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Le pagelle del Giro d’Italia 2015: Contador e Aru su tutti, bocciati Boonen e Porte

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Aggiornato 03/06/2015 alle 13:38 GMT+2

Diamo i voti ai protagonisti della Corsa Rosa numero 98: è stata un'avventura bellissima, vinta dal più forte di tutti. Ma attenzione, perché l'Italia - con Aru - è lì già da oggi... Bravi anche Visconti, Hesjedal, Gilbert e Modolo. Bocciati senza scusanti Porte e Boonen

Alberto Contador feierte den Sieg beim Giro d´Italia

Credit Foto Imago

ALBERTO CONTADOR 10 - Tre incidenti - la sublussazione della spalla nella sesta tappa, la caduta che a Jesolo gli costa la maglia rosa, la “presunta” foratura e l'imboscata dell'Astana nel tappone dell'Aprica - altrettanti capolavori: a cronometro per riprendersi la leadership, la strepitosa scalata in solitaria del Mortirolo, il bis all'attacco del Monte Ologno. Alberto Contador vince da Campéon il Giro d'Italia senza il migliore supporto della sua Tinkoff-Saxo contro una formidabile Astana, torero ferito e implacabile conquistador. Voto pieno senza lode per un successo di tappa sfuggitogli fra Cervinia e Sestriere, per l'exploit di Fabio Aru e per una piccola crisi, anzi “mecanismo de autocontrol” sul Colle delle Finestre. Niente fuori giri prego: ora il Tour de France. (f.d)
FABIO ARU 9 – Tra lui e il secondo classifica della maglia bianca (Formolo) ci sono quasi due ore. Nonostante l’età, Fabio non è più un corridore giovane. E’ già maturo al punto giusto per ambire ai grandi traguardi. Terzo al Giro un anno fa, secondo quest’anno: non è più solo il futuro dell’Italia, Aru è già oggi il presente del nostro ciclismo. Vederlo lottare (quasi) alla pari contro Contador è stato uno spettacolo riconosciuto anche dallo stesso Pistolero. Ora il Tour in appoggio a Nibali, per poi farlo da capitano il prossimo anno. Migliorando a cronometro, il cavaliere sardo ha i mezzi per fare anche meglio del messinese. (a.t)
PHILIPPE GILBERT 9 - Un brand classico e d'asporto, una griffe inconfondibile: il vallone torna in Italia dopo 6 anni e vince due bellissime tappe. La prima sul Monte Berico, dove piove e fa freddo che sembra d'essere sulle Ardenne, con una fiammata rossa “alla maniera del Cauberg”; il bis d'autore a Verbania, in fuga e in contropiede, di classe e in solitaria. C'è un circoletto rosso, pardon  iridato, sul traguardo di Richmond. (f.d)
MIKEL LANDA E IL TEAM ASTANA 8 – Cinque vittorie di tappa, secondo e terzo posto della generale con Aru e Landa, eppure qualcosa in casa Astana sembra non aver funzionato alla perfezione. Hanno tirato tutti i giorni e fatto quasi sempre la mossa decisiva della tappa, però la sensazione è che la squadra kazaka abbia troppo spesso gestito male le sue punte di diamante. Perché se l’obiettivo era vincere le tappe e ottenere due posti sul podio ok, ma per conquistare il Giro si doveva correre qualche rischio in più. Landa (due tappe vinte, 3° posto a Milano: voto 8) si è dimostrato il più forte in assoluto in salita, ma è stato gestito male: per attaccare Contador (senza squadra da inizio Giro) bisognava rischiare di farlo saltare. Ne avrebbe sicuramente guadagnato Aru, che ha chiuso in crescendo il Giro dopo essere stato lasciato invece completamente da solo sul Mortirolo. (a.t)
FORMOLO, BOEM E LE GRANDI FUGHE ROSA 8 - Due classe 1992, Davide Formolo e Jan Polanc, a irraggiare il cielo di rosa dalle Cinque Terre all'Abetone; due scalatori, Beñat Intxausti e Paolo Tiralongo, sui primi arrivi in salita; lo sprint mutilato da Ilnur Zakarin nell'Autodromo di Imola, ma soprattutto The Italian Job, la fuga bidone di Forlì. Gatto, Marangoni, Malaguti, Busato, Nicola Boem: altro che banda del buco, un attacco a cinque schierato a battere la strada per 193 chilometri. Perfino a Milano, il belga Iljo Keisse sorprende tutti sulla passerella del Giro in concorso di merito con Durbridge: campioni di fatica, eroi per un giorno, bravi(ssim)i tutti. (f.d)
SACHA MODOLO E IL POKER DELLA LAMPRE EXPRESS 8 - Roberto Ferrari, Maxi Richeze, Sacha Modolo: il locomotore della Lampre Merida sfreccia come un TGV sulla tratta Jesolo-Lugano. Due volate perfette dopo i successi di Jan Polanc (Abetone) e Diego Ulissi (Fiuggi): una prima volta e una redenzione, un bellissimo poker della squadra italiana che estende i confini del ciclismo dalla Cina all'Africa, da Xu Gang a Tsgabu Grmay Gebremaryam, primo corridore etiope  e sorridente a Milano. Quando il Made in Italy incontra le nuove frontiere: è la regola (vincente) della Lampre-Merida nel mese dell'Expo. (f.d)
VISCONTI, HESJEDAL E KRUIJSWIJK 7 – Il primo si è piazzato nella generale per la prima volta nella sua carriera e ha vinto con merito la maglia degli scalatori: gli altri due, invece, si sono resi protagonisti di una straordinaria ultima settimana. Sempre con i migliori e molto spesso all’attacco, anche lungo le salite più dure. E’ così che si rende onore alla grande storia del Giro d’Italia. Bravissimi! (a.t)
ELIA VIVIANI E LA ORICA GREENEDGE 6 - Primo sprint del Giro a braccia alzate con una progressione da pistard: tappa e maglia rossa a Genova, poi una graduale flessione (sua e della Sky) e tante volate di gruppo mutilate dalle fughe al traguardo. Prima e dopo Viviani, due bis firmati Orica GreenEdge: la cronoprologo (da Belfast a Sanremo) e un altro successo di Michael Matthews in maglia rosa a Sestri Levante. Tracce successive dei passisti australiani nell’affaire Porte, con Simon Clarke a cedere la ruota al connazionale della Sky, e nel circuito di Milano per merito di Luke Durbridge, regolato però da Keisse sull’ultimo traguardo della Corsa Rosa. (f.d)
RIGOBERTO URAN 5.5 – Quando si dice avere orgoglio. Erano in molti ad attenderlo sul gradino più alto del podio dopo due secondi posti di fila, ma il colombiano è stato tradito dalla bronchite e da una caduta nella prima parte di Giro. Poi però ha saputo riprendersi ed è tornato a tenere la ruota dei migliori nell’ultima settimana, la più difficile. Ha inseguito invano una vittoria di tappa, ma ha lottato come un leone e non si è dato mai per vinto. Bisogna rendergliene atto e fargli i complimenti per questo. Avrebbe potuto ritirarsi, m non lo ha fatto. (a.t)
ANDRE GREIPEL 5 - L’Italia non è un paese per velocisti. O meglio sì, però il Piave mormora… E per chi credeva che Greipel potesse fare bottino pieno in volata causa assenze di Cavendish, Kittel, Bouhanni e compagni di sprint, ecco servito il revanscismo delle frecce tricolori. Così il tedesco vince una sola tappa, quella di Castiglione in cui cadono 20 corridori alle sue spalle, e si ritira dopo due settimane per evitare le Alpi. (f.d)
RICHIE PORTE 4 – I 2’ presi per il cambio di ruota con Clarke nella tappa di Forlì più che sfortuna sono un errore. Demoralizzato da quell’episodio è caduto a Jesolo e si è eclissato a Madonna di Camiglio. Si è ritirato per via di un dolore che non gli permetteva di continuare la Corsa Rosa, ma pochi giorni dopo era già sui rulli per prepararsi al Tour de France. Come dire: il Giro interessa finché si resta in classifica. Mal gestito dal Team Sky, che è sembrato più concentrato sul motorhome che sulle dinamiche della strada. (a.t)
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TOM BOONEN 4 – Malissimo. Il suo primo Giro d’Italia è finito addirittura prima della cronometro di Valdobbiadene. Puntava a un paio di tappe, ma le montagne italiane sono montagne vere. E lui ha scelto di ritirarsi piuttosto che fare fatica. Irrispettoso. (a.t)
LA PRESENZA DI CERTI SPETTATORI... 3 – Nessun altro sport come il ciclismo permette al pubblico una vicinanza così fisica e identitaria con gli atleti. Per questo, quanto successo nella prima settimana ha qualcosa di sconvolgente: una specie di pazzo che attraversa il la strada in fixed-bike provocando una maxi-caduta; uno spettatore che, malgrado i buonissimi propositi, rischia gravi conseguenze cercando di rialzare Pozzovivo, caduto e immobile sull'asfalto, prima del soccorso medico; quello sciagurato fotografo che, all'arrivo della sesta tappa, sporge la sua macchina oltre le transenne fratturando l'omero al Daniele Colli (fra gli altri coinvolti, Contador si lussa la spalla). Facciamo appello al nostro senso civico, perché il ciclismo è lo sport più simile a un lavoro e ha bisogno per questo del contributo di tutti. (f.d)
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