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Mondiali 2022 - Argentina campione, Lionel Scaloni: il successo è la ricetta più antica del mondo

Simone Eterno

Pubblicato 19/12/2022 alle 10:59 GMT+1

MONDIALI 2022 - Coppa America, Finalissima, Mondiali. Lionel Scaloni ha perso una delle ultime 43 partite ufficiali con l'Argentina, riuscendo in un bis che in Sudamerica avevano fatto solo i brasiliani Mário Zagallo e Carlos Alberto Parreira. Partito da "traghettatore" per solo 6 partite, è entrato nella storia del calcio argentino e mondiale. La sua ricetta? La più antica e semplice di tutte...

Lionel Scaloni, Head Coach of Argentina, celebrates with the FIFA World Cup Qatar 2022 Winner's Trophy after the FIFA World Cup Qatar 2022 Final match between Argentina and France at Lusail Stadium on December 18, 2022 in Lusail City, Qatar.

Credit Foto Getty Images

"Dobbiamo far capire ai giocatori che più della selezione argentina non c’è nulla. Non c’è club al mondo più importante di questa maglietta”. A rivederla oggi – o meglio, a risentirla, considerando che la prima conferenza stampa di Lionel Scaloni da commissario tecnico dell’Argentina è facilmente reperibile online – da quel 21 agosto 2018, il “traghettatore” Scaloni, ha davvero compiuto la sua missione.
Ripartiva da lì l’Argentina, dopo lo sfortunato incrocio proprio con la Francia agli ottavi di Russia 2018; in una partita che segnava la fine dell’era Jorge Sampaoli e che apriva, dopo un po’ di tira e molla, alla necessità di trovare un traghettatore.
"Sei partite, poi vedremo”, disse lo stesso Scaloni in quella conferenza. Sono diventate ufficialmente 57. Quattordici pareggi, cinque sconfitte; una striscia di 36 match senza subire sconfitta ma soprattutto tre trionfi. Coppa America 2021. ‘Finalissima’ 2022. Coppa del Mondo 2022.
No, davvero nessuno avrebbe pensato che Lionel Scaloni, discreto giocatore passato anche in Italia nelle fila della Lazio, sarebbe potuto diventare il primo argentino di sempre a firmare la doppietta Coppa America/Mondiale, il terzo soltanto nella storia dopo le leggende brasiliane Mario Zagallo e Carlos Alberto Parreira.
L’epica della vittoria è solita cancellare critiche e memorie. Non vuole questo essere il caso. Il calcio dell’Argentina di Scaloni non sarà certo destinato a segnare una scissione tra il prima e il dopo; come fece l’Olanda negli anni ‘70 o la Spagna figlia della scuola catalana ormai quasi 15 anni fa. Evidente però che il percorso di questa Argentina del “traghettatore” Scaloni lasci un’eredità. Preziosa.
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L'Argentina alza la coppa al cielo dopo la finale finta ai Mondiali 2022 sulla Francia

Credit Foto Getty Images

Un’eredità da ricercare proprio in quelle parole di presentazione, perché nel percorso della sua Albiceleste capace di vincere tutto c’è distino, inciso, palese, una sorta di marchio di fabbrica. Un’idea fatta credo e assimilata da un intero gruppo: più dell’Argentina, nada. E’ stato questo il segreto dell’Argentina campione del Mondo in Qatar, così come campione del Sudamerica un anno fa. Non avranno incantato, non avranno divertito come altre; ma nessuno più di loro è stato Squadra. Squadra nella sua accezione davvero più semplice. Una copertura in più per il compagno. Una corsa in più per ricompattarsi. Un sacrificio in più perché in fondo questa è l’unica cosa possibile.
È stata la ricetta per venire fuori dallo psicodramma iniziale che sembrava trasformare l’Argentina nell'ennesimo bluff dopo quella prima incredibile uscita con l’Arabia Saudita. È stato l’ingrediente fondamentale per dominare 75 dei 90 minuti regolamentari con la Francia, che fino al rigore di Mbappé era stata a tratti ‘umiliata’ sul piano di intensità, compiti e dedizione alla causa. Una ricetta se volete antica nella sua semplicità, ma non per questo passata di moda nonostante le evoluzioni della disciplina. Specie in una competizione breve come un Mondiale, dove ‘gruppo’ e ‘solidità’ sono ancora oggi le due discriminanti al successo.
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Lionel Scaloni, ct dell'Argentina campione del mondo 2022

Credit Foto Getty Images

È entrato così Scaloni nella storia del calcio argentino, esaltando e costruendo l’epica di squadra; e diventando così – risultati alla mano – il tecnico più importante dell’Albiceleste insieme alle leggende César Luis Menotti e Carlos Bilardo, quest’ultimo – prima di ieri – unico ad alzare i due titoli mondiali del 1978 e 1986. “Non paragonatemi a loro”, aveva detto sempre in conferenza stampa proprio l’altro giorno, quando qualcuno in Argentina aveva comprensibilmente iniziato a fiutare che sarebbe arrivato il momento di scomodare i nomi importanti, quelli delle leggende. “Sono la storia della Nazionale – aveva proseguito Scaloni –, sono le persone che hanno reso grande questa maglia. Per me è un grande orgoglio poter allenare e rappresentare la Nazionale, ma non riesco proprio a mettermi al loro livello”.
Non ci si metterà lui, ma di sicuro lo metteranno gli altri già da oggi. Con una sola sconfitta nelle ultime 43 partitelo storico 2-1 dell’Arabia Saudita, appunto – l’Argentina di Lionel Scaloni entra di prepotenza nella storia del calcio mondiale. Forse non riguarderemo le partite tra 50 anni, forse non parleremo di tattica e di evoluzioni di gioco, ma ci ricorderemo della regola più banale di questo sport: costruire una squadra. Perché no hay club al mundo encima de esta camiseta. Semplice, no?
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