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I 5 motivi del fallimento della Spagna ai Mondiali 2022: dalla mancanza di leader alle responsabilità di Luis Enrique

Pietro Pisaneschi

Pubblicato 07/12/2022 alle 09:49 GMT+1

MONDIALI 2022 - Per la quarta volta nella sua storia, la Spagna è uscita da un Mondiale per colpa dei calci di rigore. Dietro alla sconfitta negli ottavi di finale contro il Marocco c'è però molto di più di una sorta di maledizione dagli 11 metri. Tra l'assenza di leadership e una generazione di nuovi talenti troppo acerbi, l'uomo simbolo di questa Spagna era l'unico che non scendeva in campo.

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Dopo Euro 2020, la storia si ripete. Il Mondiale della Spagna è finito tra le braccia di Bounou, portiere del Marocco che ha neutralizzato tre rigori su tre alle Furie Rosse, che salutano già il Qatar agli ottavi di finale. L’iniziale 7-0 all Costa Rica aveva illuso molti. Quel risultato così rotondo e reboante, aveva dato la percezione di una squadra diversa da quella che effettivamente è stata. Tra un tipo di calcio identitario che non ha più validi interpreti, e un tecnico forse fin troppo social, ecco quali possono essere i motivi della prematura uscita di scena della Spagna da Qatar 2022.
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1) UNO SPETTRO CHIAMATO RIGORI

“Maledetti rigori” quante volte lo abbiamo letto, sentito o anche solo pensato tifando l’Italia durante tutto l’arco degli anni 90. Tre mondiali, tre grandi squadre azzurre, tre uscite di scena dal dischetto prima di rifarci (concedeteci il plurale) nel 2006. Se per noi quei tiri dagli 11 metri che segnano la sottilissima linea di demarcazione tra gioia e rimpianto sembravano maledetti allora per la Spagna sono totalmente nefasti. Le Furie Rosse hanno perso 4 volte ai rigori ai Mondiali: contro il Belgio nel 1986, contro la Corea del Sud nel 2002, contro la Russia nel 2018 e quest’anno contro il Marocco. Se aggiungiamo la semifinale persa con l’Italia all’ultimo Europeo, questa è la seconda volta consecutiva che la Spagna viene eliminata ai rigori in un grande torneo internazionale. A distanza di poco più di un anno la storia si ripete e qualche similitudine c’è. Chi si ricorda il Giorgio Chiellini sornione affrontare con una bella risata il lancio della monetina per decidere chi avrebbe calciato per primo in quella semifinale? Gli occhi allegri da italiano in gita, avrebbe cantato Paolo Conte. Lo stesso è accaduto stavolta tra il portiere del Marocco Yassine Bounou e il collega spagnolo Unai Simon mentre entrambi si dirigevano verso la porta. Uno parla e ride, l’altro è serio e quasi corrucciato. Bounou sembrava il compagno di banco che ha voglia di scherzare anche prima del compito in classe, Unai Simon quello che ripassa fino ad un secondo prima della consegna del foglio, un po’ in preda al panico. Tutto il peso di essere la Spagna è venuto fuori durante i rigori. Tre tiri dal dischetto, tre errori. Tre conclusioni scariche, lente, facilmente leggibili. Tre conclusioni da chi non ci crede abbastanza perché “tanto siamo la Spagna e la maledizione ci vuole uscenti ai rigori”.
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Come il portiere del Marocco Bounou ha neutralizzato il rigore di Busquets, Getty Images

Credit Foto Getty Images

2) L'ASSENZA DI UN VERO LEADER IN CAMPO

Nell’analizzare i perché dell’eliminazione della Spagna, tutto parte e finisce da quei tre rigori falliti. Dal dischetto serve, innanzitutto, personalità. Pablo Sarabia, Carlos Soler e Sergio Busquets hanno calciato male e hanno sbagliato. Capita, e non bisogna per forza scomodare De Gregori per disquisire sulle qualità dei singoli, ma le facce non erano convinte, non erano gli sguardi da leader carismatici che devono guidare una Nazionale. Lo spettacolare 7-0 all’esordio contro la Costa Rica forse aveva mascherato un grosso limite di questa Spagna: rispetto al passato, non ci sono guide in campo. Tutto il carisma, tutto l’essere “capopopolo” converge in panchina (ne parleremo). Ma in campo vanno i giocatori e tra gioventù dorata (Pedri e Gavi, gli altri rimandati) e chi doveva tramandare il ricordo di un passato glorioso (Jordi Alba, Marco Asensio e lo stesso Busquets) questa versione della Spagna non è sembrata avere la personalità giusta per andare avanti. Probabilmente questa eliminazione agli ottavi è solo una tappa di un percorso che porta un po’ più lontano, e anche da queste sconfitte può passare la crescita di un gruppo. Ma intanto, almeno quest’anno, è stato uno dei limiti della squadra.
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Luis Enrique consola Busquets dopo il rigore sbagliato contro il Marocco.

Credit Foto Getty Images

3) LA NUOVA GENERAZIONE NON È ANCORA PRONTA PER QUESTI LIVELLI

Il discorso sull’assenza di un vero leader è poco distante da quello sul fatto che la nuova generazione di fenomeni non è ancora pronta per competere al massimo livello del calcio mondiale. Lo sarà, “ma non è questo il giorno”. I gioiellini del Barcellona, da Pedri a Gavi passando per Ferran Torres e Alejandro Balde, hanno mostrato tutti i propri limiti dovuti un po’ alla giovane età e un po’ al fatto anche di non giocare in una versione entusiasmante dei blaugrana. La joventut spagnola dipende ancora troppo dall’entusiasmo collettivo derivante da una situazione di vantaggio e/o superiorità. Quando la partita si è messa subito in discesa, come contro il Costa Rica, i giovani si sono esaltati. Quando c’è stato invece da affrontare i tedeschi, da tirare la carretta contro il Giappone, o cercare di scardinare l’asperrima difesa marocchina (1 solo gol preso in 4 partite, e il Marocco se l’è pure fatto da solo) allora lì sono fuoriusciti i limiti di giocatori ai quali forse è stato chiesto troppo. Parallelamente, la Spagna non può comunque ancora fare a meno di alcuni “senatori”. Nelle situazioni complesse, a sbloccare la situazione c’ha pensato Alvaro Morata. Nella partita contro la Germania il gol di Niclas Fulkrugg arriva pochi minuti dopo che Jordi Alba ha lasciato la corsia sinistra nelle mani di Alejandro Balde mentre Sergio Busquets fa ancora il bello e il cattivo tempo là in mezzo al campo. Un giocatore per ruolo, la spina dorsale di una squadra che senza questi tre avrebbe raccolto ancora meno.
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Pedri, forse la stellina più lucente del nuovo firmamento di talenti spagnolo.

Credit Foto Getty Images

4) UNA PROPOSTA DI CALCIO CHE NON ENTUSIASMA PIÙ

C’era una volta il Tiki-Taka. Fiumi d'inchiostro sono stati versati per esaltarlo, torrenti di parole sono sgorgati per celebrarlo. Tutto vero, ma non basta più. Quella Spagna che tanto ha vinto e ha distribuito lezioni di calcio a tutti fin quasi a diventare irritante non esiste più. Di base, non ci sono più i giocatori per replicare quel tipo di gioco. Ogni tentativo è un bieco epigono, una cover band che assomiglia tremendamente all'originale ma non suonerà mai come lei. Il Mondiale della Spagna è andato in calando. Al 7-0 alla Costa Rica, è seguito il tirato 1-1 contro la Germania e la sconfitta per 2-1 contro il Giappone. E infine, la sconfitta ai rigori contro il Marocco. “Abbiamo dominato completamente, però i rigori ci sono stati fatali”. Parole e musica di Luis Enrique. Vere, ma fino ad un certo punto. Contro il Marocco la Spagna ha sì dominato con il 76.8% di possesso palla e 1019 passaggi effettuati di cui il 90.9% riusciti (fonte dati Opta) ma tutta questa soverchiante padronanza del campo si è tramutata in un solo tiro in porta al 122’ con Sarabia. Paradossalmente, il Marocco di passaggi ne ha fatti 304 e di tiri in porta due. E se i dati possono sembrare solo freddi numeri ecco il supporto visivo. Minuto 70, la Spagna è in possesso del pallone. Il Marocco è tutto arretrato nella propria metà campo. Difende persino Hakim Ziyech, il che è tutto dire. E la Spagna? i giocatori si passano il pallone, in orizzontale, quasi da fermi. E i giocatori marocchini ondeggiano, seguendo il flusso di un possesso sterile che non dice niente, che non trasmette emozioni, che non fa vincere più le partite.
  • Gli impietosi dati di Marocco-Spagna: oltre 1000 passaggi effettuati ma 0 gol e 1 solo tiro in porta in 120'
VOCI STATISTICHEMAROCCOSPAGNA
Tiri in porta totali21
Tiri totali tentati613
Possesso palla23,2%76,8%
Passaggi effettuati3231019
Passaggi completati229927
% passaggi riusciti70,8%90,9%
Tackle vinti2611
Palloni intercettati84
Salvataggi del portiere 12
Rigori segnati dopo il 120'30

5) L’UNICA STELLA DI QUESTA SPAGNA ERA LUIS ENRIQUE

La rivoluzione non sarà televista, questo è il titolo di una canzone funky di Gil Scott-Heron del 1974. Luis Enrique la rivoluzione ha provato a farla su quella che in molti ritengono la tv del futuro: su Twitch. Tutti i giorni, una diretta per aggiornare i tifosi sulla condizione della squadra. Cuffie da gamer e discreta padronanza del mezzo: just chatting allo stato puro. D’altro canto, istrionico Luis Enrique lo è sempre stato Tra dichiarazioni, battute a volte anche piccanti e una nobile causa di fondo, l’ex allenatore di Roma e Barcellona è stato il commissario tecnico più social del mondiale, forse finendo per esserlo fin troppo. Qualcuno ha imputato al commissario tecnico poca serietà. Durante certe competizioni serve mantenere un paio di gradi di separazione tra la squadra e tutto il resto, a costo di risultare quasi antipatici. La vera star di questa Spagna era lui, Lucho, e questo forse mascherava tutte le mancanze nominate finora a cui se ne aggiunge un’ultima: le Furie Rosse non hanno avuto un giocatore simbolo. Quando non hai un giocatore di spicco, allora devi fare necessariamente leva sul gruppo e se questo, come detto finora, ancora non è adatto a questo livello diventa molto arduo proseguire in un mondiale. Luis Enrique ha accentrato su di sé tutta l’attenzione e ha protetto i suoi uomini, i suoi ragazzi e alla fine dopo il Marocco ha fatto mea culpa. I primi tre rigoristi li ha scelti lui, per gli altri c’è stata una sorta di autogestione con Busquets armato di blocchetto e penna a chiedere chi se la sentisse di calciare un rigore. Così, forse un po' troppo alla leggera. Troppe rivoluzioni tutte insieme non riescono, già è molto difficile riuscire a farne una soltanto.
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