Olimpiadi Parigi 2024, Antonio Fantin: "Essere d'aiuto agli altri è la più grande vittoria che possiamo ottenere"

Marco Castro

Aggiornato 17/04/2024 alle 12:59 GMT+2

OLIMPIADI PARIGI 2024 - Continua la serie di interviste ad alcuni degli atleti italiani che vedremo in gara tra pochi mesi in Francia. Il terzo protagonista è Antonio Fantin, già campione paralimpico a Tokyo 2020 e recordman del mondo nei 50 e 100 stile libero. Eppure sempre affamato: "Un oro olimpico è un risultato raggiunto ma anche un limite, perchè ne ho vinto uno e non due".

Antonio Fantin, campione paralimpico a Tokyo 2020

Credit Foto Getty Images

Se dovessimo stilare una lista degli atleti italiani più attesi ai Giochi paralimpici di Parigi, in programma dal 28 agosto all'8 settembre 2024, il nome di Antonio Fantin potrebbe tranquillamente essere citato per primo. E non sarebbe certo una forzatura, visto il suo palmarés: un oro e cinque medaglie complessive a Tokyo 2020, dieci titoli mondiali e otto europei, oltre che i record del mondo nei 50 sl e nei 100 sl (appena ritoccato) sono il bottino di un fuoriclasse assoluto. Eppure, il nuotatore di Bibione in forza alla Polizia non ha certo perso l'appetito, anzi. "A Parigi, l’obiettivo è riconfermarsi nei 100 sl e cercare di migliorare l’argento nei 400 sl, che mi è un po’ rimasto qua" racconta in questa intervista esclusiva rilasciata a Eurosport.
Nato nel 2001 a Latisana (provincia di Udine), all'età di tre anni e mezzo viene colpito da una malformazione artero-venosa e perde l'uso delle gambe. L'acqua entra di prepotenza nella sua vita come strumento riabilitativo, ma la strada è decisamente in salita. "All’inizio è stato davvero difficile. Mi ricordo che andavamo in piscina, mi sedevo sul bordo vasca con l’istruttrice e mia mamma. Dopo un’ora o un’ora e mezza tornavamo a casa perché io non volevo entrare e nessuno mi riusciva a convincere. C’è voluta tanta, tanta pazienza e tanta costanza affinchè un giorno io decidessi di entrare in acqua. Ci vuole costanza anche nel sapersi aspettare, soprattutto non rinunciare a qualcosa se oggi non viene e nemmeno domani o dopodomani".
"La prima fisioterapista che mi ha messo in acqua ha detto ai miei genitori: 'questo bambino non è fatto per l’acqua!'. Era vero. Poi ho iniziato a condividerlo con i miei amici e questo mi ha aiutato tantissimo. Ho condiviso uno sport che se ci pensiamo è il più individuale tra quelli individuali. Perché sei da solo e c’è anche l’acqua che ti ovatta, che ti esclude, è come se eliminasse tutto ciò che c’è attorno. E invece paradossalmente io ho iniziato ad appassionarmi al nuoto, le ore passavano più velocemente quando ero con i miei amici. È stato prima un obbligo, una forzatura, una necessità e un aiuto, poi è diventata una passione, una condivisione e oggi a me piace chiamarlo lo strumento per fare di alcuni mie sogni, quelli sportivi, un obiettivo. E poi cercare di raggiungerlo. Porre loro una data e pian piano costruire un percorso per arrivarci".
Fantin ha cominciato la sua carriera agonistica ragionando a piccoli passi, per poi arrivare in cima al mondo. "All’inizio avevo dei sogni, qualcosa di molto lontano. I sogni sono irraggiungibili mentre gli obiettivi qualcosa di tangibile e basta poco per fare di un sogno un obiettivo. È stato tutto un crescendo. Ho avuto la fortuna di fare il mio primo mondiale da molto giovane, era il 2017, avevo 16 anni. È stato inaspettato, perchè ero stato convocato solo per la staffetta, ma poi avevo fatto molto bene agli Europei giovanili ed ero stato inserito in altre gare ai Mondiali, nel frattempo posticipati per il terremoto in Messico. Così ho avuto l’opportunità di vincere i 400 sl ed è iniziato il mio percorso. Ho sempre cercato di guardare giorno dopo giorno o più che altro anno dopo anno. Dal primo oro mondiale ho iniziato a pensare all’Europeo, poi al Mondiale successivo, alle Olimpiadi. Ho iniziato a ragionare per stagioni".
Antonio, nel suo percorso di crescita, ha guardato ad altre persone per avere un riferimento, ma con una precisazione. "Io ho sempre cercato di non avere un idolo, ma più che altro un modello. Mi spiego: nel momento in cui noi abbiamo un idolo guardiamo solo gli aspetti positivi che questa persona trasmette e perdiamo un po’ la bussola in quello che è il nostro percorso. Lo vediamo piccolo e ridimensionato, perdiamo quella che è la nostra consapevolezza e autostima. Invece avere un modello, magari preso da quell’idolo, è qualcosa che ci dà forza. Io sempre pensato al lavoro come mezzo fondamentale per costruire la performance in gara e ho sempre cercato di attingere dalle figure più forti di qualsiasi disciplina sportiva dei modelli da fare miei, sul quale lavorare, da cucire su di me".
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Antonio Fantin morde la medaglia d'oro conquistata nei 100 stile libero S6 ai Giochi Paralimpici di Tokyo 2020

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Di sicuro Fantin, con la sua vicenda e il suo percorso sa di avere un ruolo molto importante, talvolta decisivo, per alcune persone. È qualcosa che traspare sui suoi social network, ma non solo. "A me piace chiamarlo aiuto. Credo che ognuno di noi possa essere un aiuto per gli altri. È anche uno dei motivi per cui ho scritto il libro e perché non mi tiro indietro a raccontarmi. Io credo che la nostra storia possa essere d’aiuto agli altri, anche nella sua piccolezza o in qualsiasi piccolo frammento. Come io ho preso dei modelli nel mio percorso e ho cercato di farli miei, così un bambino, un ragazzo o anche una persona più grande di me fa suo un mio piccolo percorso e riesce a risolvere un problema che ha. Questa secondo me è una grandissima vittoria, forse la più grande che ognuno di noi può avere. Quindi sì, raggiungo i miei obiettivi e sì, sono riuscito a togliermi tante soddisfazioni, però quando riesco a condividermi con gli altri è tutta un’altra cosa. È un po’ come una medaglia".
La condivisione è un aspetto fondamentale per questo 22enne e lo si capisce anche quando parla di Tokyo, la sua prima, trionfale esperienza olimpica. "Il momento più bello non è stato salire sul podio ma scendere. Quando sali celebri quello che hai ottenuto, ma sei da solo. Quando scendi hai modo di andare ad abbracciare chi ti ha accompagnato nel tuo percorso, chi ti ha tifato poco prima, chi ha lavorato con te perché tu potessi salire su quel podio. Tutto quello che c’è stato dopo esser sceso dal podio dei 100 stile libero è stato davvero indimenticabile. Così come il rientro da Tokyo, l’amore e la vicinanza che ho provato con le persone che fin da piccolo mi hanno visto crescere, come i miei amici e le persone con cui ho sempre vissuto".
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Antonio Fantin esulta per la vittoria nei 400 stile libero S6 maschili ai Mondiali di Londra 2019

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E come si rinnova l’ambizione per uno che ha già vinto tutto? "Anche un oro olimpico o un record del mondo o un oro mondiale è un risultato raggiunto ma allo stesso tempo un limite. Perché ne ho vinto uno solo e non due! E quindi c’è sempre la voglia di qualcosa di nuovo. E poi questa è una cosa che io ho provato soprattutto dopo Tokyo. Mi sono guardato alle spalle, era il momento in cui stavo scrivendo il libro e ho detto: 'sono giovane ma ho già vinto Europei, Mondiali e Olimpiadi e ho fatto record del mondo'. Allora ho ricominciato la stagione e ho pensato che il Mondiale successivo fosse uno dei tanti. E la stagione è iniziata malissimo, facevo fatica durante le gare ma anche durante gli allenamenti, non riuscivo ad essere concentrato. Mi sono accorto che per quanto un Mondiale sia uguale a un altro o un’Olimpiade uguale a un’altra in realtà sempre qualcosa di nuovo. C’è sempre qualcosa che raccogli o perdi lungo il percorso e che ti stimola ad andare più forte, a migliorarti e aessere migliore.
Antonio è un grande appassionato di sport praticato e non c'è (stato) solo il nuoto nella sua vita. "Sono cresciuto nell’acqua e per un periodo ho giocato a pallanuoto, lo facevo insieme al nuoto. Anche la vela. Ultimamente non la sto più facendo, però mi piace ancora ripensarci perché nel momento in cui nuoti sei da solo, hai il tuo allenatore fuori che ti guida ma in gara non c’è o c’è ma è molto lontano. Nella vela sei in due, uno alle vele e uno al timone, dipendi sempre dall’altro, è un fidarsi. Poi ho sempre avuto la passione per il calcio, tifo Milan. E poi d’inverno sto cercando di portare avanti lo sci di fondo. Uno sport molto vicino al nuoto dal punto di vista dello sforzo fisico e mentale".
A neanche 23 anni, il suo passato e già glorioso ma l'avvenire sportivo davanti a sè può riservargli ancora tante soddisfazioni. Eppure Fantin ha già qualche pensiero per la sua vita del futuro, quando sarà un ex atleta. "Sì, ci sto pensando, la mia passione è sempre stata quella delle scarpe. Da piccolo ho ricominciato a fare qualche passo grazie a dei tutori, degli stivaletti di plastica. Non guardavo mai la loro funzionalità - anche se ovviamente mi faceva piacere tornare a essere in piedi - ma più che altro ad altri fattori, ad esempio chiedevo di farmeli più stretti così ci stava meglio la scarpa. Questo è un percorso che vorrei costruire dopo il nuoto".

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