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Serie A, Milan e modello Lipsia: perché bisognava provarci

Paolo Pegoraro

Aggiornato 14/08/2020 alle 14:59 GMT+2

Il progetto di affidare il Milan all'artefice del Lipsia Ralf Rangnick è sfumato ancora prima di aprire i battenti. Vi spieghiamo perchè secondo noi valeva la pena provarci.

Julian Nagelsmann e Ralf Rangnick

Credit Foto Getty Images

Comunque vada contro il PSG, il Lipsia la sua Champions League è come se l’avesse già vinta. Semifinale della coppa per club più importante al mondo ad appena undici anni dalla sua fondazione: apparentemente, se questo non è un miracolo poco ci manca. Per giunta con un monte ingaggi di “appena” 87.5 milioni di euro, un’inezia considerato quello dei rivali ancora in lizza.
L’artefice di questo progetto – perché in fondo il termine “miracolo” risulta fuorviante – è quel Ralf Rangnick che pareva sul punto di prendere in mano le redini del Milan, prima che Pioli si guadagnasse la conferma. Allenatore prima, direttore sportivo poi con il pupillo Nagelsmann a prendere il suo posto in panchina, quindi responsabile del gruppo Red Bull. Il match winner del quarto contro l’Atletico di Simeone, il classe 1999 Tyler Adams, è la cartina di tornasole del modello Lipsia: svezzato alla succursale dei New York Red Bull, è diventato un punto di forza della banda Nagelsmann.
MONTE INGAGGI CHAMPIONS (Euro)
  • Barcellona: 529 milioni
  • PSG: 337 milioni
  • Bayern Monaco 315
  • Manchester City 314
  • Lione 180
  • Lipsia 87.5
Champions: il valore delle rose secondo Transfermarkt
SquadraValore di mercato (milioni)
Manchester City1290
Liverpool1190
Real Madrid1080
Barcellona1060
PSG1020
Bayern Monaco933
Tottenham898
Atletico Madrid864
Chelsea848
JUVENTUS763
NAPOLI688
Borussia Dortmund 637
Lipsia594
Valencia530
Lione420
ATALANTA298

Rangnick-Milan: matrimonio sfumato

Rangnik direttore sportivo, Nagelsmann allenatore della prima squadra: il progetto di Gazidis, chiaro e delineato, era sul punto di rivoluzionare il Milan dalle sue fondamenta prima della brusca inversione a “U” culminata con la conferma di mister Pioli a fronte degli ottimi risultati ottenuti dalla ripresa del campionato post lockdown. Un’inversione anticipata dal poco edificante botta e risposta a distanza tra Maldini e Rangnick, da un tam-tam mediatico assillante e dalle certezze di Gazidis che via via si incrinavano, mentre il 38enne Zlatan Ibrahimovic trascinava i compagni verso il percorso netto post quarantena. Niente rifondazione, dunque, la sinergia non cambierà: Maldini e Massara continueranno a guidare l’area sportiva cercando di puntellare la rosa di Pioli e possibilmente confermando il totem Ibrahimovic. Di modello Lipsia non se ne parla, almeno a stretto giro di posta.
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Perchè provarci

Accompagnare Pioli alla porta sarebbe stato impopolare, probabilmente anche ingiustificato a fronte dell’ottimo lavoro svolto dal tecnico parmigiano, eppure la scelta sarebbe stata comprensibile analizzando la questione a grandangolo. Sì, perché a quel punto ci sarebbe stata una sinergia totale tra parte amministrativa e sportiva e tutti avrebbero remato nella stessa direzione, ovvero forgiare un modello alternativo di Milan basato sulla linea verde, sulla scoperta di diamanti grezzi e soprattutto su un'idea di calcio corale e qualitativo. Programmare sulla base dei risultati del calcio post lockdown non ci pare una scelta lungimirante: e se Pioli dovesse partire col piede sbagliato la prossima stagione? La società lo difenderà a oltranza oppure effettuerà l'ennesimo rimpasto con annessa ripartenza da zero? Il dubbio è lecito. In ultima analisi, consegnare le chiavi del Milan a un dirigente privo esperienza nel calcio italiano sarebbe stato un azzardo, ma i risultati del Lipsia inducono già ora a nutrire qualche rimpianto. Sarebbe stato giusto provarci, la strada era ormai tracciata.
Milan, valeva la pena puntare su Rangnick?
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