Olimpiadi Parigi, Nicolò Martinenghi: "In Nazionale siamo amici prima che compagni. Nei 100 rana firmo per una medaglia"

Marco Castro

Pubblicato 17/04/2024 alle 12:46 GMT+2

OLIMPIADI PARIGI 2024 - Quinta puntata della serie di interviste ad alcuni degli atleti che vedremo in gara in Francia. Torniamo in piscina, il protagonista è Nicolò Martinenghi. Leader di una Nazionale ambiziosa e variegata, tra gli attesi 100 rana e le staffette punta a gonfiare un palmarés già notevole. Un viaggio nel suo mondo tra inizi, avversari, compagni, obiettivi e rapporto col pubblico.

Nicolò Martinenghi

Credit Foto Getty Images

Giovedì 1° agosto 2024, Nicolò Martinenghi compirà 25 anni e chissà se troverà il tempo di festeggiare all'interno del Villaggio più celebre dello sport mondiale. Il nuotatore varesino, infatti, sarà nel bel mezzo della sua avventura ai Giochi olimpici di Parigi, seconda personale partecipazione a cinque cerchi di una carriera già memorabile ma con diverse pagine ancora da scrivere. Tete si dirige al grande appuntamento con maggiore serenità rispetto al precedente di Tokyo, cavalcando una stagione soddisfacente e culminata con le tre medaglie complessive ai Mondiali di Doha. "Personalmente, rispetto a tre anni fa sono diverso, molto più sereno. Ho un approccio più tranquillo, non mi faccio mangiare dalla tensione olimpica" racconta in questa intervista a Eurosport.
La rassegna iridata in Qatar è stata decisamente atipica come collocazione nel calendario e per Martinenghi, alla vigilia, c'era un solo obiettivo. "Doha per me è stato importante principalmente per un motivo, perché dovevo ancora qualificarmi per i Giochinei 100 rana. Non avendo raggiunto il tempo limite agli Assoluti di dicembre, sapevo che quella era la mia possibilità. Mi “bastava” vincere una medaglia o fare il tempo buono in quella gara. Ci sono andato con quell’intento e basta, per qualificarmi. Dal momento in cui mi sono qualificato, in semifinale, è stato tutto in discesa. Ho liberato completamente la mente, ho fatto un ottimo 100 rana, un ottimo 50 rana e delle bellissime staffette. È stato un Mondiale in cui, nonostante il periodo della stagione, sono rimasto in linea con il mio livello degli altri che ho disputato. Da lì ho iniziato a guardare la stagione con un’ottica diversa. Agli Assoluti successivi ho voluto nuotare i 200 rana, distanza da me un po’ lontana. Questo sperimentare mi ha aiutato anche a staccare un po’ la testa. Non pensare solo esclusivamente alle mie gare e alle Olimpiadi. Ho già fatto questo cammino, so cosa significa".
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E mentre Parigi si staglia all'orizzonte, è facile tornare con la mente a ciò che è stato Tokyo. Perchè la prima volta non si scorda mai, soprattutto se si ottengono risultati importanti. "Tra ciò che ricordo meglio c’è sicuramente l’unico momento in cui mi sono goduto il mio risultato. È stato quando dopo la premiazione ho preso il pullman per tornare al Villaggio Olimpico ed ero da solo, a parte un altro nuotatore. Lì, da solo con la mia medaglia, è stata forse l’emozione più forte che ho provato. E poi l'aria olimpica che si respira, completamente diversa. La bellezza e la maestosità del Villaggio. Una città vera e propria, dove ci stavano 20.000 persone. La cosa più bella è anche capire di essere in mezzo ai migliori atleti di tutto il mondo, magari trovi qualcuno che sei abituato a vedere davanti alla tv a idolatrare. Magari te lo trovi a fianco a pranzo o a cena. Il primissimo giorno ero con due miei compagni e ci avviciniamo alla mensa. Un posto immenso, un labirinto, c’era tantissimo posto. Ci sediamo in un tavolo e tempo 30 secondi a fianco a noi si siede Djokovic, a mangiare tranquillamente. In quel momento capisci di essere all’interno di un mondo di campioni”.
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MARTINENGHI IN FINALE DEI 100 RANA CON RECORD

A livello individuale, la gara per eccellenza di Nicolò sono i 100 rana. Distanza nella quale è stato bronzo olimpico a Tokyo e campione mondiale nel 2022 a Budapest, tra gli altri risultati. Una competizione che generalmente è in programma nei primissimi giorni di un grande evento. "Essendo abituato a rompere il ghiaccio quasi per primo, per me è la normalità. Forse arrivare e stare lì 4-5 giorni senza gareggiare vedendo gli altri per me sarebbe più pesante da vivere. Invece così non ho tempo da perdere. Il primo giorno sono già in gara, devo subito entrare in clima". Ma Martinenghi è una pedina fondamentale anche nelle prove a squadre. "La cosa bella è che dopo la mia gara individuale passa qualche giorno prima della staffetta mista, quella maschile è addirittura l’ultimo giorno. Il cammino tra le mia gara individuale e le staffette lo vivo molto serenamente. Personalmente, in staffetta ho un approccio completamente diverso, mentalmente sono molto più libero. Ovviamente devi fare un’altra prestazione importante e non sottovalutare la gara, ma essendo una prova di squadra riesco un po’ a smorzare la tensione. Quindi io amo iniziare subito, non cambierei mai questa cosa e spero che negli anni il calendario resti così. A Parigi avremo la possibilità di vedere anche altri sport, ma a me piace anche solo guardare le gare dei miei compagni, mi piace diventare un tifoso e non fare solo l’atleta."
Sostenere i compagni e nuotare "fianco a fianco" in staffetta, si è detto. Perchè la squadra è importante anche in uno sport in cui si gareggia individualmente e questo Tete lo spiega molto bene. "Partiamo dal presupposto che noi siamo una squadra molto unita. Negli ultimi anni la forbice d’età è diventata molto alta, ci sono veterani di 30 anni e giovani di 16-17. Nonostante ciò siamo tutti molto uniti. Non c’è invidia, non c’è cattiveria, non ci sono situazioni scomode. Già questo aiuta tanto a creare nelle staffette un ambiente sereno, di squadra, di forza. E poi io dico sempre che prima che essere compagni di squadra siamo tutti amici. Siamo tutti ragazzi che passano tanto insieme anche durante l’anno. Ad esempio mi faccio tre settimane di collegiale all’estero con Thomas Ceccon. Già il fatto di condividere con una persona tanto tempo ti porta a entrare un po’ in sintonia. Gareggiamo da tanto tempo insieme e sappiamo come spronarci a vicenda. Non possiamo più inventarci niente sotto questo punto di vista. Dobbiamo continuare su questo "trend” e fare ciò che sappiamo fare meglio, cioè divertirci".
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Tra i giovanissimi della Nazionale citati da Martinenghi, ci sono anche Sara Curtis e Alessandro Ragaini, entrambi classe 2006, e qualificati ai Giochi di Parigi rispettivamente nei 50 sl e nei 200 sl. "Sicuramente c’è grossa ammirazione. Io mi ricordo che nel 2016 a neanche 17 anni avevo fatto il tempo per i Giochi di Rio, ma in ritardo, forse di una settimana. Però non ci davo peso perché l’Olimpiade era un sogno e la mia carriera ancora lunghissima davanti a me. Per loro provo ammirazione perché hanno ottenuto questa qualifica così giovani e sarà sicuramente un fattore fondamentale, non tanto per adesso ma per il futuro. È un’esperienza che aiuta tanto, soprattutto viverla già alla loro età. Capisci dei meccanismi che prima impari meglio è. Ovviamente il talento c’è, tantissimo. La cosa più bella è che io mi rivedo in loro, non sono passati troppi anni da quando avevo la loro età. Mi ricordo cavalcare quell’onda dell’entusiasmo, ti senti veramente nel posto giusto. Oggi si diventa professionisti molto presto nel nuoto, non è più una cosa che subentra negli anni. Non più a 25 o 30, ma a 14-15. Se loro sono arrivati a una qualifica olimpica sanno sicuramente cosa vuol dire faticare per raggiungerla e come arrivare a luglio nel migliore dei modi. Sono contento di questo ricambio generazionale e speriamo che continui così".
A Parigi, le gare di nuoto si disputeranno a La Défense Arena, un impianto in grado di ospitare 17.000 spettatori. Il clima sarà decisamente diverso rispetto a Tokyo, rassegna azzoppata dalle limitazione legate al Covid, e il pubblico potrebbe essere un fattore. "Negli ultimi 4-5 anni ho imparato meglio a isolarmi dal contesto - spiega Nicolò - è una delle cose più importanti per quanto mi riguarda. Sai che il pubblico c’è, è bello che ci sia. Ho avuto la fortuna di gareggiare a un Europeo in casa a Roma dove il pubblico si faceva sentire davvero tanto. Quella è una forza in più, una carica emotiva che hai, però di certo l’adrenalina è positiva quando rimane tale. Se diventa paura o ansia rischi una controprestazione sicura. Se alle Olimpiadi sei capace di isolarti da questo contesto e di avere lo stesso approccio che hai in tutte le altre gare, è la cosa migliore. Io sono abbastanza contento di essere riuscito a fare questo tipo di lavoro".
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Nicolò Martinenghi (Credits: Arena)

Credit Foto Eurosport

Il fenomenale cinese Qin Haiyang, il leggendario Adam Peaty tornato in grande spolvero e poi Nic Fink, Arno Kamminga e non solo. I 100 rana sono una delle gare dal livello più alto in assoluto, con tanti avversari da battere e da cui, talvolta, provare a carpire i segreti. "Io amo il mio sport, amo il nuoto, ma non sono quella persona che si guarda i video tutto il giorno. Anche le mie gare faccio fatica a rivederle, le riguardo pochissime volte - premette Nicolò - Ma molto spesso capitano quei momenti in allenamento in cui stai curando un aspetto di tecnica fondamentale e ti viene in mente qualcuno che sicuramente sai che lo fa meglio di te. In quel caso capita di andare a vedere qualche video, per cercare di imparare, per vedere anche solo la differenza tra te e un’altra persona. D’altronde il confronto è sempre costruttivo secondo me, se vissuto nella maniera più corretta possibile. Io sono sempre stato una persona disposta a cercare di creare degli ambienti comuni. Ad esempio mi sono sentito con Ilya Shymanovich, ranista bielorusso, per allenarci insieme. Io sono una persona che ama condividere. Se posso - non dico insegnare - ma anche solo dare qualcosa a qualcuno, anche l'1%, sono disposto a farlo. Ma solamente se anche l’altra persona vuole condividere qualcosa con me!".
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Peaty, Martinenghi

Credit Foto Getty Images

Nicolò Martinenghi ha costruito una carriera che è già storica nel nuoto italiano e la sua vicenda in questo sport nasce in un modo particolare. "Il mio primo ricordo nel nuoto è legato a una delle mie prime gare. Io venivo dal basket, il mio migliore amico nuotava e per passare più tempo insieme abbiamo provato a fare entrambi lo sport dell’altro. Finisco la gara e lui, che aveva già vinto tante gare (io neanche una), per starmi vicino mi dà una delle sue medaglia. Mentalmente pensavo che anche io avrei voluto vincere delle medaglie nel nuoto, anche il fatto di stare da solo e vincere da solo mi piaceva. Quindi quella delusione mista alla voglia di riuscirci me la ricordo bene. Ovviamente sono emozioni lontane perché ero veramente piccolo, però se li ricordo tutt’ora vuol dire che erano forti. Invece al campo da basket, oggi, ci vado semplicemente come hobby, come divertimento".
Infine, una domanda secca su Parigi. Ad oggi, Nicolò Martinenghi metterebbe la firma per una medaglia di qualsiasi metallo nei 100 rana? "Sì, assolutamente sì! Perché una medaglia olimpica ha una valenza diversa. Ci sono gare dove bisogna vincere, gare dove bisogna fare un tempo. L’Olimpiade rimarrà per tutti una gara da vincere, quindi la concorrenza è alta. Sapere di essere in lotta per una medaglia, qualsiasi essa sia, per me è già una situazione da privilegiato, pensare di poter combattere per una medaglia. Ovviamente nessuno ti regala niente, quindi una firma quasi quasi ce la metterei!".

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