci

Aggiornato 01/12/2023 alle 08:46 GMT+1

SERIE A - A cinque mesi esatti dalla separazione col Milan, Paolo Maldini torna a parlare in una lunga intervista con il quotidiano 'La Repubblica' raccontando la sua sul licenziamento e togliendosi macigni nei confronti di Gerry Cardinale e del gruppo dirigente: "Voleva che vincessi la Champions, ma aveva già deciso di mandarmi via. Giustificò la decisione con cattivi rapporti con Furlani ma...".

Da Theo e Leao a De Ketelaere: gli 11 colpi iconici di Maldini al Milan

Cinque mesi dopo il divorzio dal Milan, Paolo Maldini – ex capitano, bandiera e dirigente, tra i principali fautori insieme a Ricky Massara dello Scudetto vinto due anni fa dal club rossonero con Stefano Pioli in panchina - torna a parlare del suo addio prematuro al club in cui ha trascorso la stragrande maggioranza della sua vita professionale e sportiva e ne ha incarnato i valori. Come confida ad Enrico Currò del quotidiano ‘La Repubblica’, Maldini sceglie di parlare solo ora per essere il più razionale possibile e non lasciarsi prendere dagli istinti di pancia. Le sue parole e i suoi giudizi sul proprietario Gerry Cardinale, sul presidente Paolo Scaroni e sull’attuale corpo dirigente del Diavolo sono destinate a lasciare il segno e a fare molto rumore, perché Maldini in questa lunga ricostruzione non esula critiche pesanti, giudizi netti e una punta di amarezza non solo per il modo in cui è stato trattato personalmente ma anche per le modalità in cui è stato giudicato il lavoro suo e di Massara. Ecco di seguito i passaggi chiave del Maldini pensiero.

"Licenziato da Cardinale per cattivi rapporti con l’ad Furlani ma la realtà è che era una scelta presa da mesi"

"Se il club è stato venduto a 1,2 miliardi e la nuova proprietà vuole cambiare, ne ha il diritto. Ma vanno rispettati persone e ruoli. Ho dovuto trovare un accordo per i miei diritti. L’amore per il Milan rimane incondizionato. Da figlio di Cesare. Da ex capitano. Da papà di Christian e Daniel. E da dirigente in 5 anni fantastici. L’informazione però non viene indirizzata verso la verità: chi dice il contrario sa di mentire a se stesso. Per fortuna mi pare che il pubblico non si faccia condizionare. Il mio rapporto con Cardinale? Con lui, in un anno, solo una chiacchierata, più 4 suoi messaggi. Diceva che dovevamo fidarci l’uno dell’altro. Io l’ho fatto: come sia andata, è noto. Credo che la decisione di licenziarci fosse stata presa mesi prima e c’era chi lo sapeva. Il contratto, 2 anni con opzione di rinnovo, mi era stato fatto il 30 giugno 2022 alle 22: troppo impopolare mandarci via dopo lo scudetto. Il giorno del licenziamento? Cardinale mi disse che io e Massara eravamo licenziati. Gli chiesi perché e lui mi parlò di cattivi rapporti con l’ad Furlani. Allora io gli dissi: ti ho mai chiamato per lamentarmi di lui? Mai. Ci fu anche una sua battuta sulla semifinale persa con l’Inter, ma le motivazioni mi sembrarono un tantino deboli. Le cosiddette assumptions, gli obiettivi stagionali, erano: ipotizzando l’eliminazione dalla Champions, un turno passato in Europa League e la qualificazione alla Champions successiva. Quella semifinale ha portato almeno 70 milioni di introiti in più e l’indotto record di sponsor e ticketing”.

"Mai avuto, nè voluto il potere di firma, su 35 acquisti mi imputano De Ketelaere ma i giovani vanno aspettati e coccolati"

"Un ex calciatore di alto livello è abituato al giudizio ogni 3 giorni. Come dirigente sono cresciuto, nei primi 6 mesi mi sentivo inutile. Leonardo mi diceva: 'Stai solo imparando'. Non è facile interloquire con un fondo americano o un CEO sudafricano. Le critiche sul mercato? Niente di più lontano dal vero che io e il DS Massara non condividessimo obiettivi e strategie. Mai avuto, né voluto, potere di firma: nemmeno per i prestiti. Ogni acquisto era avallato da CEO e proprietà. I giocatori li abbiamo scelti noi, a volte spariva il budget. È normale a volte l’interferenza nelle scelte sportive, che spostano equilibri finanziari. È ingiusta l’accusa di non averle condivise. Per Ibrahimovic servirono tante riunioni... Su 35 acquisti ci contestano De Ketelaere, che aveva 21 anni. Se si scelgono ragazzi di quell’età, la percentuale d’insuccesso è più alta. Vanno aspettati, aiutati, coccolati, ripresi. D’altronde, dopo 3 mesi di lavoro, Boban e Massara ed io fummo chiamati a Londra da proprietà e CEO e praticamente delegittimati: i vari Leao, Bennacer e Theo non piacevano. Ma serviva un percorso. Ricordo sempre da dove siamo partiti, nel 2018-19 ereditammo una squadra non giovane e poco performante. Da 6 anni non si giocava la Champions, rosa da circa 200 milioni, monte ingaggi di 150. In 4 anni di ristrutturazione coi giovani: spesa di mercato al netto delle cessioni 120 milioni, 30 l’anno e 15 a sessione, valore della rosa salito a circa 500, stipendi scesi a 120 e poi per 3 anni a 100, senza avere potuto rinnovare con Çalhanoglu e Kessié. E a fine della stagione scorsa: 3 Champions giocate di fila uno Scudetto vinto dopo 11 anni, una semifinale di Champions dopo 16 e un bilancio in attivo dopo 17. Ma se si sta sul filo, basta una stagione per rovinare il lavoro precedente”.
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Paolo Maldini e Frederic Massara a San Siro

Credit Foto Getty Images

"Avrei tenuto Tonali, una sconfitta non essermi accorto del suo disagio e del suo problema..."

Il Budget per il mercato 2023-24? A marzo non se n’era ancora parlato e non si può aspettare giugno per programmare il mercato. Poi, 4 giorni prima del licenziamento, Furlani mi comunicò molto imbarazzato un budget basso: io ne presi atto. Dopo la nostra partenza, il budget è addirittura raddoppiato, al netto della cessione di Tonali, e il monte ingaggi è finalmente in linea col nostro piano: deve essere diventato fonte di ispirazione. Come mi sarei comportato con Tonali? Noi avremmo fatto il possibile per non lasciarlo andare. Non siamo mai stati totalmente contrari a una cessione importante, ma non c’era necessità. Per Sandro spendemmo un quinto del valore di dominio pubblico e dovemmo discutere animatamente con CEO e proprietà: non lo voleva neppure l’area scouting. Come ho reagito alla notizia dei suoi problemi con le scommesse? L’ho vissuta come una sconfitta: non mi sono mai accorto del suo disagio. Non si fa mai abbastanza per i ragazzi. Acquisti e cessioni sono solo una piccola parte del lavoro. Quello vero con Leao, Hernández, Bennacer, Maignan, Kalulu, Thiaw, Tomori e molti altri, è stato supportare il loro sviluppo”.

"Pioli va ringraziato per lo Scudetto ma... Il mio consiglio a Ibra è osservare e imparare"

Pioli va ringraziato è stato fondamentale per i giovani. Però l'allenatore è tra le persone più sole del calcio. Dargli compiti che esulano dai suoi, senza sostegno, lo renderà sempre più solo. La possibilità di sostituirlo con Pirlo? Il mio ruolo prevede confronti frequenti. Con Pioli lo stavamo già facendo per la stagione successiva. Aveva meritato il rinnovo fino al 2025. E se ci fosse stata, come in passato, unità di intenti e visioni con gli obiettivi societari, non vedo perché l'avremmo dovuto cambiare. Ibrahimovic in società? Gli posso suggerire che all'inizio sarebbe logico osservare e imparare”.
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Paolo Maldini e Stefano Pioli a Milanello

Credit Foto Getty Images

"Il Milan merita un presidente e dirigenti che non lascino la squadra sola. E il tema nuovo Stadio fu un terreno di scontro..."

“Scaroni dice che senza di me c’è un gruppo di lavoro più unito? Mi dà fastidio come si raccontano le cose. Il Milan merita un Presidente che ne faccia solo gli interessi e dirigenti che non lascino la squadra sola. Lui non ha mai chiesto se serviva incoraggiamento a giocatori e gruppo di lavoro. L’ho visto spesso andare via quando gli avversari pareggiavano o passavano in vantaggio, magari solo per non trovare traffico, ma puntualissimo in prima fila per lo Scudetto. Ho un concetto diverso di condivisione e di gruppo. Posso dire lo stesso anche rispetto ai due CEO, Gazidis e Furlani. Nuovo stadio? Motivo di scontro. Non potevo mettere la faccia su un progetto da 55-60mila posti, quasi tutti corporate. Lottavo per uno stadio più grande e con parte dei posti popolari. Vista la media di oltre 70mila a San Siro avevo ragione. La mia idea di stadio? Con un nuovo San Siro, e con più verde, si rivaluterebbe una zona a rischio abbandono. Milano è trainante in Europa. Dobbiamo temere il degrado, non il futuro. I grandi campioni hanno reso lo stadio iconico. Ma è passato. Milano ha sempre guardato al futuro”.

"Non servono algoritmi per prendere Loftus-Cheeks e Pulisic. E su Messi..."

"Non ce bisogno di algoritmi, per prendere Loftus-Cheek, Pulisic e Chukwueze: basta usare i soldi che merita una squadra che finalmente fattura 400 milioni. Non si possono paragonare i 4 mercati precedenti con l’ultimo, avevamo armi diverse. La sostenibilità? Con Boban e Massara è stato stimolante tagliare del 30% gli ingaggi, rinnovare la rosa e aumentarne il valore con scudetto e 3 anni di Champions, dopo 7 senza. La suggestione Messi? Dopo il Barça era libero e secondo proiezione sull'indotto ne valeva la pena, con il Decreto Crescita. Leonardo ci spiegò che il PSG era già avanti, così è rimasta un'idea”.

"Mai in Italia in un altro club. Quando sono andato via ho detto..."

"Il mio futuro professionale? Le alternative al Milan sono limitate: non mi vedrete mai in un'altra italiana, eventualmente solo una straniera di alto livello. A me piace vincere e costruire. L'Arabia? Chissà, potrebbe essere un'idea... Un legame di 36 anni è troppo forte e resterà per sempre: la storia non si cancella. Dico grazie alla vita e al Milan. Ora ci sono persone di passaggio, senza un reale rispetto di identità e storia del Milan. Vedo rappresentata una nuova era, un Berlusconi due. Un ripassino della storia italiana degli ultimi 40 anni, politica e imprenditoriale? L’ho detto prima del mio congedo: ‘Oggi comandate voi, ma per favore rispettate la storia del Milan'”.
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Pioli: "I tifosi hanno il diritto di criticare, noi il dovere di fare meglio"

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