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Paralimpiadi Tokyo 2020 - Le 10 storie più belle che ci hanno raccontato questi Giochi: da Long alla tripletta azzurra

Marco Arcari

Pubblicato 06/09/2021 alle 11:30 GMT+2

PARALIMPIADI TOKYO 2020 - Appena conclusisi, questi Giochi ci hanno regalato tantissime soddisfazioni. Ben 69 medaglie, 2° risultato di sempre per l'Italia, ma anche storie di vita, prima ancora che di sport. Andiamo a scoprire insieme i dieci personaggi o risultati che ci rimarranno per sempre nella memoria.

Le 10 storie più belle che ci hanno raccontato le Paralimpiadi

Credit Foto Eurosport

I Giochi Paralimpici di Tokyo 2020 sono stati bellissimi. Non solo perché abbiamo assistito a 69 medaglie azzurre - secondo risultato di sempre, dopo le 80 di Roma 1960 - ma anche perché dietro ogni atleta c'è una storia di vita meravigliosa, in cui lo sport è occasione per riscattarsi, o addirittura rinascere. Si farebbe spicciola retorica nel definire questi sportivi come "eroi", ma è anche vero che la loro forza di volontà, la loro abnegazione e il loro coraggio possono essere presi a modello e imitati nella vita di tutti i giorni.

1 - Il podio dei 100 metri T63 femminili

Vedere solo tricolori durante una cerimonia di una gara di atletica è un qualcosa che non si può spiegare a parole. Martina Caironi (argento), Monica Contrafatto (bronzo) e Ambra Sabatini (oro e record del mondo) riscrivono la storia dello sport azzurro con una tripletta fantastica, destinata a restare negli annali dell'atletica. Era la gara più attesa, con aspettative altissime, ma le azzurre non hanno deluso nessuno. Lo scettro passa da Caironi a Sabatini, la quale spodesta la sua idola dal trono paralimpico dopo cinque anni. Il gruppo è però così coeso che le tre atlete non ne vogliono sapere di definire la singola posizione rispetto a quella delle altre. Si tratta dell'ultimo acuto di un'estate leggendaria, la più bella di sempre per lo sport italiano. Il fatto che l'abbiano piazzato loro, non può che colmare di gioia i nostri cuori di appassionati.
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Tripletta azzurra! Sabatini, Caironi e Contrafatto nella storia

Credit Foto Getty Images

2 - Blade Jumper, ossia Markus Rehm

A 33 anni il tedesco si mette al collo il 3° oro paralimpico consecutivo nel salto in lungo (T44) e non lascia neppure le briciole agli avversari. Dopo l'amputazione di parte della gamba destra, in seguito a un incidente mentre stava facendo wakeboard nel 2005, Rehm sta tentando di partecipare anche alle Olimpiadi. Numeri alla mano - è detentore del record del mondo, con 8.62 fatto registrare nel giugno scorso - dovrebbe averne la possibilità, eppure ciò non si è ancora verificato a causa di quello che ormai è conosciuto come "technical doping". Intanto si diverte allora a fare un altro sport, rispetto a tutti gli avversari, nella disciplina paralimpica, oltre che a essere un tecnico ortopedico affermato e di successo.
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Markus Rehm (Germania)

Credit Foto Getty Images

3 - Sarah Storey, la lady di ferro

Un braccio sinistro non completamente sviluppato, perché rimasto incagliato nel cordone ombelicale, non le ha impedito di diventare un simbolo sportivo in tutto il mondo. A quasi 44 anni d'età, la britannica ha appena terminato l'ottava Paralimpiade personale consecutiva, arrivando a toccare quota 17 ori a cinque cerchi, tra nuoto e ciclismo. Un'autentica leggenda, per longevità agonistica, carisma e mentalità vincente: sono passati trent'anni dal primo oro (100 dorso a Barcellona 1992), eppure la classe di questa splendida atleta è ancora intatta, forse intramontabile.

4 - Jessica Long, miss 29 medaglie

Non la scopriamo certo oggi, per carità, ma rimane fin troppo emblematica per non essere celebrata costantemente. Dopo una Rio de Janeiro 2016 un po' sottotono, per i suoi elevatissimi standard, gli Stati Uniti hanno deciso di puntare quasi tutto su di lei nella vasca dell'Aquatics Centre di Tokyo 2020. Long li ha ripagati con sei medaglie (tre ori), toccando quota 29 in carriera e diventando la seconda nuotatrice per numero di medaglie, dietro all'inarrivabile Trischa Zorn (55, di cui 41 ori).
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Jessica Long con una medaglia d'oro, la sedicesima paralimpica della sua carriera, conquistata ai Giochi di Tokyo 2020

Credit Foto Getty Images

5 - Zahra Nemati, un arco perfetto

Potremmo avercela un po' con lei, per quel 10 al centro perfetto del bersaglio nello shot-off di finale contro la nostra Vincenza Petrilli. La sua storia è però talmente bella che anche il campanilismo sportivo deve essere messo da parte, per forza di cose. Prima donna iraniana a vincere un oro tra Olimpiadi e Paralimpiadi, portabandiera olimpica a Rio de Janeiro 2016 e ora tri-campionessa nell'arco ricurvo femminile individuale. Un incidente automobilisco le causò una lesione del midollo spinale, con conseguente paralisi, quando era un prospetto nazionale nel Taekwondo - sport paralimpico proprio da quest'anno-, ma non le ha comunque impedito di scrivere bellissime pagine di storia sportiva.

6 - Carlotta Gilli, gioventù al potere

Una delle azzurre più attese di questi Giochi, nonostante i soli 20 anni d'età. Lei ha risposto con due ori, due argenti e un bronzo, oltre a qualche record del mondo, giusto per non farsi mancare nulla. Affetta dalla malattia di Stargardt, una retinopatia degenerativa su base genetica a trasmissione autosomica recessiva, che colpisce circa una persona su diecimila e rappresenta una delle principali cause di ipovisione giovanile, Gilli ha trasformato questa disabilità in una sua totale libertà. Nell'onda azzurra che ha travolto la vasca dell'Aquatics Centre di Tokyo, la sua scia è stata una delle più belle e spumose. Adesso la aspettiamo a Parigi 2024, per goderci nuovamente insieme altre medaglie.
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Carlotta Gilli, oro e record del mondo nei 200 misti SM13 femminili a Tokyo 2020

Credit Foto Getty Images

7 - Shingo Kunieda, re indiscusso del tennis

A 9 anni un tumore alla spina dorsale lo costrinse a rimanere paralizzato dalla vita in giù. Da quel momento: 89% di match vinti in carriera, 3° oro paralimpico, vinto peraltro in casa, e una carriera sensazionale. "Spero che tantissimi bambini possano guardare agli sport paralimpici e comprendere le infinite possibilità dell'essere umano", aveva dichiarato qualche mese fa in un'intervista, ma siamo noi che non riusciamo a capire quanto ancora possa durare il suo regno sul rettangolo di gioco. Gli manca solo Wimbledon, poi avrà vinto tutto: nel 2019 è stata finale, ma siamo certo che l'obiettivo verrà prima o poi centrato, aggiungendosi così a 10 Australian Open, 7 Roland Garros e altrettanti US Open.

8 - Natalia Partyka, polacca d'oro

Se pensiamo al tennis tavolo, difficilmente immaginiamo la Polonia. Dovremmo però farlo, visto che la dominatrice di questo sport è nata a Danzica. Esordio paralimpico a Sydney 2000, a soli 11 anni d'età (la più giovane di sempre nella storia del tennis tavolo), poi quattro affermazioni consecutive (da Atene 2004 a Rio de Janeiro 2016). Quest'anno "solo" bronzo nell'individuale ma oro a squadre in cassaforte, manco a dirlo. Nel mezzo, cinque Olimpiadi con buoni risultati e un dominio nella disciplina senza eguali.
Per me la disabilità non è nulla

9 - Salume Ageze Kashafali, profugo campione

Una storia da libro o da pellicola cinematografica: mendicante nella Repubblica del Congo prima, rifugiato in Norvegia poi, quindi campione paralimpico nei 100 metri per atleti con ipovisione (T12). Ha definito il trasferimento in Norvegia, da rifugiato di guerra, come la sua vincita alla lotteria, pur dovendo abbandonare l'amato calcio a causa della malattia di Stargardt. Poco male, perché in termini di velocità non ha comunque rivali, neppure tra i normodotati. A Tokyo 2020 si prende anche il gusto di scrivere il proprio nome accanto a quello di Sua Maestà, Jason Smyth, grazie al record del mondo dei 100 metri piani in 10.43.

10 - Bebe Vio, ovvero il concetto di immensità

Rischiare di morire e, neppure quattro mesi dopo, andare a vincere il 2° oro paralimpico consecutivo nel fioretto femminile, oltre a trascinare la squadra azzurra a un bellissimo argento nella prova a squadre. Non ci sono ormai più parole per descrivere la straordinaria Vio. Una resilienza incredibile, ma anche esultanze contagiose e capacità comunicative da cattedra universitaria. Senza ovviamente dimenticare le doti nel tirare di scherma, disciplina di cui s'innamorò per sbaglio. A Tokyo 2020 ci ha dato un'altra lezione di vita, l'ennesima, insegnandoci che ciò che sembra impossibile si può in realtà fare. Nell'estate più bella dello sport italiano, c'è anche la faccia di una bellissima Bebe. Formato gigantografia, ovviamente.
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