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Snobbata in estate, l’anomalia-Napoli è la mina vagante della Champions League. Per gioco, non per caso

Roberto Beccantini

Pubblicato 20/02/2023 alle 19:05 GMT+1

CHAMPIONS LEAGUE - In campionato continua a mantenere una distanza abissale dalle sue inseguitrici, nel girone autunnale con Liverpool, Ajax e Rangers ha dominato con cinque vittorie e calcio spettacolo: perchè il Napoli di Luciano Spalletti può sognare anche in Europa

Focus Napoli

Credit Foto Eurosport

Era il 17 maggio del 1989, quando il Napoli alzò la Coppa Uefa a Stoccarda, unico trofeo internazionale della sua storia. Lo guidava, dalla panchina, Ottavio Bianchi; e, dal campo, Diego Armando Maradona. Il primo scudetto era arrivato nel 1987, il secondo sarebbe giunto nel 1990. Un secolo dopo, siamo di fronte a un Rinascimento che profuma di dittatura estetica, non solo statistica. Primo posto in classifica, 62 punti in 23 turni, con 15 di vantaggio sulla seconda, l’Inter. Miglior difesa, miglior attacco. Avanti tutta: in Champions ci si era lasciati, a novembre, con la squadra regina del gruppo, cinque vittorie e una sconfitta, quella di Anfield (0-2), in coda e indolore. In compenso: 4-1 al Liverpool al Maradona; 6-1 all’Ajax alla Johan Cruijff Arena (e poi 4-2 in casa), doppio 3-0 ai Rangers. Venti gol fatti, sei subìti.
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Spalletti e lo scudetto: "Dite che ci mancano 13 vittorie. Vi pare poco?"

Una galleria d’arte moderna, ecco cos’è il Napoli attuale. Luciano Spalletti lo ha condotto su livelli sconosciuti ai guardiani del tempio, e dei tempi. Anche venerdì sera, nel 2-0 al Sassuolo, senza strafare ma pure senza lucrare, l’orchestra ha appagato il popolo pagante. Vi raccomando le reti: non tanto la sassata di Victor Osimhen (e sono 18), così improvvisa e laterale da confondere persino un portiere navigato come Andrea Consigli. Alludo allo slalom verticale di Khvicha Kvaratskhelia (e sono 10), un’azione fondata sulla repubblica dell’Io che, immagino, avrà mandato al manicomio sia i fanatici di Coverciano sia i talebani di Fusignano. Quando il «cittadino» prevale sull’«assistenzialismo» degli schemi, brindo sempre.

E ora l'obiettivo Champions

Andata degli ottavi, dunque. Martedì a Francoforte, ore 21: Eintracht-Napoli. Nella Bundesliga i tedeschi occupano il sesto posto, con 38 punti, a cinque dal Bayern. Sabato hanno battuto per 2-0 il Werder Brema, autogol di Marco Friedl e guizzo di Randal Kolo Muani, il francese che, a Doha, si fece murare il 4-3 da Emiliano Martinez nella selvaggia corrida con l’Argentina. Sappiamo come finì: rigori, Leo Messi campione e Kylian Mbappé capocannoniere. Non proprio la stessa cosa.
Li allena l’austriaco Oliver Glasner, un tipo che bada al sodo e stima molto gli arazzi del Napoli, con un occhio particolare ai ricami geometrici di Stanislav Lobotka. Sia chiaro: al netto della sentenza Bosman, che il 15 dicembre 1995 sabotò le scuole tradizionali fino a mischiarne le radici, l’impronta teutonica merita rispetto «a prescindere», come avrebbe chiosato Totò. Fra parentesi, l’Eintracht ha conquistato l’ultima Europa League. La contese ai Rangers (toh) e se la prese ai rigori. Da agosto vi giocava Luca Pellegrini, un terzino che, a gennaio, la Juventus ha girato in prestito alla Lazio. Vi tiene bottega Mario Goetze, polvere di stella, come ci ricorda il gol con cui, al Maracanà di Rio, beffò l’Argentina e consacrò la Germania mondiale nel 2014.
L’Europa odierna non offre gerarchie scolpite nella pietra, e questo è un vantaggio. I miei favori vanno al Manchester City, ma canta-Napoli incuriosisce il loggione e i pulpiti. Frequenta ritmi decisamente poco domestici, sfodera una varietà di proposte - i dribbling di Kvara, il lancio lungo per Osimhen, il fraseggio di branco - che ha spinto addirittura gli americani e gli inglesi a sperticarsi in elogi. Certo, non ha la malizia di un Real o di un Bayern, di un Liverpool o di un Chelsea. Con il Benfica, però, incarna il calcio più fresco e alternativo. La domanda è: quanto vale, al cambio ufficiale, il nostro campionato? E quanto, in barba all’enfasi, la fase a gironi? L’anomalia è il Napoli: ignorato in estate, mattatore in inverno. Capace di «suonare» all’estero come in patria. L’importante è non pensarsi invincibili. Sarebbe la fine. Viceversa, continuando così, sul pezzo e non fra le nuvole, potrebbe essere un altro inizio.
=== Per commentare o fare domande potete inviare una e-mail a roberto.beccantini@fastwebnet.it o visitare il suo blog, www.beckisback.it. ===
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Spalletti: "Kvaratskhelia mi ricorda Momo Salah"

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