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Juventus, dentro la crisi: Allegri, tocca ai padroni. Se non ora, quando?

Roberto Beccantini

Pubblicato 19/09/2022 alle 19:56 GMT+2

SERIE A - In nove partite, coppa inclusa, Madama ha sconfitto non più di Sassuolo e Spezia. Ha già un piede fuori dalla Champions e, in campionato, già 7 punti di distacco. Senza lo straccio di un'idea. Per principio, sono contrario ai cambi in corsa, ed è vero che a certi livelli certi titolari dovrebbero uscire allo scoperto, ma comincio a barcollare. Marcello Lippi si dimise per molto meno.

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È crisi, di tutto e di tutti. Della società, dello staff tecnico, dell'organico. Traduzione: di Andrea Agnelli, di Massimiliano Allegri, di Angel Di Maria. Il rosso al «Fideo» («Lo sventurato rispose» ad Armando Izzo, parafrasando don Lisander e la sua monaca di Monza) è stato un gran brutto segnale, di nervi tesi e gomme sgonfie. Perché sì, anche in parità numerica la Juventus non aveva giustificato, come avrebbe dovuto, la differenza di censo. E così: dopo il crollo con il Benfica, il «suicidio» pilotato addirittura con l'ultima della classe. In nove partite, coppa inclusa, Madama ha sconfitto non più di Sassuolo e Spezia. Ha già un piede fuori dalla Champions e, in campionato, già 7 punti di distacco (una stagione fa, erano 10: coraggio). La squadra ha gambe di piombo e gira in tondo, come si usava all'asilo. Senza lo straccio di un'idea. Senza l'anima di ferro che la rese detestabile, ma rispettabile. Gli infortuni, imponenti, non vanno omessi. Di fronte, però, non c'era mica il City del Pep, o sbaglio? Un paio di cross di Filip Kostic, qualche sponda di Dusan Vlahovic e, per il resto, l'attesa di Godot che, se la proprietà non si scuote, non arriverà mai. Non arriverà più.
Per principio, sono contrario ai cambi in corsa, ed è vero che a certi livelli certi titolari dovrebbero uscire allo scoperto, ma comincio a barcollare. Marcello Lippi si dimise per molto meno. Nel gestire l'eredità di Antonio Conte, Allegri fu straordinario. L'ultimo, recuperato da due anni di infradito, sembra la copia della copia. Altre rose, d'accordo. Ma troppe spine. Le confessioni a Mario Sconcerti (grande scoop) hanno ribadito gerarchie che conoscono persino i sassi e che, per questo, sarebbe stato opportuno, data la situazione da basso impero, non divulgare.
Un disastro: salvo rari sprazzi, la sua Juventus è «vecchia», al netto dei giovani che, per paradosso, ne decorano i fragili argini. E non tira mai. Stefano Sensi e Matteo Pessina sono centrocampisti che Madama - oggi - si sogna. Il harakiri del «Fideo» ha accentuato lo stato di abbandono da una parte, e la volontà di provarci, dall'altra. Non è che, fino alla cesura numerica, la Juventus stesse dominando o governando. Viveva, come troppo spesso le capita, di stenti, di avanzi. Leandro Paredes e Kostic raccoglievano quel che trovavano, non quel che dovevano. Nicolò Rovella, fresco ex, si muoveva a ritmi geometrici che il Weston McKennie odierno, per esempio, non è in grado di offrire.
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La delusione di Danilo durante Monza-Juventus - Serie A 2022-23

Credit Foto Getty Images

L'esclusione di Leonardo Bonucci, uno dei meno peggio del mercoledì europeo, mi ha sorpreso. Gettare Federico Gatti in quel bordello è stato come sistemare un fiammifero vicino a una polveriera: sarà proprio lui, sul gol, a perdersi Christian Gytkjaer. Il Monza di Raffaele Palladino continuava ad accerchiare le ombre: la fine era nota. Solo questione di tempo. C'è poco da dire e molto da fare. A cominciare dal tecnico e da chi l'ha scelto. Se non ora, quando? Direte: l'onorario, il sostituto. Certo. Non sono dettagli marginali. La sosta delle nazionali servirà a fare il punto. Sarebbe il caso, e l'ora, che Andrea ci mettesse la faccia. Come in passato. Come per la Superlega. E se non il presidente, almeno il padrone: John Elkann. Meglio ancora. Il novennio è storia, ma la cronaca incalza. Il mercato è stato realizzato a uso e consumo dell'allenatore, anche questo è un aspetto di cui qualcuno dovrà rispondere. Paul Pogba fuori da agosto, Di Maria (con contratto annuale, mah) fragile e infiammabile. E Federico Chiesa sempre ai box. In emergenza, è il filo del gioco che aiuta a uscire dal labirinto. Anche un filo, sì: a patto che ci sia la parvenza di un gioco. Il calcio è semplice, ha scritto Max in un libro. Vero. Ma perché, allora, lo sta rendendo così brutto e complicato? I leoni da tastiera non c'entrano. C'entrano, se mai, gli Agnelli da (vecchia) frontiera.
Per commentare o fare domande potete inviare una e-mail a roberto.beccantini@fastwebnet.it o visitare il suo blog, www.beckisback.it.
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