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Ciclismo, Giro d'Italia: Ritorno al futuro, Egan Bernal di nuovo al centro del villaggio

Marco Castro

Aggiornato 31/05/2021 alle 14:26 GMT+2

GIRO D'ITALIA - Egan Bernal ha vinto la sua prima corsa rosa a due anni dal trionfo al Tour de France. In mezzo tanti fantasmi e l'esplosione di nuovi mostri, a minacciare un'Era che doveva portare il suo nome. Il colombiano è tornato, cancellando le incognite che aleggiavano su di lui alla vigilia e seducendo in maniera irresistibile il Giro 104. A 24 anni e spicci, pronto a riprendersi il mondo.

Egan Bernal

Credit Foto Eurosport

E la gente di Zipaquirà tornò a cantare, ballare e urlare il nome del suo beniamino sotto il cielo colombiano. La culla di Egan Bernal è di nuovo in festa mentre lui, 9000 chilometri più in là, si stringe al Trofeo Senza Fine, dove è stato appena inciso il suo nome. L’ultima cronometro se ne è andata come una formalità, ogni smorfia di concentrazione si può sciogliere nel sorriso che abbiamo imparato a conoscere: a 24 anni e cinque mesi scarsi ha vinto il suo primo Giro d’Italia e ricomposto un puzzle che il corso degli eventi aveva cominciato a smembrare, dopo l’apoteosi al Tour de France 2019.
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Bernal alza le braccia al cielo: l'arrivo a Milano e la festa

Classifiche e risultati

Chi è il più forte per i Grandi Giri?
Bernal di nuovo al centro del villaggio ciclismo, di cui si era fatto sindaco, re e imperatore in quel luglio incredibile di due anni fa. L’inizio di una nuova Era titolata col suo nome, di certo attesa, anche se non così presto per lui che era appena diventato il terzo più giovane di sempre a prendersi la Grande Boucle. Eppure quella Cima Coppi raggiunta così in fretta aveva lasciato spazio a una discesa tecnica, scivolosa e piena di buche, dove il giovane colombiano aveva metaforicamente fatto la fine occorsa al povero Matej Mohoric nella nona tappa del Giro appena concluso. Disarcionato da un mal di schiena asfissiante, un nemico infido e duro a morire. E mentre lui faticava a riemergere, due satanassi sloveni gli rubavano la scena e, soprattutto Tadej Pogacar, le copertine di uomo copertina di presente e futuro nelle grandi corse a tappe (e non solo).
Gli atroci dubbi sul fatto che il miglior Bernal fosse solo un ricordo erano giunti fino alla cronometro inaugurale di Torino. "Il favorito numero uno indiscusso per la vittoria finale sarebbe Egan. Ma in che condizioni sarà?” sussurravano in tanti. Perplessità legittime, che il corridore della Ineos ha spazzato appena la strada l’ha permesso. Le prove generali a Sestola e Ascoli Piceno, prima che lo sterrato di Campo Felice facesse alzare tutti sul divano per la prima volta, lui che mai prima di quel giorno aveva vinto una tappa in un Grande Giro. Un momento indimenticabile, condito dalla conquista dell’adorata maglia rosa. Ma non il più bello. "Porto nel cuore la tappa di Montalcino” ha detto lui. La frazione della polvere, dove il test svolto alla Strade Bianche ha pagato i dividendi. Avversari ancora annichiliti per una leadership sempre più solida.
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Bernal fa il fenomeno! Tappa e maglia, Ciccone secondo: rivivi l'arrivo

La recita di Bernal preferita dai tifosi, probabilmente, è quella che non fu mai vista. La cavalcata invisibile verso Cortina, nella tappa orfana di Fedaia e Pordoi, dove solo Caruso e Bardet hanno limitato i danni provocati dalla sua furia. "Volevo fare qualcosa di speciale e mostrare di essere davvero tornato in gioco” ha detto il colombiano dopo quella tappa. Un "I’m back" di jordanesca memoria, per dimostrarlo a sé stesso prima che al mondo. Con prevedibili entusiasmi da ogni dove. Da "Bernal non è più lui” a "Bernal ha già vinto il Giro”, perché non siamo certo la terra delle mezze misure. E se le prime due settimane sono state quelle del robotico dominio, è al momento del dunque che è sorto l’Egan maturo, l’Egan gestore, l’Egan mentale. Perché il calo dell’ultima settimana non è stato repentino, ma evidente. Yates ha lanciato l’assalto alla diligenza, un leggendario Caruso non ha mollato di un’unghia. Ma Bernal è rimasto lì con la testa dove le gambe cominciavano a bruciare, scortato nell’ordine di esibizione da Puccio, Ganna, Castroviejo e un Dani Martinez in stato di grazia. Sciorinando sprazzi di grandi leadership, fino alla chiusura dei conti, di fatto, all’Alpe Motta.
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Uno, due, tre scatti di Yates! Bernal in crisi, che forza l'inglese

I vincitori di Giro e Tour in carriera

G. BARTALI (ITA)3 Giro, 2 Tour
F. COPPI (ITA)5 Giro, 2 Tour
H. KOBLET (SUI)1 Giro, 1 Tour
C. GAUL (LUX)2 Giro, 1 Tour
G. NENCINI (ITA)1 Giro, 1 Tour
J. ANQUETIL (FRA)2 Giro, 5 Tour
F. GIMONDI (ITA)3 Giro, 1 Tour
E. MERCKX (BEL)5 Giro, 5 Tour
B. HINAULT (FRA)3 Giro, 5 Tour
L. FIGNON (FRA)1 Giro, 2 Tour
S. ROCHE (IRL)1 Giro, 1 Tour
M. INDURAIN (ESP)2 Giro, 5 Tour
M. PANTANI (ITA)1 Giro, 1 Tour
A. CONTADOR (ESP)2 Giro, 2 Tour
V. NIBALI (ITA)2 Giro, 1 Tour
C, FROOME (GBR)1 Giro, 4 Tour
E, BERNAL (COL)1 Giro, 1 Tour
Bernal re del Giro dopo il Tour, una doppietta riuscita ad altri sedici nella storia. Ma per precocità dell’accoppiata è in ritardo solo rispetto a Gino Bartali ed Eddy Merckx, bruciando di qualche mese Felice Gimondi e Alberto Contador. Bernal che onora la maglia rosa, baciata e indossata per 13 giorni, e l’Italia, che sarà sempre la sua seconda casa e che per lui stravede. Bernal che ai saluti rimane con i piedi per terra: "Ci sono tantissimi corridori molto più forti di me, uno di questi è Pogacar”. Di certo il duello più appassionante dei prossimi dieci anni di ciclismo, a ogni latitudine. Difficile vederlo al prossimo Tour, magari già alla Vuelta. Non vediamo l'ora.
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Dall'Androni alla vittoria del Giro: la scalata al potere di Bernal

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