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Caso Djokovic, le motivazioni della sentenza di espulsione dall'Australia: "Serio pericolo di emulazione No Vax"

Stefano Dolci

Pubblicato 20/01/2022 alle 12:58 GMT+1

AUSTRALIAN OPEN - A cinque giorni dalla sentenza di revoca del visto di Novak Djokovic, James Allsop, capo del collegio di 3 giudici della Corte Federale, ha spiegato le ragioni che hanno portato a confermare la decisione del ministro dell'immigrazione Alex Hawke: "Una star del tennis può influenzare persone di tutte le età, ma soprattutto i giovani e più suggestionabili, e spingerli a emularlo".

Novak Djokovic, tête baissée, a perdu son combat judiciaire contre l'Australie.

Credit Foto Imago

Mentre l’Australian Open è giunto al quarto giorno di match e si appresta ad entrare nel vivo coi match di terzo turno, sono emerse oggi le motivazioni che James Allsop, capo del collegio di tre giudici della Federal Court, ha emesso per spiegare le ragioni della scelta di confermare l’espulsione di Novak Djokovic dall’Australia.

"Serio pericolo di emulazione No Vax"

Secondo i giudici, la motivazione fondante alla base della revoca del visto è che: “Un’iconica star del tennis può influenzare persone di tutte le età, ma soprattutto i giovani e più suggestionabili, e spingerli a emularlo. Questa non è una fantasia, non servono prove”.
I giudici hanno spiegato chiaramente che "la Corte non analizza i meriti o la saggezza della decisione, il compito è di valutare se la decisione (del ministro) rientra nei limiti di legge", per quanto riguarda i tre aspetti su cui si è basata la difesa di Djokovic. I legali del fuoriclasse serbo hanno basato la loro difesa su tre punti: il fatto che le opinioni sui vaccini di Djokovic siano trapelate interpretando un articolo della Bbc del 2020, l'accusa che la sua presenza in Australia potesse essere un rischio per l'ordine e la salute pubblica e, infine, l'irrazionalità della revoca del visto.
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"Perplessità su stato vaccinale Djokovic partono da lontano"

In merito al primo punto i giudici rimarcano che non ci sono soltanto le sue perplessità di due anni fa a motivare la decisione del ministro per l’immigrazione Alex Hawke e della Corte: “A gennaio 2022, Djokovic non è vaccinato. Il ministro ha tutte le possibilità di concludere che per un anno abbia scelto di non vaccinarsi. Il fatto che avesse una ragione per non vaccinarsi ora, avendo contratto il Covid intorno al 16 dicembre 2021 (data del tampone positivo) non dice nulla sulla sua posizione nei molti mesi precedenti". Inoltre, aggiunge il giudice Allsop, quando è stato fermato in aeroporto dalla Australian Border Force, Djokovic non ha fornito informazioni che potessero far pensare a un cambiamento delle sue convinzioni in materia.
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Passaggio chiave è anche il pericolo per l’ordine pubblico che un’eventuale mancata revoca del visto avrebbe potuto innestare: “la presenza di Djokovic, anche se non avesse vinto l'Australian Open, avrebbe potuto incrementare il sentimento anti-vaccini, influenzando non soltanto i gruppi anti-vaccini, alcuni dei quali hanno posizioni estreme e possono rappresentare un rischio per il buon ordine ma anche gli indecisi ". I giudici tirano in ballo anche la celebre intervista all’Equipe del 18 dicembre: “L’aver effettuato il successivo servizio fotografico senza protezioni pur sapendo di essere positivo, dimostra una ‘scarsa considerazione delle misure di prevenzione (da parte di Djokovic) che, se emulata, potrebbe incoraggiare una violazione delle regole in Australia".
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