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Fine di un'era per i Golden State Warriors? Klay Thompson, Chris Paul e un futuro con tanti dubbi da affrontare

Davide Fumagalli

Aggiornato 18/04/2024 alle 18:08 GMT+2

BASKET, NBA - L'eliminazione al Play-In per mano dei Sacramento Kings apre ufficialmente la offseason dei Golden State Warriors, di fronte a riflessioni importanti sul futuro. In primis la free agency di Klay Thompson, che Curry, Green e coach Kerr vorrebbero trattenere, la riconferma o meno di Chris Paul e cosa fare per rafforzare un gruppo in evidente declino.

Steve Kerr: "Curry come Jordan, ormai non sorprende più"

Un anno fa, dopo l'eliminazione al secondo turno dei Playoffs per mano dei Los Angeles Lakers, ci si chiedeva che fine avrebbero fatto i Golden State Warriors e se la dinastia fosse o meno finita. Quasi 12 mesi dopo siamo allo stesso punto, anzi peggio, perchè i Dubs sono stati eliminati al Play-In dai Sacramento Kings dopo una regular season con poche luci e tante ombre chiusa al decimo posto della Westerne Conference, ben al di sotto delle aspettative iniziali. In mezzo tanti eventi: la cessione di Jordan Poole e l'arrivo di Chris Paul, l'addio dello storico general manager Bob Myers e la promozione di Mike Dunleavy Jr., la scelta di Podziemsky e Jackson-Davis al Draft (bene!), e una regular season dove gli alti sono stati la crescita di Jonathan Kuminga e il rinnovo per altri 2 anni di coach Kerr e i bassi sono stati il rendimento scadente di Wiggins, quello ondivago di Thompson, l'infortunio di Paul e la sospensione, più varie espulsioni, di Draymond Green, forse il giocatore più condizionante di tutti. L'unica costante è stato il solito Stephen Curry, arrivato senza benzina al termine di una stagione comunque da Superstar con 74 gare giocate con oltre 26 punti, 5 rimbalzi e 5 assist col 45% dal campo e il 41% da tre (357 triple segnate, 5° volta in carriera da 300+), risultando probabilmente il giocatore più decisivo, più clutch della Lega.
Ora siamo di nuovo qui, a interrogarci su cosa accadrà, se la dinastia è effettivamente finita, se non vedremo più gli Warriors come li abbiamo sempre conosciuti, quelli dei 4 titoli in 10 anni, l'ultimo nel 2022, ecc. ecc. Il record non è stato malvagio, 46 vinte e 36 perse, ma quello che ha fatto storcere il naso è stata la grande mancanza di continuità, il nervosismo, l'incapacità di coach Steve Kerr di trovare la chimica e le rotazioni giuste, compito comunque non facile vista la girandola di assenze e lo "status" di alcuni giocatori, anche il non riuscire ad avere il controllo dentro la stessa partita, come dimostrano molte gare perse nel quarto nonostante un vantaggio in doppia cifra, spesso e volentieri in casa e contro avversari teoricamente inferiori (vedi Toronto, Memphis, Indiana, Chicago e San Antonio, ad esempio). La sintesi è che questa squadra ha dimostrato di avere il potenziale per battere praticamente tutti ma allo stesso tempo non è mai riuscita ad essere solida, concreta, con equilibri interni fin troppo fragili e ingestibili.

La situazione più spinosa: che si fa con Klay Thompson?

"Non si può restare al top per sempre, ora ci aspetta un offseason con molte cose a cui pensare", parole di coach Steve Kerr dopo la sconfitta per 118-94 contro i Sacramento Kings che ha sancito la fine della stagione degli Warriors. Una riflessione importante che porta ad un domanda secca: che si fa con Klay Thompson? La guardia sarà free agent in estate, viene da una gara terribile coi Kings con 0 su 10 al tiro, la punta dell'iceberg di una stagione complicata tra alti e bassi, tra quintetto e panchina, con sfoghi e malumori, oltre ai rumors sulla questione contrattuale. Il 34enne da 18 punti di media col 43% dal campo e il 39% tre, numeri non così brutti, considerato che si parla sempre di un giocatore che ha perso due stagioni per infortuni gravissimi al ginocchio e al tendine d'Achille.
Il punto è che Klay è un giocatore condizionante, che si prende tanti tiri e che è ancora convinto di essere quello del 2019, cosa che fisiologicamente non può più essere, soprattutto nella parte fisica e atletica che lo condiziona in particolare in difesa, dove prima era un assoluto fuoriclasse. Nei mesi scorsi Thompson, che è alla fine di un contratto al massimo salariale da 190 milioni in 5 anni firmato nel 2019 (43 milioni incassati in questa, ndr), ha rifiutato un'estensione biennale da 48 milioni complessivi e la sensazione è che non troverà di meglio adesso: la sensazione è che possa firmare per 2-3 anni a 20 milioni a stagione come massimo, ma potrebbe dipendere anche da eventuali offerte, con gli Orlando Magic considerati come una seria pretendente, viste le grosse lacune col tiro da fuori.
In caso di addio, i Warriors avrebbero già in caso dei sostituti come il già citato Podziesmky e Moses Moody, ragazzo con qualità che ha dimostrato di meritare spazio, ma i veterani e Steve Kerr non vorrebbero veder partire Thompson. "Abbiamo bisogno che Klay resti e so che parlo per tutti in questa organizzazione quando dico così. Ovviamente questo è anche un business e ci sono questioni che vanno affrontate. Ma per quello che ha significato Thompson per questa franchigia, per quanto è forte, vogliamo assolutamente che resti con noi", le parole del coach. Sulla stessa linea lo Splash Brother Stephen Curry: "Non potrei mai vedermi in questa squadra senza loro due (Draymond e Klay). Capisco che la NBA sia una lega in cui le cose cambiano velocemente e non giocheremo per sempre, ma abbiamo vissuto così tante esperienze insieme... io voglio vincere e loro vogliono vincere. È tutto quello di cui ci preoccupiamo". E anche Draymond Green: "Non esiste scenario che contempli la partenza di Klay che si possa definire favorevole per questa squadra e per questa organizzazione".
Del futuro ha parlato anche il diretto interessato, Klay Thompson: "Sono parole che significano molto per me perché con loro ho attraversato mille momenti, anche storici, e sono grato di averli vissuti sempre al loro fianco. Il futuro? La free agency inizia il 1 luglio: mi pare prematuro parlarne già ora. Io voglio continuare a vincere. Non mi dispiacerebbe mettermi un anello anche al pollice. Penso che un ultimo titolo sia ancora alla nostra portata. Ma penso anche di voler essere felice in questi ultimi anni della mia carriera".

Chris Paul, gli altri e la situazione finanziaria

Un aspetto da considerare è ovviamente quello finanziario visto che da anni i Golden State Warriors pagano centinaia di milioni di dollari in luxury tax alla NBA (circa 700 dal 2013-14) per andare abbondantemente oltre la soglia del salary cap. Con questi risultati però è chiaro che il proprietario Joe Lacob voglia ridurre le spese, lui che non ci ha mai badato troppo quando si poteva seriamente puntare a vincere. Ora però, dopo aver speso 384 milioni per una squadra che ha finito decima a Ovest, la proprietà vuole tagliare visto che al momento questi Warriors sembrano ben lontani dal competere per il titolo.
Oltre a Klay, bisognerà decidere cosa fare coi contratti di Looney e Chris Paul, non garantiti, mentre è tutta un'altra storia quello che concerne Andrew Wiggins, deludente per il secondo anno di fila dopo essere stato decisivo nella conquista del titolo 2022. Non è escluso che si proverà a scambiare il canadese (contratto a salire fino al 2027, 26 milioni nel 2024-25) anche se il suo valore è davvero basso al momento. Poi bisognerà ragionare sulle estensioni dei contratti da rookie di Jonathan Kuminga e del già citato Moody. Per quanto riguarda JK, ha mostrato flash notevoli, una crescita importante arrivando a 16.1 punti, 5 rimbalzi e 2.2 assist tirando col 53%, quindi è giusto che si ragioni sulla sua situazione. Su Moody, il ragazzo merita spazio, anche perchè Golden State ha realizzaro un 28-18 di record quando lui è stato in campo oltre 15 minuti, segno che ha un effetto positivo.
Infine CP3: il suo arrivo in cambio di Jordan Poole ha destato dubbi e in generale non convinto troppo, pur con gli infortuni. Per la prima volta dopo 14 stagioni non giocherà i playoff ma lui stesso ha ammesso di non pensare al ritiro: "Questa eliminazione non è la fine della mia carriera, questo è poco ma sicuro. Non è ancora tempo di pensare al futuro, ma quando lo sarà mi farò una bella chiacchierata con Steve Kerr e Mike Dunleavy e vedremo il da farsi. Qui però sono stato molto bene". Vicino ai 39 anni, è praticamente sicuro che Golden State non garantirà il suo contratto da 30 milioni per il prossimo anno, per cui verrà tagliato entro il 28 giugno e diventerà free agent per la prima volta in carriera: a quel punto potrà firmare con chiunque, magari resterà ai Warriors, magari tornerà nella sua Los Angeles (Clippers o Lakers dall'amico LeBron) o magari altrove.
Forse la dinastia non è ancora finita, la presenza di Stephen Curry tieni viva la speranza. Di sicuro saranno settimane e mesi molto complessi in casa Golden State Warriors.
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