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Da Akimova a Markova, passando per Fedorovtseva e tante altre stelle: la fenomenale Russia che ci stiamo perdendo

Marco Arcari

Aggiornato 22/02/2024 alle 11:14 GMT+1

PALLAVOLO - Il conflitto russo-ucraino non accenna a concludersi e il bando di CEV e FIVB sulle nazionali russe persiste. In questo modo, da amanti dello sport, ci stiamo perdendo una Russia femminile tanto giovane quanto potenzialmente ingiocabile: da Vita Akimova ad Arina Fedorovtseva, da Tatiana Kadochkina a Marina Markova, davvero tante giovani stelle. È sportivamente giusta questa situazione?

Arina Fedorovtseva durante una partita dei Giochi Olimpici di Tokyo 2020 con la sua Russia

Credit Foto Getty Images

Il bando dei club e delle nazionali russe da qualsiasi competizione ufficiale CEV o FIVB ci sta oggettivamente privando di ammirare tantissime nuove stelle e, nel caso della Russia femminile, perfino di una squadra potenzialmente devastante, oltre che giovanissima. Da amanti di tutto lo sport, prima ancora che di questa particolare disciplina, è un vero peccato. C'è chi lo considererà giusto, eticamente o moralmente, ma sportivamente resta comunque un peccato e negarlo non cambierebbe l'evidente realtà dei fatti.
Finché permarranno queste sanzioni, non avremo infatti modo di vedere giocare insieme le tantissime stelle che da anni illuminano la galassia della pallavolo russa, oltre che di quella europea a livello di club. Talenti generazionali, destinati forse a riscrivere pagine nel libro dei record di questo sport, nonché a cambiare la storia evolutiva di una disciplina che resta comunque ciclica nei suoi aspetti tecnici. Soprattutto, non possiamo scoprire a che risultati potrebbe ambire una delle migliori generazioni pallavolistiche di sempre. Ecco cosa ci stiamo perdendo.
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Per quanto fosse già conosciuta da tempo, specie a livello giovanile, durante i Giochi Olimpici di Tokyo 2020 il mondo si è completamente accorto di Arina Fedorovtseva. Schiacciatrice classe 2004, dotata di un servizio al fulmicotone e di una capacità di attacco con palla alta impressionante: qualità che la renderanno una game-changer di questo sport, come già avevamo anticipato l'anno scorso, dopo che aveva devastato la ricezione di Conegliano nei quarti di finale della Champions League. Fedorovtseva è da anni punto di forza del Fenerbahce Opet Istanbul, attualmente allenato da Stefano Lavarini, ossia di una squadra che punta a inserirsi tra Imoco e VakifBank per arrivare sul trono europeo del volley di club.
Se di Fedorovtseva sappiamo già molto, avendo potuto ammirarla in maglia Yellow Angels tra Champions e Sultanlar Ligi turca, di tante altre giovani (o giovanissime) russe ci stiamo accorgendo soltanto adesso. Si pensi alla coppia che infiamma il Pala Igor di Novara da qualche giorno: Vita Akimova e Marina Markova. La prima, opposta classe 2002, è arrivata tra le Zanzare dopo una grande annata al Volero Le Cannet, per imporsi subito tra le migliori giocatrici della Serie A1 Tigotà 2023-24 insieme a stelle del calibro di Kate Antropova, Paola Egonu e Isabelle Haak. La seconda, martello del 2001, è atterrata a Novara da qualche settimana, in prestito dal VakifBank - club che l'ha acquistata dal Muratpasa Sigorta Shop per farne perno del prossimo ciclo sportivo, a partire dal 2024/25 - e ha impiegato pochissimo tempo per strabiliare i tifosi igorini.
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In comune hanno tutte un servizio potentissimo e una naturale capacità di passare sopra al muro avversario con qualsiasi colpo d'attacco, incluse le diagonali strette. Sostanzialmente, due marchi di fabbrica della pallavolo russa contemporanea, almeno stando agli andamenti di quei campionati giovanili cui la Russia era presente, oltre che due facce della stessa medaglia. Da tempo il fondamentale dai nove metri è diventato infatti il "primo attacco" di questo sport e sono sempre più le squadre che stanno riducendo la battuta salto-float a mera opzione tattica, per prediligere invece salto top-spin forti o fortissime. La nazionale allenata da Zoran Terzic non può essere vista in competizioni ufficiali CEV o FIVB, ma non per questo non sta proseguendo nella sua idea di gioco rivoluzionario.
Il problema, per noi appassionati o semplici spettatori, deriva dal fatto di non poterla vedere all'opera. Perché la Russia non è soltanto Akimova, Fedorovtseva o Markova. Ne sono ben consapevoli i tifosi della Megabx Ondulati Vallefoglia, che da qualche mese possono ammirare tutto il talento di Viktoriia Kobzar, palleggiatrice classe 2004 descritta da molti - e da tempo - come la futura stella del volley mondiale nel ruolo. Anche per lei una florida esperienza al Volero Le Cannet, club dall'evidente matrice russa, soprattutto nelle ultime stagioni, e tantissimi titoli a livello giovanile, peraltro dopo partite avvincenti contro le under Azzurre. Oppure gli stessi supporter del Volero in questa stagione, considerando la persistente colonia russa che funge sostanzialmente da trave portante nel giovanissimo roster biancoviola.
Nel club francese giocano infatti Elizaveta Kochurina (centrale classe 2002), Anastasia Lyashko (stesso ruolo ma nata nel 2005) e Alina Popova (schiacciatrice del 2005), tutte e tre stabilmente nelle rotazioni di coach Danilo Pejovic e da tempo titolarissime indiscusse, anche e soprattutto nelle sfide di Champions. Senza dimenticare Marina Asliamova, banda classe 2006 che fu assoluta MVP agli Europei U16 del 2021, ossia nello stesso torneo in cui l'Italia si prese l'argento con Linda Manfredini quale miglior centrale. O non tralasciando Tatiana Kadochkina, martello del 2003 ma già da anni sulla cresta dell'onda pallavolistica e che, stando agli ultimi rumor di mercato, potrebbe diventare una giocatrice dell'Igor Gorgonzola Novara nella stagione 2024-25.
Oltre a scorrere questa lista - tutt'altro che completa e definitiva - sarebbe molto utile chiedersi se sia giusto che lo sport continui a pagare il salatissimo prezzo di decisioni geopolitiche altrui, peraltro pure dopo chiare e nette prese di posizione contro l'operato bellico della Russia. Se sport e politica sono inscindibili da almeno cento anni - e chi sostiene il contrario non sa, ahinoi, granché di sport - bisognerebbe però separare le due sfere nell'attribuzione di responsabilità o, quantomeno, avere piena uniformità di giudizio. A tal proposito, non ci sembra che le nazionali israeliane o quelle palestinesi siano state messe al bando per la tragica situazione che, dalla fine dell'Ottocento e per quanto a intermittenza, sta coinvolgendo i rispettivi paesi. Non si tratta di parteggiare per una nazione oppure un'altra, ma di avere a cuore una delle basi fondanti dello sport: la sua universalità.
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