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Cosa ci lascia il caso Juan Jesus-Acerbi: i soliti dubbi e, purtroppo, il solito Gravina

Roberto Beccantini

Pubblicato 29/03/2024 alle 09:57 GMT+1

CALCIO, SERIE A - Il razzismo è un nervo scoperto del mondo, ma in Italia si procede a spanne: siamo sempre lì, al limite del limite: insufficienza di prova o prove di insufficienza. Dalla vicenda emerge che nessuno aveva completamente torto, e nessuno aveva completamente ragione. Ma la parola "razza", con l’uomo, non c’entra un tubo.

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Cosa ci lascia il caso «Juan Jesus-Francesco Acerbi»? La solita zona grigia, i soliti sospetti. Gli immancabili processi al processo. La parola dell’uno («Mi ha detto: sei solo un negro») contro la parola dell’altro («Gli ho detto: ti faccio nero»). Senza lo straccio di un testimone, neppure tra i napoletani, che potesse confermare l’insulto razzista. E dunque, Acerbi assolto. Sul piano giuridico, coro degli esperti: «sentenza ineccepibile». E a livello morale? Ballavano dieci giornate di squalifica e Gerardo Mastrandrea, il magistrato deputato al verdetto fatale e finale, ha offerto all’imputato lo spazio e le garanzie che, per tradizione, la giustizia sportiva riserva alla procura.
Il razzismo è un nervo scoperto del mondo, ma in Italia si procede a spanne. Povero il Paese che confonde il colore della maglia con il colore della pelle. O viceversa. Nei nostri cortili capita spesso. Siamo sempre lì, al limite del limite: insufficienza di prova o prove di insufficienza. Confine che ognuno di noi valica in base al livore, all’emozione. E non solo tra brutti ceffi. Dino Zoff, monumento al calcio, ha promosso la non condanna: «Acerbi si era scusato, basta e avanza; sono screzi da campo e, come tali, non devono uscire». Marco Tardelli, l’urlo del Bernabeu, la pensa in maniera diametralmente opposta: «Acerbi ha commesso una sciocchezza. Ma la sciocchezza più grande, per me, l’ha commessa il giudice».
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Acerbi e Juan Jesus durante Inter-Napoli - Serie A 2023/2024

Credit Foto Getty Images

In passato, per vicende simili, i colpevoli vennero stangati: ma erano campionati minori (sic) e gli inquirenti avevano scovato nel branco almeno un «uditore». Nel prosciogliere il difensore dell’Inter, Ponzio Mastrandrea (o Gerardo Pilato, a scelta) non se l’è sentita di censurare il j’accuse di Juan Jesus. Insomma: nessuno aveva completamente torto, nessuno aveva completamente ragione. «Il contrario - chiosava Lorenzo Vendemiale su "il Fatto quotidiano" del 27 marzo - sarebbe stato anche peggio: un far west dove chiunque può puntare il dito contro un avversario e farlo fuori».
Ultimo per distacco, e non è una novità, il presidente federale. Gabriele Gravina. La carica, l’episodio e l’epilogo avrebbero dovuto suggerirgli un profilo basso, molto basso. Invece no: «Crediamo ad Acerbi, è un bravo ragazzo. Quando lo vedrò, lo abbraccerò». Complimenti. E l’altro «ragazzo», Juan Jesus? Un bugiardo seriale? Gli Europei di giugno scatenano i dietrologi e moltiplicano le versioni più maliziose (Acerbi fa parte della rosa azzurra, che combinazione). Ma Gravina è questo: più Castel di Sangrìa che Castel di Sangro.
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Francesco Acerbi și Juan Jesus (Inter - Napoli)

Credit Foto Eurosport

Piccolo avviso ai naviganti. Una volta ci piaceva spiare, oggi ci eccita essere spiati (dal Grande Fratello all’Isola dei famosi): perché allora non trasmettere in diretta tv udienze come questa, dal tema così delicato, così scottante, così divisivo? Avremmo potuto farci un’idea «dal vivo», addetti e non addetti. Al di là dell’esito ufficiale e delle motivazioni. Discutibili, ma rispettabili; rispettabili, ma discutibili: i distinguo interpretativi tra offese «discriminatorie» e «gravemente minacciose» riassumono la classica propensione italica a giocare sui cavilli. Va già bene che non abbiano sospeso Juan Jesus, ghignano, furibondi, a Napoli.
Punto e a capo. Che fare? I buuu di una fetta di Udine al milanista Mike Maignan risalgono al 20 gennaio. L’Inter-Napoli di cui si parla è stata disputata il 17 marzo. E non sono che gli indizi più freschi. Francesco Sabatini, presidente onorario dell'Accademia della Crusca, ha scritto: «Tutti riconobbero che "razza" deriva dal nome normanno «haraz», poi diventato francese, normanno-francese, cioè allevamento di cavalli». Tutti? Ricominciamo da qui: razza, con l’uomo, non c’entra un tubo.
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