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Sinner spiega il divorzio da Piatti: "Nessuna verità scabrosa, era il momento di provare a diventare ancora migliore"

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Pubblicato 13/04/2022 alle 10:45 GMT+2

Il tennista altoatesino racconta alla Gazzetta dello Sport le ragioni che l'hanno portato a separarsi dal tecnico che ha contribuito a renderlo grande: "Non dimentico i sette anni con Riccardo, dove mi hanno portato. Ma avevo bisogno di uno scatto. E sono convinto che non tutti avrebbero avuto il coraggio di prendere una decisione come la mia". Sul cappellino: "Mi serve a tenere dentro i capelli".

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Jannik Sinner rientra da un periodo di difficoltà fisiche, ma soprattutto da un cambio di direzione netto: il divorzio con l'allenatore Riccardo Piatti per legarsi a Simone Vagnozzi.
La Gazzetta dello sport l'ha raggiunto a Monte Carlo per due chiacchiere a proposito di questo e di altri argomenti.

L'addio a Piatti

Si parte dunque dall'argomento clou:
Nessuna verità scabrosa, nessuna sveglia al mattino con la voglia improvvisa di cambiare tutto. Semplicemente, era venuto il momento di prendere una decisione per provare a diventare un giocatore ancora migliore. È stata una scelta unicamente personale, senza influenze esterne, come tutte quelle che ho assunto nella mia vita.
E poi le ragioni dietro la scelta di cambiare: "C’era l’esigenza di un passo avanti. Quando sei un giocatore professionista, devi tenere conto di tutti gli aspetti. Tecnico, fisico e mentale: conta l’insieme. Io non dimentico i sette anni con Riccardo, dove mi hanno portato. Ma avevo bisogno di uno scatto. E sono convinto che non tutti avrebbero avuto il coraggio di prendere una decisione come la mia".

La nuova era

Si parla dunque anche del rapporto col nuovo coach e dei cambiamenti inseriti nella routine di allenamento: "(Vagnozzi) Mi capisce al volo. Ci confrontiamo su ogni cosa e quando gli dico cosa mi servirebbe, lui sembra conoscere già la risposta. Ovviamente dobbiamo conoscerci molto più a fondo, ma il nostro rapporto già mi tranquillizza. Su alcune cose stavo già lavorando prima, si tratta di concentrarsi su determinati aspetti. In questo momento, ovviamente, non sento ancora il feeling con le scelte in campo, ma un giorno verrà naturale giocare uno slice di rovescio oppure scendere a rete: sarà domani, tra due mesi o tra un anno, ma arriverà il momento. Fermo restando che io rimango un giocatore aggressivo da fondo campo".

Il dualismo con Alcaraz

Carlos Alcaraz ha detto che lui e Sinner saranno i grandi rivali del futuro. Jannik che cosa ne pensa? "Purtroppo non possiamo leggere il futuro e ci sono tanti altri giocatori fortissimi. Sicuramente fenomeni come lui li noti a prima vista. Ma è bello che sia arrivato uno come Carlos, protagonisti nuovi danno grandi stimoli".

Tra cappellino, vicini di casa e social

Una domanda divertente è quella sulla possibilità di vederlo un giorno in campo senza cappellino:
No, perché mi serve per tenere dentro i capelli che sono sempre troppo lunghi. Non è che mi senta Sansone che perde le forze se li taglia, è che sono pigro e non riesco ad andare dal parrucchiere.
Intanto, poi, abitare a Monte Carlo lo porta a essere vicino di casa di diversi sportivi, tra cui i colleghi connazionali Matteo Berrettini e Lorenzo Musetti. "Quando torno a casa sono morto, non ho tutta questa vita sociale. Capita ogni tanto di incrociare Muso o Bolelli sul pianerottolo, perché abitiamo nello stesso condominio". Però, c'è un'attività cui non rinuncia: guardare le altre partite di tennis: "Sempre. Anche quando ho il televisore acceso, accanto c’è il tablet sintonizzato sul tennis. Mi piace studiare come gli altri giocatori trovano soluzioni per uscire dalle difficoltà".
E poi i social, mondo vissuto soltanto in punta di piedi: "Non mi piacciono molto, lo ammetto, sottraggono troppe energie mentali. Se devo parlare con gli amici, gioco a Fortnite: così ci teniamo in contatto divertendoci pure".
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