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Tour de France 2023, pagelle: Vingegaard mostruoso, Ciccone storico, van der Poel "normale", Pogacar indomito

Marco Castro

Pubblicato 24/07/2023 alle 11:07 GMT+2

TOUR DE FRANCE - La Grande Boucle 110 si chiude come quella precedente: Jonas Vingegaard è ancora il re della corsa più importante del mondo e il primo dei battuti è Tadej Pogacar, comunque superbo show-man. Jasper Philipsen domina le volate, Giulio Ciccone riporta la maglia a pois in Italia dopo 31 anni, Mathieu van der Poel brilla solo come scudiero. Pochi risultati per i big francesi.

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I Paesi Baschi hanno aperto le danze, Parigi ha accolto i corridori stremati dopo tre settimane tostissime. Il Tour de France 2023 passa agli archivi dopo 3408,9 chilometri di passione, battaglie e colpi di scena, cadute e risalite, conferme e scoperte. La strada ha incoronato il suo nuovo re, che poi è anche quello vecchio: Jonas Vingegaard. Troppo forte il danese, per chiunque e soprattutto per Tadej Pogacar, primo degli sconfitti ma mai domo. La maglia verde è di un dominante Jasper Philipsen, quella a pois torna in Italia dopo una vita grazie a Giulio Ciccone. E come è stata la Grande Boucle di Mathieu van der Poel, Wout van Aert e Julian Alaphilippe? E quali sono i corridori e le squadre che hanno deluso rispetto alle aspettative? E come si sono comportati i francesi padroni di casa? Vediamo di riassumere a suon di voti quanto visto in queste ventuno tappe.
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Tutte le maglie sfilano in testa: con Ciccone ci sono Vingegaard, Philipsen e Pogacar

10 e lode al back-to-back di Jonas Vingegaard

A differenza dell'edizione precedente, il danese partiva con i favori del pronostico. Vuoi perchè campione in carica, vuoi per le incognite sulla condizione dell'unico avversario del suo livello. Beh, il capitano della Jumbo-Visma dimostra di non patire minimanente la pressione e disputa una tre-settimane semplicemente perfetta. Pogacar lo irretisce con le sue sparate, ma lui non perde la calma e vince il primo, vero duello in alta quota. Nel cuore del Tour si dimostra anche capace di incassare, concedendo solo qualche manciata di secondi nei giorni più luminosi del rivale. Poi, disegna il suo capolavoro nella cronometro di Combloux. Una prova di forza stordente, storica, di come se ne sono viste assai di rado in epoca recente. Il giorno dopo arriva la resa di Tadej e lui può godersi gli ultimi giorni quasi in tranquillità, visto l'enorme vantaggio.
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9,5 alla superiorità in volata di Jasper Philipsen

Il parterre dei velocisti è di livello eccelso e spesso tocca faticare anche per entrare in top 10. Non lui, che fin dalle prime volate si dimostra semplicemente di un'altra categoria. Brucia l'asfalto - nell'ordine - a Bayonne, Nogaro, Bordeaux e Moulins, chiudendo secondo a Limoges e Parigi, oltre che quarto a Bourg-en-Bresse e Poligny. Una sfilza di risultati impressionante per il 25enne belga, più veloce dei rivali allo sprint e più resistente nelle tappe mosse. Il risultato è una classifica della maglia verde dominata con oltre cento punti di margine sul più immediato inseguitore. Uno dei corridori copertina, al netto di qualche polemica per alcune manovre in volata e per un episodio discutibile nei confronti di un avversario nella 18ª tappa.
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9 a un Tadej Pogacar mai domo

Lo sloveno si presenta al Tour fresco di doppio titolo nazionale, ma in cerca di banchi di prova più esigenti per capire il livello della sua condizione dopo l'infortunio al polso patito alla Liegi. Sfida Jonas Vingegaard appena possibile, sprintando per piazzamenti e abbuoni e costruendosi un piccolo tesoretto in classifica. La prima sconfitta arriva sul Col de Marie Blanque, ma la reazione è da campione e gli vale il successo di tappa, a Cauterets-Cambasque. Tadej è conscio del valore dell'avversario e continua la sua tattica d'attacco, molto dispendiosa. Ma il castello del danese è di una solidità disarmante e lui finisce le cartucce. La cronometro è un sonoro schiaffone, il Col de la Loze la sua condanna. Tadej accetta la sconfitta prematura ma non perde la sua indole. Esulta d'orgoglio anche a Le Markstein e attacca addirittura sugli Champs-Élysées. Vince la classifica giovani per il quarto anno di fila e sale sul podio di un Grande Giro per la quinta volta su cinque. Battuto, ma sempre fenomeno rimane.
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A Pogacar l'ultimo duello con Vingegaard: rivivi la volata

8,5 alla tripletta della Bahrain

Pello Bilbao a Issoire, Wout Poels a Saint-Gervais-Mont Blanc, Matej Mohoric a Poligny. Il cambio di marcia avviene nella seconda metà di corsa, quando vanno a segno con magiche azioni da lontano e diventano l'unica squadra di questa edizione a imporsi con tre corridori diversi. Davvero un grande risultato per una formazione di qualità ed esperienza, capace di gonfiare il petto in tanti scenari differenti (da sottolineare anche i tre podi in volata di Phil Bauhaus). A ogni hurrà, la scena è sempre la stessa: dito al cielo, commozione e parole in ricordo di un compagno che non c'è più. Il desiderio di onorare Gino Mäder, probabilmente, è stata ulteriore benzina nelle loro gambe. Doveroso sottolineare, al di là dei successi parziali, il sesto posto in classifica dello stesso Bilbao.
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8 al risultato storico di Giulio Ciccone

Prima del Tour de France dichiara che la maglia a pois è il suo obiettivo. L'ambizione diventa realtà dopo tre settimane in cui l'abruzzese mantiene sempre il focus su quel bersaglio, anche quando sembra che la sua corsa possa puntare su altri lidi. Come dopo la tappa di Laruns, quando è addirittura terzo nella generale. Giulio segue il suo copione ed esce di classifica, sferrando l'attacco alla diligenza sul finire della seconda settimana e completando l'opera nei due appuntamenti cruciali della terza, ovvero nelle tappe di Courchevel e Le Markstein. Aiutato dal superbo lavoro di due compagni su tutti, Mads Pedersen e Mattias Skjelmose, il corridore della Trek riporta in Italia una casacca così prestigiosa 31 anni dopo Claudio Chiappucci. Davvero niente male.
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8 al podio di Adam Yates

A quasi 31 anni, il gemello di Bury ottiene il primo podio finale in un Grande Giro vincendo la sfida interna con il fratello Simon. Vero, Vingegaard dista quasi undici minuti ma lui riesce nell'impresa da "secondo uomo", luogotenente e preziosa spalla di quel Tadej Pogacar che lo precede in classifica. Il britannico si toglie anche lo sfizio di conquistare la tappa inaugurale a Bilbao e di indossare la prima maglia gialla. Insomma, un Tour da ricordare.
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7,5 al risveglio della Cofidis

La squadra francese deteneva un digiuno di vittorie al Tour iniziato nel preistorico 2008, ovvero dal successo di Sylvain Chavanel a Montluçon nell'edizione del trionfo di Carlos Sastre. Una striscia incredibile spezzata già alla seconda tappa, quando Victor Lafay si inventa un numero clamoroso per anticipare la Jumbo già schierata (più o meno) per Wout van Aert. E siccome l'appetito vien mangiando, ecco il bis firmato Ion Izagirre in quel di Belleville-en-Beaujolais. Redivivi.
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7,5 al motore di Mads Pedersen e all'indole di Victor Campenaerts

Signore e signori, che gamba per il danese! Il classe '95 si prende la scena a ripetizione, andando all'attacco decine di volte e facendosi vedere su più terreni. Quando è chiamato in causa è pedina fondamentale al servizio della squadra. E il giusto premio è il trionfo di Limoges: un risultato che gli permette di allungare a quattro la striscia di Grandi Giri consecutivi con almeno una vittoria. Campenaerts, invece, è una vera e propria scheggia impazzita, soprattutto nella terza settimana. Attacca sempre, spesso e volentieri nei primissimi metri di corsa e preferibilmente da solo e in situazioni da poche speranze. Non a caso viene eletto supercombattivo dell'intera edizione.
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7 agli assoli

Vincere nel ciclismo è sempre meraviglioso, ma staccare tutti e avere il tempo per esultare ha un sapore speciale. In questa Grande Boucle ci sono stati numerosi assoli e parlando di Bahrain e Cofidis ne abbiamo citati alcuni. Nella lista, è doveroso menzionarne altri cinque: la magata di Jai Hindley a Laruns, con tanto di maglia gialla in saccoccia; la rimonta d'esperienza di Michael Woods nel giorno del ritorno sul celebre Puy de Dôme; la scalata di classe dell'ex campione del mondo Michal Kwiatkowski sul Grand Colombier e la stoccata di opportunismo di Carlos Rodriguez a Morzine per una sontuosa due-giorni a firma INEOS; la cavalcata di Felix Gall nella tappa regina con il Col de la Loze.
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7 a Wout van Aert

Lo "zero" alla voce vittorie sicuramente stona, perchè nelle ultime quattro edizioni era sempre andato a segno. Detto ciò, è impossibile giudicare negativamente quanto fatto dal belga finchè è stato in gara. I quattro piazzamenti sul podio in tappe dalle caratteristiche completamente diverse la dicono lunga sulla "totalità" di questo corridore. Spesso si deve arrangiare per sostenere la sua causa, visto che gli altri Jumbo sono tutti per Vingegaard. Ma quando deve lavorare per il danese non si tira certo indietro e fa la differenza in pianura come sulla più tosta delle salite. Insostituibile.
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6,5 a Luca Mozzato

Il velocista della Arkea Samsic conferma quanto di buono visto nella passata edizione, centrando tre piazzamenti in top 10 (quarto a Bordeaux). Non era affatto scontato vista la concorrenza e dovendo arrangiarsi da solo nella maggior parte delle occasioni.

6 alla Quick Step

Il voto sarebbe stato sicuramente insufficiente senza il contributo nella terza settimana di Kasper Asgreen. Il danese sbanca Bourg-en-Bresse e va vicino a un clamoroso bis il giorno dopo a Poligny. Il Wolfpack riesce così ad andare a segno al Tour per l'undicesima stagione di fila, ma a livello di piazzamenti recita un ruolo marginale con appena cinque top 10 in ventuno tappe. Fabio Jakobsen si ammacca ben presto e poi si ritira, Julian Alaphilippe va all'attacco quasi tutti i giorni ma finisce sempre la benzina nei momenti clou e non va mai vicino al successo. Poco in vista gli altri cinque.

6 a un van der Poel "normale"

È chiaro che da un fenomeno del suo calibro ci si attenda sempre la Luna, ma questo è sembrato davvero un Tour di preparazione per i Mondiali di agosto. Il neerlandese è andato all'attacco e si è preso lunghe pause, ha forzato in alcuni frangenti e ha fatto gruppetto in tanti altri. Tre settimane per affinare la condizione e dove non ha mai fatto la differenza, almeno per il proprio conto. A livello di squadra, è stato magistrale come ultimo uomo nei primi due successi di Philipsen, mentre nelle ultime volate è stato meno performante.
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5,5 ai risultati dei francesi di punta

Nella corsa di casa, i riflettori sono sempre accesi su di loro ma la verità che i francesi più attesi non hanno brillato particolarmente. Un solo successo con Lafay e l'abbiamo menzionato così come si è detto dell'appannamento di Alaphilippe. A livello di classifica generale ne piazzano due nei dieci - David Gaudu nono e Guillaume Martin decimo - ma ci si aspettava certamente di più soprattutto dal primo dopo aver ricevuto una squadra totalmente votata alla sua causa. E invece il corridore della Groupama peggiora di cinque posizioni il suo piazzamento finale rispetto al 2022 e sprofonda a 26 minuti da Vingegaard senza colpo ferire. Romain Bardet è sfortunato e abbandona anzitempo, dopo qualche alto e basso. Thibaut Pinot sfodera l'orgoglio nella sua last dance, ma non trova l'acuto. Pochissimi guizzi anche da parte di Benoit Cosnefroy e Valentin Madouas. Bryan Coquard chiude terzo nella classifica a punti grazie alla continuità, ma non sale mai sul podio di tappa. Insomma, qualcosa in più da questi corridori è lecito attendersi.
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5,5 alla EF

Pronti, via e perdono il leader Richard Carapaz. Nel prosieguo del Tour devono arrendersi, causa cadute, anche Esteban Chaves e James Shaw. Insomma, non sono fortunati ma cinque piazzamenti nei dieci e nessun podio non sono un bottino ragguardevole. Alberto Bettiol si mette in mostra in qualche fuga e lavora spesso per i compagni. Neilson Powless veste la maglia a poi diversi giorni, prima di eclissarsi. Da Rigoberto Uran e soprattutto da Magnus Cort arriva poco o nulla.

5 a Biniam Girmay

È atteso al varco al suo primo Tour de France e ha diverse occasioni adatte alle sue doti. Eppure le manca quasi tutte. Il giorno più felice è nella tappa di Bordeaux, dove agguanta il terzo posto dietro a Philipsen e Cavendish. Nel gran finale di Parigi centra un discreto sesto, per il resto nulla di positivo da segnalare. Rimandato.
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4,5 all'ultimo Tour di Peter Sagan

Fa male vedere il vincitore di sette maglie verdi così fuori dai giochi per il successo nelle sue ultime apparizioni su questo palcoscenico. Eppure lo slovacco dà proprio l'idea non avere più la fame, la voglia, la testa per rivaleggiare con i tanti rivali delle volate. Una volta sola nei dieci, a Moulins, ottavo. Dispiace.
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4,5 a Mikel Landa

L'inizio nei Paesi Baschi non è nemmeno da buttare via, ma in breve lo spagnolo scompare dai radar nonostante le tante salite in cui potrebbe farsi valere e vederlo staccarsi non solo da Vingegaard e Pogacar ma anche da gruppi piuttosto folti non fa più notizia già a metà Tour. Prova un timido riscatto cercando la fuga, ma è invisibile pure lì.

4 alla dsm - firmenich

La squadra meno in vista dell'intero Tour de France. Vero, perdono ben presto Romain Bardet, ma non trovano alternative credibili per mettersi in mostra. I quattro piazzamenti in top 10 in ventuno tappe sono un risultato davvero desolante.
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"Goditela Cicco!": Giulio Ciccone con la maglia a Parigi, rivivi la premiazione

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