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A Berlino l'ultima sfida dell'essere umano: è possibile correre una maratona sotto le 2 ore?

Niccolò Campriani

Aggiornato 22/09/2017 alle 20:19 GMT+2

Nuova puntata della rubrica di Niccolò Campriani! Tre volte oro olimpico nel tiro, Niccolò racconta su Eurosport l'impatto dell'evoluzione tecnica e tecnologica nel mondo dello sport. In questo 9° appuntamento affrontiamo l'affascinante sfida di scendere sotte le 2 ore nella maratona: sogno proibito o reale possibilità già nell'appuntamento di Berlino?

2016 Maratona di Berlino Eliud Kypchoge

Credit Foto Getty Images

Esperimento guidato. Salite su un tapis roulant, premete il bottone destinato all’aumento del ritmo e non staccate il dito fino a quando la velocità segnalata non raggiunge i 21 km/h. Siete ancora in piedi? Bene. Adesso, mentre mantenete il ritmo, accendete la TV e provate a guardarvi l’intero primo film della saga di Guerre Stellari. Se riuscite ad arrivare ai titoli di coda, complimenti! Avete appena corso la distanza di una maratona in due ore. Purtroppo però la realtà ci insegna che, al ritmo forsennato di 2 minuti e 50 al chilometro, la quasi totalità della popolazione stramazzerà al suolo già durante il famigerato scorrimento del testo di apertura. Più che la forza sia con voi, vi auguro che un paramedico sia nelle vicinanze .

La sfida impossibile (?) dei maratoneti: scendere sotto le 2 ore

Perdonate la citazione hollywoodiana, il mio era un semplice escamotage per trasmettere un concetto relativamente astratto, come quello di percorrere 42 chilometri e 195 metri in 120 minuti. Il test proposto rende bene l’idea di come lo sforzo fisico, oltre ad essere prolungato, sia anche dannatamente intenso. Questa in fondo, nella lunga serie delle imprese sovrumane, è una delle ultime prove rimaste da superare. Nel 1954 Roger Bannister fu il primo a correre il miglio sotto i 4 minuti, nel 1968 Jim Hines infranse la barriera dei 10 secondi sui 100 metri piani, nel 1978 Messner e Habler raggiunsero per la prima volta la vetta dell’Everest senza l’ausilio di ossigeno supplementare. Adesso tocca alla maratona e a quel muro proibitivo delle due ore. La presunta impossibilità della sfida non ha la funzione teatrale di accrescere la suspense, bensì sembra trovare riscontro nella scienza. Tale ricerca è stata ancora una volta condotta e pubblicata da Leon Foster, lo stesso analista di prestazioni sportive interpellato nel precedente articolo dei 100 metri piani. Anche in questo caso Leon ha ricercato, anno per anno, i record stagionali dei migliori 25 maratoneti al mondo, dal 1920 a oggi. Il grafico che raffigura quasi 100 anni di progressione delle performance mostra in maniera inequivocabile come ormai si sia raggiunto un plateau legato al limite umano, un assestamento dei primati che per ironia della sorte dista solo una manciata di minuti dalla soglia delle due ore.
Ecco come si sono evoluti i tempi nella storia della Maratona: siamo arrivati al limite?

Domina l'Africa: dove si nasconde il Bolt della maratona?

Tuttavia quello che i dati ci tolgono in speranze ce lo restituiscono in spunti interessanti, indicazioni fondamentali per provare a far saltare il banco e raggiungere l’impossibile. Il primo spunto riguarda il ruolo chiave giocato dal gruppo etnico dei corridori. La schiacciante superiorità degli atleti africani negli ultimi anni ne è la riprova diretta. Il derby Kenya-Etiopia ha oggigiorno monopolizzato l’intero ranking mondiale: nelle prime cinquanta posizioni troviamo solo due non-africani. Lo stesso record del mondo attuale, un eccezionale 2:02:57, non poteva che appartenere al Kenyano Dennis Kimetto. Fino qua niente di nuovo. Eppure proprio quel potenziale innato, commistione di genetica e ambiente, potrebbe essere la soluzione al grattacapo delle due ore: esistono infatti intere tribù il cui potenziale sportivo rimane ancora oggi inesplorato. Ad esempio il popolo isolato dei Rarámuri, ossia piedi leggeri”. Questi corridori leggendari della Sierra Madre hanno sviluppato un tipo di corsa morbido, unico nel suo genere, che permette loro di ricoprire distanze giornaliere nell’ordine dei 100km, o sfiancare un cervo a forza di inseguirlo. Là fuori, in quello straordinario melting-pot genetico e culturale che è il mondo di oggi, potrebbe già esistere il tanto atteso Bolt” della maratona.

A Berlino si cercherà l'impresa: il posto ideale per fare la storia

La seconda riflessione in ottica record fa riferimento all’importanza del tipo di percorso. Non è un caso che gli ultimi sei primati mondiali sono tutti stati ottenuti alla maratona di Berlino. Le caratteristiche che rendono un circuito ottimale per ottenere il tempone sono molteplici: altimetria, tortuosità, temperatura, altitudine. Per l’appunto Berlino è un percorso ideale, 42 km fatti di numerosi rettilinei, appena 20 metri di dislivello e una temperatura media a settembre di 15 gradi (il range ottimale è tra 12° e 18° C). Londra d’altro canto ha qualche curva e saliscendi di troppo. Boston addirittura non può omologare nessun primato nella maratona a causa di un traguardo posizionato troppo in basso rispetto all’altimetria di partenza. L’altitudine della città organizzatrice influenza anch’essa le performance dei corridori: a quote più basse corrisponde una maggiore concentrazione di ossigeno. Maratone sul livello del mare sono quindi preferibili, ma volendo estremizzare le aree geografiche da ricercare sono le depressioni. Un percorso intorno al Mar Morto, posto a ben 430 metri sotto il livello del mare, potrebbe contare su un’aria del 5% più ricca di ossigeno. Tutti scrupoli eccessivi? Non si direbbe vista la meticolosità, quasi ossessiva, con cui è stato organizzato il recente assalto ‘Nike’ al muro delle due ore. La 42km in questione si è tenuta all’autodromo di Monza lo scorso maggio, un evento preparato ad arte dalla multinazionale sportiva e costato svariati milioni di euro. Al maratoneta/cavia selezionato per l’impresa, il fuoriclasse keniano Kypchoge, sono state messe a disposizione innovative scarpette con intersuola in carbonio e una squadra di 14 lepri che si sono date cambi regolari con turni di riposo a bordo pista. Queste condizioni eccezionali hanno precluso in partenza l’omologazione ufficiale dell’eventuale record, ma ciò non ha sminuito il fascino di un finale clamoroso e allo stesso tempo struggente con Kypchoge in grado di fermare il cronometro a 2:00:25. Il keniano a un passo dalla storia. L’umanità a un passo dall’impossibile. Questa è l’avvincente saga della maratona, altro che Guerre Stellari.
***
Ringrazio il Dr. Leon Foster, il Prof. Simon Choppin della Sheffield Hallam University e il loro Centro di Ricerca e Consulenza in Ingegneria dello Sport (CSER), il più grande al mondo in questo campo, per la gentile condivisione di dati e grafici. Per saperne di più

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