Le pagelle dell'Australian Open 2021: Djokovic e Osaka, re e regina del cemento
Aggiornato 22/02/2021 alle 12:04 GMT+1
AUSTRALIAN OPEN – Tra vincitori, vinti, sconfitti, sorprese, delusioni, giovani e italiani, diamo come al solito i voti. Da Djokovic il re di Melbourne a Naomi Osaka la regina del cemento, passando per Nadal e Serena Williams fino agli exploit di Muchova e Karatsev. Australian Open 2021: le pagelle di fine torneo.
I vincitori
Novak Djokovic. Federer a Londra, Nadal a Parigi, Djokovic a Melbourne. A ciascuno il suo. Ne hanno dette e ridette di tutti i colori: la quarantena, la lettera, l’infortunio e chi più ne ha, più ne metta. Dominando, soffrendo... Ma alla fine qui vince sempre lui. E questo forse vale un po' di più per come si erano messe le cose, per come si era complicato il cammino, per il fatto che vale il meno 2 dai sopracitati. Li prenderà. Eccome se li prenderà. Perché in mente non ha altro. Voto 10. All'obiettivo.
Naomi Osaka. Con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così... No, non sono Bruno Lauzi e Paolo Conte che vanno a Genova, ma è la solita, imperscrutabile, Naomi Osaka. Una che di primo acchito sembra innocua come un gattino, salvo poi mangiarti vivo in campo, per lo meno quanto ne ha voglia, quando conta. Già perché se su 7 titoli in carriera 4 sono slam, vuol dire che qualcosa non va e al tempo stesso funziona benissimo; vuol dire che se hai voglia, quando hai voglia, se ti va, sul cemento, non ce n’è più per nessuna. Ventuno partite consecutive vinte. Sotto alla prossima. Voto 10. Meow.
I finalisti
Daniil Medvedev. Ci voleva qualcosa di speciale per fermare la striscia di 20 vittorie consecutive. Equel qualcosa di speciale si chiama Novak Djokovic. Certo, non staccare la spina dopo un set e un game forse avrebbe aiutato. Ma vi sentite davvero di biasimarlo, dopo un torneo del genere? Ha perso. Ma ha perso dal più forte. E allora voto 8,5. Alla striscia. Interrotta.
Jennifer Brady. Un destino per certi versi simile a quello raccontato qui sopra. Ha sfruttato le sue chance, si è spinta fin dove si poteva spingere e ha mollato un po’ troppo presto la finale. Di fatto però si è arresa alla più forte. E dunque poco da dire anche qui: complimenti, riprova, magari migliora qualcosa. Voto 8,5. Al cammino.
Gli sconfitti
Rafael Nadal. L’Australia non è casa sua e questo ormai è piuttosto evidente. C’erano incognite e dubbi prima dell’inizio; ce ne sono un po’ meno dopo il torneo. Rafa non è più imbattibile da un bel tot e su questa superficie non lo è probabilmente proprio mai stato. Che dire allora per un torneo dove ha fatto il suo finché non è arrivato il primo, vero, ostacolo? Poco. Se non l’ovvio: poteva far meglio; così come nulla, in fondo, dopo una carriera del genere, è ancora dovuto. Voto 6,5. Alla remuntada. Subita.
Serena Williams. Ha lottato. Ha corso. E probabilmente per far questo si è allenata anche più di quanto non avesse fatto nel recente passato. Ha scoperto però, probabilmente definitivamente, che tutto ciò non basta più, che non è più lei a decidere. Detronizzata dalla Osaka. E dal tempo, che inesorabile passa per tutte. Anche per le regine. Voto 7. All’amara scoperta.
Le sorprese
Aslan Karatsev. Conosciuto anche come il “signor nessuno”. Almeno fino a un paio di settimane fa, dove a parlarne non erano nemmeno quelli del settore, semmai quelli che col settore ci scommettono... Che questo ragazzo abbia trovato la sua primavera? Tennis, carattere, colpi. Karatsev ci ha fatto vedere di aver tutto. Si spera sia in grado di ritirarlo fuori anche in futuro. Perché un cammino così, al primo slam di sempre in tabellone principale, non è da 114 del mondo. Voto 10. Alla storia.
Karolina Muchova. La vera signora delle rimonte. 5-0 sotto con Pliskova. 4-0 sotto con Mertens. 6-1, 2-0 sotto con Barty. Mai voltare le spalle a Karolina Muchova però, che si è riscoperta fredda al caldo, lucida spalle al muro, migliore quando migliore gli è stato imposto di essere dal punteggio. Ci ha provato fino all’ultimo a piazzare quel che sarebbe stata la quarta rimonta consecutiva. Non è stata cosa, ma se capisce che può vincere anche senza dover per forza soffrire... Voto 8. Alle scalate.
Le delusioni
Dominic Thiem. Perché no, non si può, vincere così con Kyrgios e presentarsi poi senza benzina. Non se sei Dominic Thiem. Non se fai della forza la tua arma principale. Svuotato, dai giochi di prestigio del buon Nick, dai suoi trucchi, dal suo pubblico; e restituito in una versione ameba tanto da far sembrare un cinico giustiziere Dimitrov, che in carriera giustiziere è stato giusto in camera da letto. Insomma, non il massimo. Non per uno che si presentava con uno slam in bacheca e da vice campione al Masters. Voto 6-. Alla stamina.
Elina Svitolina. Perché se non batti Pegula agli ottavi, in un lato di tabellone che ti propone Brady o Vekic, e poi eventualmente Barty o Muchova, allora quando? Eh, quando, Elina? Diccelo tu. Perché noi abbiamo iniziato a smettere di crederci. Voto 4. All’occasione bruciata.
I giovani
Carlos Alcaraz. E finalmente. Finalmente una storia. Finalmente un teenager. C’è vita, oltre a Jannik Sinner. Buona la prima di questo 17enne di cui si parla un gran bene. Alla prima apparizione slam, una gran vittoria in 3 set al primo turno e un discreto approccio al secondo, dove contro Ymer avrebbe anche potuto giocarsela meglio. Sono venuti fuori i limiti fisici, ma il tennis pare essere dalla sua. Dai che arriva qualcuno di nuovo. Voto 7. All’esordio.
Anastasija Potapova. Non è decisamente stato un torneo per giovin donzelle. Tra Hsieh, Errani, Serena Willimas eccetera avanti si sono viste le veterane; e oltre a quelle alla voce teen è rimasta solo la Swiatek, che ha però già un’altra dimensione. L’unico grido, dalla new generation, quello della Potapova. Che ha provato ad alzare la voce con Serena, salvo poi autosabotarsi quando è stato il momento di andare al dunque. Voto 6,5. Al mezzo bluff.
Gli italiani
Li avevamo già trattati in un capitolo a parte a loro dedicato: a questa pagina il link.
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