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Ciclismo, Giro Donne 2022 - Annemiek van Vleuten come un diamante, Italia da sogno: le verità della corsa rosa

Carlo Filippo Vardelli

Pubblicato 11/07/2022 alle 08:11 GMT+2

GIRO DONNE - Dall'eterna Annemiek van Vleuten al domani di Marta Cavalli. Dalla discesa di Mavi Garcia alla risurrezione di Elisa Longo Borghini. Dalle ruote veloci di Elisa Balsamo e Marianne Vos a quella di Chiara Consonni. Dal grandioso presente di questo movimento ad un futuro ricco di soddisfazioni. Il Giro è finito, ma non tutti gli addii provocano un pianto.

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Gli addii sono sinonimo di grande tristezza, ma non sempre c’è bisogno di piangere. Il Giro Donne 2022 è ufficialmente finito, ma da questa edizione ne usciamo rafforzati, come se avessimo fatto il pieno di certezze e convinzioni. Una su tutte? Beh, che Annemiek van Vleuten è una ciclista mistica, tanto imprendibile sulla bici quanto spontanea nelle interviste post gara. Il suo trionfo nasce da una mentalità che probabilmente scavalca anche l’abilità sui pedali. "Attaccare è il miglior modo per difendersi": da Johan Cruijff direttamente a lei, in un passaggio di consegne nemmeno così improbabile. Poi, abbiamo capito che le cicliste italiane sono forti. Ma forti per davvero. Quasi tutte sono riuscite a confermare tutte le nostre aspettative, non calando nemmeno di un centesimo di secondo il loro rendimento. E non parlo solo di Marta Cavalli, Elisa Longo Borghini ed Elisa Balsamo. In ogni tappa, da quelle più facili a quelle più impegnative, l’Italia è stata capace di mettere almeno 2 atlete – fino ad un massimo di 5 – in top10, confermando quello che si va dicendo da mesi: il nostro movimento è uno dei migliori al mondo.
Quattro italiane nella top10 finale: Cavalli, Longo Borghini, Magnaldi e Persico
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Annemiek van Vleuten è per sempre, come i diamanti

Il claim di uno spot della De Beers, a cavallo tra anni ’80 e ’90, faceva così: "un diamante è per sempre". La pubblicità in sé non era un granché, ma in dieci secondi riassumeva bene quel concetto. Vedendo la campagna italiana di van Vleuten, alla soglia dei 40 anni, mi è tornata in mente quella frase. La neerlandese classe 1982, capitana e leader della Movistar, ha vinto per la terza volta in carriera la maglia rosa. Potevano addirittura essere quattro le vittorie se non si fosse sbriciolata il polso a Maddaloni nel 2020, ma questo è un altro discorso.
Nei 10 giorni di corsa attraverso il nostro paese, con il suo stile aggressivo ma non perfetto (lo abbiamo rimarcato più volte, soprattutto in nazionale), AvV ha trionfato a Cesena, dimostrandosi completa su un percorso ondulato che ricalcava la Gran Fondo Nove Colli. Ha rimontano l’attacco di Mavi Garcia e Longo Borghini a Bergamo, dopo essere stata ostacolata da una caduta. Ha staccato le avversarie dirette nella "unipuerto" del Maniva e infine ha timbrato la personalissima doppietta ad Aldeno, sigillando la classifica generale.
Insomma, ha fatto la differenza in ogni tappa ed è riuscita a sopravvivere allo spavento della caduta a 5km dall’arrivo di Aldeno, dove qualche fantasma è sicuramente riemerso. Siamo contenti che abbia deciso di prolungare la sua fatica in sella fino al 2023, perché oltre a regalare emozioni può essere maestra e ispiratrice di sogni per le generazioni future. Certamente non le serviva questa affermazione per entrare con il pass gold nell’immortalità del ciclismo, ma ci è sembrato comunque giusto stenderle il tappeto rosso (per l’ennesima volta).
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Marta Cavalli è oggi e domani

Prima del Giro abbiamo coltivato un’idea meravigliosa: e se Marta Cavalli vincesse la maglia rosa? Le due prove di forza all’Amstel Gold Race e alla Freccia Vallone ci avevano proiettato fino alle porte del paradiso, ma realtà dei fatti è che contro questa van Vleuten c’era poco da fare. Troppo superiore la neerlandese, soprattutto a Cesena e nelle salite prima di Aldeno, dove la capitana della Movistar ha costruito il suo trionfo. In ogni caso, nonostante il distacco di 1’52” al traguardo di Padova, per Marta è stato un Giro eccellente.
La classe 1998, in forza alla FDJ Nouvelle-Aquitaine Futuroscope, ha fatto vedere due cose importanti per il presente e per il futuro. Innanzitutto, si è dimostrata tignosa quasi ai livelli della campionessa olandese. Nella frazione da San Michele All’Adige a San Lorenzo Dorsino, con la classifica già virtualmente chiusa, Marta ha attaccato senza alcuna sosta, riuscendo a portar via circa 15” a van Vleuten. In classifica generale le sono serviti a poco, ma è la mentalità quella che conta.
In secondo luogo, ci hanno colpito le capacità di migliorare nel corso della manifestazione e di imparare dai propri errori. Marta non è partita bene a cronometro, e nella giornata di Cesena ha preso una discreta bottarella, ma nella nona tappa ha reagito d’orgoglio ed è riuscita a staccare Annemiek. In ottica futura, questi sono segnali piuttosto incoraggianti. Cavalli è 16 anni più giovane di van Vleuten, e per quanto la neerlandese sia "per sempre", a fine 2023 lascerà il suo trono vacante. Il futuro è proprio dietro l’angolo.
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Cavalli e Mavi Garcia fanno da cornice a van Vleuten: il podio finale

Balsamo, Longo Borghini, Vos e le altre verità

Il Giro, però, non è stato solo Cavalli contro van Vleuten. Da Cagliari a Padova – per undici giorni considerando il riposo – tante atlete hanno offerto la migliore versione di sé, dimostrando al mondo intero quanti miglioramenti stia facendo il movimento. Ad esempio: chi è fan della velocità si è goduto Elisa Balsamo manifestarsi come la più forte velocista al mondo (Wiebes permettendo). La cuneense ha duellato con Marianne Vos e Charlotte Kool, trovando il successo in 2 occasioni.
Alle sue spalle, sempre parlando di successi, proprio Marianne Vos è entrata ancora di più nella leggenda. La neerlandese della Jumbo-Visma, vincitrice della corsa rosa in tre occasioni (2011, 2012 e 2014), con gli sprint di Olbia e Bergamo ha messo insieme tre robette da niente: 240 vittorie in carriera (più di Cavendish, van Aert e van der Poel messi insieme), 32 al Giro Donne e almeno una tappa in tutte le partecipazioni alla corsa rosa (11). Le parole sono finite da tempo: rimangono solo gli applausi.
Infine, abbiamo assistito alla risurrezione di Elisa Longo Borghini, che dopo la bambola memorabile di Cesena è andata ad un passo dal podio (solo 49” dietro a Mavi Garcia). Abbiamo constatato la crescita di Niamh Fisher-Black. Abbiamo applaudito i successi di Kristen Faulkner (cronoprologo e impresa a San Lorenzo Dorsino) e compreso – come dicevamo nell’introduzione – quanto sia in salute il nostro movimento. Tra Persico (una delle atlete più complete su più discipline), Magnaldi, Realini (classe 2001!), Consonni, Barbieri e Bastianini ci siamo divertiti e ci divertiremo ancora a lungo.
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